Investing.com – Terribili i dati inerenti le attività commerciali al dettaglio diffusi da Confcommercio, sembra che non si riesca praticamente più a fare impresa: il 2013 inizia in netto peggioramento rispetto al 2013.
Fra gennaio e febbraio hanno chiuso, solo nel settore della distribuzione commerciale, quasi 10mila negozi e si registra inoltre un contestuale crollo del 50% delle nuove aperture.
L’allarme riguarda anche le proiezioni: se la situazione non registrerà una inversione di tendenza, le chiusure a fine anno potrebbero raggiungere i 60mila esercizi con relativa ricaduta sull’occupazione e sulle entrate fiscali.
La falcidia sta colpendo pesantemente anche il settore dei pubblici esercizi e si prevede che alla fine del primo trimestre 2013 verranno chiusi oltre 9500 fra bar, ristoranti e simili , con un saldo negativo fra chiusure e nuove aperture che sarà negativo per 6400 unità.
Il fenomeno non è certamente nuovo ed se verificato a partire dal 2010 evidenzia, nei primi trimestri un saldo costantemente negativo fra chiusure e nuove aperture, nel dettaglio i dati riferiti agli anni 2010/2011/2012/2013 vedono un calo continuo e progressivo essendo di 8047/8678/10636/14674.
La distribuzione geografica delle chiusure evidenzia una maggior tenuta nel Sud e nelle Isole confronto a Nord, record di chiusure a Roma e Torino. E’ evidente, se si vuole evitare la “desertificazione commerciale” relativa alle attività di piccole dimensioni, di una urgente correzione di rotta soprattutto per quanto riguarda la fiscalità, ma non solo; anche l’eccessiva burocrazia introdotta via via negli anni e l’enorme quantità di balzelli, di qualsiasi genere, posti a carico del settore, siano da rivedere al più presto.
Risulta ogni giorno più evidente ed incontrovertibile, come un esagerato prelievo fiscale procuri danni e perdita per lo stato, piuttosto che aumenti di entrate.
Fra gennaio e febbraio hanno chiuso, solo nel settore della distribuzione commerciale, quasi 10mila negozi e si registra inoltre un contestuale crollo del 50% delle nuove aperture.
L’allarme riguarda anche le proiezioni: se la situazione non registrerà una inversione di tendenza, le chiusure a fine anno potrebbero raggiungere i 60mila esercizi con relativa ricaduta sull’occupazione e sulle entrate fiscali.
La falcidia sta colpendo pesantemente anche il settore dei pubblici esercizi e si prevede che alla fine del primo trimestre 2013 verranno chiusi oltre 9500 fra bar, ristoranti e simili , con un saldo negativo fra chiusure e nuove aperture che sarà negativo per 6400 unità.
Il fenomeno non è certamente nuovo ed se verificato a partire dal 2010 evidenzia, nei primi trimestri un saldo costantemente negativo fra chiusure e nuove aperture, nel dettaglio i dati riferiti agli anni 2010/2011/2012/2013 vedono un calo continuo e progressivo essendo di 8047/8678/10636/14674.
La distribuzione geografica delle chiusure evidenzia una maggior tenuta nel Sud e nelle Isole confronto a Nord, record di chiusure a Roma e Torino. E’ evidente, se si vuole evitare la “desertificazione commerciale” relativa alle attività di piccole dimensioni, di una urgente correzione di rotta soprattutto per quanto riguarda la fiscalità, ma non solo; anche l’eccessiva burocrazia introdotta via via negli anni e l’enorme quantità di balzelli, di qualsiasi genere, posti a carico del settore, siano da rivedere al più presto.
Risulta ogni giorno più evidente ed incontrovertibile, come un esagerato prelievo fiscale procuri danni e perdita per lo stato, piuttosto che aumenti di entrate.