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Tassi periferici zona euro, inflazione alza asticella intervento Bce

Pubblicato 11.02.2022, 13:25
Aggiornato 11.02.2022, 13:27
© Reuters. La sede centrale della Bce a Francoforte.   REUTERS/Wolfgang Rattay
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di Dhara Ranasinghe e Sujata Rao

LONDRA (Reuters) - Preoccupata per l'inflazione della zona euro che viaggia su livelli record, la Banca centrale europea potrebbe aver significativamente innalzato l'asticella sui livelli di rendimento cui intervenire per contrastare le vendite di carta italiana e periferica.

L'obbligazionario dei paesi dell'Europa meridionale, più indebitati, è rimasto 'bruciato' dall'inattesa svolta rialzista - quanto meno nei toni - del consiglio Bce della scorsa settimana, in cui la banca centrale sembra essersi rimangiata la parola sull'impegno a non alzare i tassi quest'anno.

Intimorisce anche l'ipotesi che lo schema degli acquisti sul mercato - sorta di paracadute per i periferici - possa essere interrotto prima del previsto, sempre a causa dell'inflazione.

La prospettiva si è riflessa in un deciso allargamento degli spread rispetto al Bund dei governativi italiani, greci, spagnoli e portoghesi.

Il premio al rischio sulla carta italiana, in teoria la più vulnerabile anche soltanto per questioni di 'size', è aumentato in settimana di circa 20 centesimi.

Diversi interventi di consiglieri Bce, tra cui la stessa Christine Lagarde, si sono sforzati di addolcire in qualche modo la lettura particolarmente 'hawkish' delle parole della presidente. Il numero uno Bce non ha però escluso che la stretta monetaria porterà a un deciso aumento del costo della raccolta, esacerbando coefficienti di debito/Pil che sono già tra i più elevati al mondo.

Resta da vedere su quali livelli di allargamento degli spread la Bce sarebbe pronta a intervenire esercitando quello che in finanza si chiama 'put' - termine con cui si definisce in generale l'idea che Federal Reserve potrebbe a un certo punto intervenire per evitare il crollo del mercato azionario.

E' dal 2015 che la Bce continua a sottoscrivere titoli governativi della zona euro, contenendo in questo modo il rialzo dei rendimenti. E' inoltre da marzo 2020 - con l'introduzione degli acquisti 'Pepp' legati all'emergenza economica figlia della pandemia - che i paesi periferici riescono a finanziarsi a livelli particolarmente convenienti.

Per fare un esempio, il tasso del Btp decennale era balzato a 3% poco prima dell'avvio degli acquisti Pepp; è scivolato in area 0,4% nell'estate dell'anno scorso e viaggia in tarda mattinata intorno a 1,92%.

JPMorgan ha definito gli acquisti Bce "un paracadute per la periferia", senza cui il mercato del reddito fisso europeo si sarebbe frammentato su base nazionale, a danno dei paesi maggiormente indebitati.

Ricordando la promessa di Lagarde al termine dell'ultimo consiglio, secondo cui la Bce "ovviamente reagirebbe" a un marcato allargamento degli spread, il broker prevede che "il mercato voglia adesso andare a vedere fino a che punto si può spingere".

Torna del resto in mente una delle prime dichiarazioni di Lagarde nel ruolo di presidente Bce, secondo cui il ruolo dell'istituto centrale non è quello di "ridurre gli spread".

Il marcato allargamento del premio al rischio tra periferia e carta 'core' ha comunque portato Francoforte al programma ad-hoc degli acquisti 'Pepp'.

Rispetto ad allora, però, una variabile chiave è radicalmente mutata, dal momento che l'inflazione della zona euro viaggia al record di 5,1% dopo anni e anni di crescita ben inferiore al target Bce.

"Per la prima volta dal 2012 c'è un potenziale conflitto tra la priorità di tenere sotto controllo l'inflazione e quella di contrastare la frammentazione del mercato" spiega Gilles Moec, economista capo Axa.

DA UN LATO L'INFLAZIONE, DALL'ALTRO GLI SPREAD

A parere di Piet Haines Christiansen, strategist responsabile per Danske Bank (CSE:DANSKE), la Bce sembra disposta a tollerare un aumento dei rendimenti dei governativi periferici.

"Qualche tempo fa il livello di tolleranza sarebbe stato più basso, ma con l'inflazione su questi livelli l'Italia è sempre più abbandonata a se stessa" osserva.

"In passato avrei individuato quella soglia nei 250 punti base per lo spread tra Btp e Bund decennale, ricordando che il programma 'Pepp' è stato introdotto [a marzo 2020] quando lo spread Italia/Germania stava intorno ai 300 punti base. Oggi direi che quel livello sta più in alto" continua.

Per Frederik Ducrozet, gestore di Pictet Wealth Mangement, la 'danger zone' per lo spread Btp/Bund sta intorno ai 250 punti base, meno di un punto al di sopra dei livelli di questa mattina di circa 165 centesimi.

Secondo David Riley, responsabile strategist per BlueBay,"dobbiamo superare il livello dei 200 punti base prima di avvicinarci a livelli che preoccupano la Bce".

Per quanto il debito pubblico italiano sia superiore al 150% del prodotto interno lordo [153,5% la stima della Nadef di ottobre sul 2021], il rialzo dei tassi non ha ricadute nel breve termine, perché il Tesoro ha approfittato dei bassi costi di finanziamento per allungare la vita media del debito a oltre sette anni [7,8 anni la vita media residua dei governativi sul mercato].

A parere di Haines Christiansen, la sostenibilità del debito italiano sarebbe in pericolo soltanto qualora il rendimento del benchmark a sette - il titolo agosto 2029, oggi poco oltre 1,50% - salisse di altri 150 punti base.

Secondo Jack Allen-Reynolds, economista capo per l'Europa a Capital Economics, la Bce si preoccuperebbe soltanto se il tasso del decennale italiano dovesse raggiungere 5%.

SERVE CHIAREZZA

Qualsiasi 'sell-off' di governativi che dovesse tradursi in un aumento dei costi di finanziamento per le imprese desterebbe comunque il disappunto di Francoforte.

In quale modo potrebbe rispondere?

La Bce potrebbe tenere sotto controllo i costi della raccolta individuando un livello preciso cui reinvestire i titoli in scadenza nel programma Pepp; in alternativa, potrebbe riservarsi la possibilità di riavviare - se necessario - gli acquisti sul mercato.

© Reuters. La sede centrale della Bce a Francoforte.   REUTERS/Wolfgang Rattay

Gli analisti si augurano che Francoforte faccia maggiore chiarezza in occasione del consiglio di marzo proprio in merito a quale e quanto sostegno sia disposta a fornire in caso di ulteriore allargamento degli spread dei periferici.

Sui livelli attuali, del resto, Riley di BlueBay riconosce che "siamo ancora lontani dai valori che farebbero scattare un intervento Bce"; quindi, a dispetto della fiammata dei rendimenti italiani, "nel breve termine, non scommetterei su un recupero del mercato" aggiunge.

(Versione italiana Alessia Pé, editing Stefano Bernabei)

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