di Davide Mosca (FocusRisparmio)
Le sfide dell’asset management e come superarle nell’intervista a Matthew Beesley, chief executive officer di Jupiter AM, casa di gestione britannica quotata sulla Borsa di Londra
I risultati dell’ultima ricerca di Pwc sulle prospettive dell’asset e wealth management globale, diffusi a inizio luglio, hanno fatto saltare più di qualche manager dalla sedia. Non tanto per il tema trattato, ovvero il consolidamento in corso nel settore, dinamica ormai più che nota, ma per suoi tempi di dispiegamento. Quattro anni e il 16% delle case di gestione che popolano oggi il panorama mondiale non esisterà più, almeno nella forma che conosciamo oggi: questa la sentenza. Un player su sei dovrà far i conti con la combinazione di fattori di business, principalmente la pressione sui margini, e mutate condizioni macroeconomiche da cui derivano tassi più alti e volatilità a livelli a cui ormai i mercati non erano più abituati.
Un momento della verità per l’industria che ogni chief executive officer è chiamato ad affrontare, tanto più se, come Matthew Beesley, alla guida di una società in ripresa dopo alcuni anni di risultati altalenanti. Beesley è stato nominato alla guida di Jupiter Asset Management a ottobre del 2022 dopo le dimissioni di Andrew Formica, in carica dal 2019, e a poco meno di un anno dal suo insediamento ha potuto mostrare, nonostante un contesto macro incerto, risultati finanziari in crescita nella prima semestrale dell’anno, chiudendo, inoltre, a 51,4 miliardi di sterline di masse gestite con un aumento del 2% rispetto a dicembre 2022.
I numeri sono confortanti, soprattutto se raffrontati ad un momento in cui il settore affronta molte sfide di diversa natura, non ultima quella dei mercati. Che ripercussioni ha determinato l’attuale contesto di alta inflazione e conseguente rialzo dei tassi dal punto di vista dell’asset management?
Sono molte, ma fra tutte citerei l’improvvisa comparsa di un nuovo grande concorrente: il risparmio amministrato; anche se c’è molto di più se andiamo oltre le apparenze. In realtà, per la prima volta da oltre 10 anni ci troviamo in una situazione che da un punto di vista di investimento è molto favorevole agli asset manager attivi. Dopo il dominio del beta di mercato causato dalle banche centrali oggi la dispersione dei rendimenti è tornata e la volatilità è cresciuta su tutte le classi di attivo. Nel mondo del quantitative easing i rialzi del valore delle asset class erano fondamentalmente generalizzati, mentre nel mondo del quantitative tightening la scelta attiva dell’investimento diventa fondamentale per non essere travolti da un trend generalmente discendente.
L’allocazione del capitale deve puntare, quindi, ad essere sempre più precisa ed accurata. Non solo per le condizioni di mercato, ma per la volontà degli investitori di andare oltre i numeri e capire come i rendimenti a cui puntano siano effettivamente raggiunti. Active stewardship non è solo un concetto ma una specifica richiesta dei clienti.
Abbiamo visto alcuni fattori che potranno favorire gli asset manager attivi nel prossimo futuro. Basteranno per vincere la pressione provenienti da più parti?
Nessuno ovviamente può conoscere con precisione il futuro di un’industria, ma quello di cui sono profondamente convinto…
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