ROMA (Reuters) - I senatori hanno dato oggi il loro primo, sofferto via libera alla riforma della Costituzione che riduce il Senato a camera di rappresentanza delle autonomie con meno di un terzo dei membri attuali, concentrando a Montecitorio il potere di fare le leggi e dare la fiducia al governo.
Hanno votato a favore del provvedimento, che il premier Matteo Renzi ha preso a simbolo dello sforzo riformatore della politica italiana, la maggioranza di governo e Forza Italia, mentre M5s, Lega Nord, Sel e circa 40 dissidenti di Pd, Ncd e Fi hanno espresso il loro dissenso non partecipando al voto.
Risultato finale: 183 sì, nessuno contrario, 4 astenuti.
Quello che si è concluso oggi è soltanto il primo di almeno quattro passaggi parlamentari della riforma e, dopo l'approvazione definitiva, il governo si è impegnato a sottoporla a referendum popolare.
"Ci vorrà tempo, sarà difficile, ci saranno intoppi. Ma nessuno potrà più fermare il cambiamento iniziato oggi", ha commentato Renzi su Twitter.
Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha già annunciato che il testo subirà dei cambiamenti alla Camera, il che allungherà i tempi.
Il sì di Palazzo Madama è arrivato dopo due settimane di ostruzionismo da parte delle opposizioni che hanno presentato migliaia di emendamenti e ingaggiato un duro scontro in aula.
Per facilitare la conclusione del voto, Renzi ha fatto alcune concessioni sul secondo fronte delle riforme istituzionali, la legge elettorale, promettendo modifiche al testo approvato in prima lettura a Montecitorio nel marzo scorso e che dall'autunno sarà in aula al Senato.
La riforma è stata un boccone amaro anche per i senatori della maggioranza, che, se la legge andasse in porto, perderebbero le chance di essere rieletti.
La nuova assemblea sarà composta soltanto da 95 consiglieri regionali e sindaci - parlamentari non più scelti direttamente dai cittadini, quindi - e da cinque nominati dal presidente della Repubblica. Attualmente i 315 senatori sono eletti alle politiche assieme a 630 deputati..
"Credo che sia la prima volta nella storia costituzionale mondiale che una camera abolisce se stessa", ha commentato la relatrice del provvedimento, Anna Finocchiaro del Pd.
Ma per ottenere questo risultato, il premier ha avuto bisogno del concorso di Forza Italia, all'opposizione, dopo che con il suo leader, Silvio Berlusconi, ha stretto un'intesa per cambiare sia la Costituzione che la legge elettorale.
"Senza FI le riforme non si fanno. Renzi al Senato si ferma a 140 voti, la maggioranza è lontana", ha detto il consigliere politico di Berlusconi, Giovanni Toti.
Al suo insediamento nel febbraio scorso il governo di Renzi aveva ottenuto la fiducia al Senato con 169 voti.
(Roberto Landucci)
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