A cura di Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management
Durante una recente intervista, il conduttore mi ha mostrato una tabella relativa alle previsioni delle maggiori banche d'affari americane sull'andamento dell'indice Standard & Poor's 500 per il 2025.
Il numero che veniva indicato (8%) mi ha fatto un po' sorridere perché mi è sembrata la classica risposta "democristiana" che dà un colpo alla botte e una al cerchio, ovvero la media del pollo tra i grandi ottimisti e quelli che si aspettano un ribasso.
Chi mi conosce sa che tendo ad avere un atteggiamento agnostico e a non fare previsioni, anche perché le ho sempre sbagliate. Però, mi piace guardare i numeri e le statistiche, come facevo da ragazzino quando leggevo avidamente l'almanacco del calcio.
Ad inizio 2023 l'indice americano più rappresentativo girava intorno ad area 3850 punti, quasi un 7% sopra il minimo toccato nel corso del 2022 (intorno area 3600) annus horribilis che si era concluso con una perdita prossima al 20 %.
Oggi che ci troviamo in area 6000 (quindi con una performance del 60% circa staccata in poco meno di due anni) confesso che aspettarsi anche un 2025 a questi ritmi mi sembrerebbe abbastanza ottimistico, anche se come sappiamo bene "mai dire mai".
Ovviamente, tutti quelli del mestiere sanno che in realtà la partecipazione (intesa come numero di azioni che sono cresciute di valore) a questo rally spettacolare è stata molto bassa, quindi, anche se non le ho ancora analizzate nel dettaglio, molto probabilmente le case d'affari stanno suggerendo una redistribuzione dei flussi a favore dei titoli che sono rimasti indietro rispetto alle magnifiche sette, anche in considerazione del cosiddetto Trump trade.
Ci prepariamo quindi a vivere un 2025 sereno smontando tutte le protezioni?
Io eviterei di farlo, fosse solo per famosa statistica che lo Standard & Poor's corregge di un 10 % più o meno ogni anno, scende di un 15 % ogni tre anni e soffre di un "bear market " ogni cinque.
Ma cos'è che potrebbe andare storto in questo mare magnum di ottimismo?
Direi che la reazione che ha avuto il mercato di fronte alla parole di Powell nell’ultima riunione sia stata un dimostrazione della convinzione che la Fed avrebbe effettuato circa 4 tagli nel corso del 2025 e quanto poco abbia gradito questo cambio di approccio .A mio modo di vedere, il banchiere centrale americano ha voluto lasciarsi la possibilità di agire in base agli scenari che nel corso dei prossimi 12 mesi gli si presenteranno considerando che ancora non sappiamo poi cosa realmente farà Trump .Vorrei inoltre sottolineare che sempre il prossimo anno , la BCE uscirà definitivamente di scena dalle sale operative dei bond trader delle banche , poiché dopo aver cessato da tempo i nuovi acquisti, adesso smetterà anche di reinvestire sia le cedole incassate dai bond detenuti che gli importi stessi dei bond in scadenza. In poche parole, sparisce il più grande compratore di ultima istanza dal mercato. Con quali conseguenze? Direi che risposta più probabile sia da cercare anche in questo caso nel passato. Se la sua entrata in campo ha significato un importante restringimento degli spread sulle Corporate, probabilmente la sua uscita di scena comporterà un riallargamento degli stessi. Di che entità è difficile da prevedere, ma probabilmente assisteremo ad un ritorno della differenziazione di performance in base alla qualità del credito. In conclusione, per quanto non abbia idea di cosa possa accadere nel 2025, credo che dovremo riabituarci a “ballare” per l’arrivo di turbolenze quando meno ce l’aspettiamo.