ROMA (Reuters) - È cominciato oggi il processo Mafia Capitale sul presunto intreccio tra criminalità organizzata, politica e imprenditoria per controllare l'assegnazione di appalti a Roma e in altre città, ma la maggior parte degli imputati, tutt'ora agli arresti, in carcere o ai domiciliari, non era in aula.
Massimo Carminati, Salvatore Buzzi e Riccardo Brugia, ritenuti dalla Procura i leader dell'organizzazione e imputati tra gli altri reati anche per associazione mafiosa, erano collegati in videoconferenza per motivi di sicurezza.
I tre sono detenuti rispettivamente nei carceri di Parma, Terni e Tolmezzo. I loro avvocati hanno protestato, chiedendo che siano autorizzati a partecipare alle prossime udienze, che dal 9 novembre si terranno nel carcere di Rebbibbia. Ma la Procura, che li ritiene pericolosi, si oppone.
Nell'aula Vittorio Occorsio del Tribunale di Roma oggi c'erano una decina di imputati sui 46 complessivi del maxi-processo, che in realtà unifica tre diversi procedimenti. Presenti diverse decine di avvocati, numerosi rappresentanti delle parti civili (tra cui il Comune di Roma e la Regione Lazio) un centinaio di giornalisti, tanti curiosi.
"Quando sarà il momento opportuno probabilmente si difenderà in maniera diversa rispetto agli altri processi... In questo processo ci sono fatti concreti, e su questi fatti concreti probabilmente Carminati avrà da dire la sua", ha detto ai cronisti Giosuè Bruno Naso, uno dei due legali di Carminati, vicino al gruppo armato di estrema destra Nar e alla Banda della Magliana e condannato per vari reati tra la fine degli anni 80 e il 2010.
Naso ha anche protestato per il calendario del processo, che prevede tre-quattro udienze a settimana almeno fino a luglio, affermando che in questo modo si violano i diritti della difesa.
(Massimiliano Di Giorgio)