Di Peter Nurse
Investing.com - I mercati azionari europei sono misti questo mercoledì, con il FTSE 100, pieno di titoli legati alle materie prime, che registra una performance superiore, mentre il sentimento resta fragile con l’intensificarsi del conflitto ucraino.
Alle 4:05 ET (09:05 GMT), l’indice DAX in Germania scende dello 0,6%, il francese CAC 40 va giù dello 0,8% e l’indice britannico FTSE 100 segna +0,7%.
La maggior parte dei listini europei si indebolisce questo mercoledì, in scia alle brusche perdite di ieri, ma il FTSE 100 nel Regno Unito è in controtendenza, grazie ai numerosi titoli legati alle materie prime che contiene, con i prezzi delle materie prime schizzati a causa delle sanzioni contro la Russia che sconvolgono le forniture globali.
I titoli dei colossi petroliferi BP (NYSE:BP) e Shell (LON:RDSa) schizzano di oltre il 3%, le società minerarie Rio Tinto (NYSE:RIO), BHP Billiton (NYSE:BBL) ed Anglo American (LON:AAL) registrano impennate tra il 2% ed il 4%, mentre Glencore (OTC:GLNCY) balza del 2,9%.
Due compagnie minerarie focalizzate sulla Russia, Evraz (LON:EVRE) e Polymetal International PLC (LON:POLYP) saranno rimosse dall’indice di riferimento nel corso della giornata, dopo i bruschi selloff seguiti all’invasione dell’Ucraina.
La principale banca russa, Sberbank, lascerà il mercato europeo.
Inoltre, Raiffeisen Bank International (VIE:RBIV) crolla del 5,6%: Reuters riporta che la banca austriaca ha intenzione di lasciare la Russia. Il titolo ING (AS:INGA) registra un tonfo del 4,8% e Societe Generale (OTC:SCGLY) del 2,4%.
Il titolo Nokian Renkaat (HE:TYRES) cola a picco, con -15%: gli investitori hanno espresso apprensione per l’esposizione alla Russia del produttore di pneumatici.
Intanto, il tasso di disoccupazione tedesco è sceso al 5,0% a febbraio, dal 5,1% del mese prima, mentre il numero di disoccupati si è ridotto di 33.000 unità.
I riflettori oggi saranno puntati sul dato sull’indice IPC della zona euro per febbraio, che dovrebbe continuare a salire, al 5,3% su base annua, dal 5,1% di gennaio.
I prezzi del petrolio schizzano ai massimi di sette anni, superando i 110 dollari al barile, con i trader che evitano le forniture russe, dopo le sanzioni alle banche del paese.
I rialzi si registrano nonostante l’annuncio di ieri di un rilascio coordinato di 60 milioni di barili di greggio da parte dei membri dell’Agenzia Internazionale per l’Energia.
Nel corso della giornata è prevista la riunione dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio e dei suoi alleati, Russia compresa, gruppo noto come OPEC+. Il gruppo dovrebbe attenersi al piano di aggiungere 400.000 barili al giorno alle scorte ogni mese.
Sempre nel corso della seduta, sono attesi i dati settimanali sulle scorte di greggio USA della Energy Information Administration. I dati di ieri dell’American Petroleum Institute hanno riportato un calo di 6,1 milioni di barili delle scorte statunitensi la scorsa settimana.
Alle 4:10 ET, i future del greggio USA segnano un’impennata del 6,4% a 110,02 dollari al barile, dopo aver toccato il massimo dal settembre 2013, mentre il contratto del Brent schizza del 6,3% a 111,57 dollari, attestandosi sopra i 110 dollari per la prima volta dal luglio 2014.
Intanto, i future dell’oro scendono dello 0,2% a 1.939,50 dollari l’oncia, mentre la coppia EUR/USD si attesta a 1,1070, giù dello 0,5%.