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3 domande da farsi mentre persiste la volatilità sui mercati energetici

Pubblicato 01.09.2022, 13:09
Aggiornato 09.07.2023, 12:31
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Ecco degli aspetti sui quali bisogna interrogarsi mentre sui mercati energetici persiste la volatilità:

1. I prezzi alle stelle dell’energia in Europa cambieranno il mercato europeo?

I leader dell’Unione Europea ora si stanno rendendo conto del fatto che i prezzi alle stelle del gas naturale stanno rendendo troppo elevati i costi dell’energia per i consumatori. La Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha dichiarato di recente che il mercato energetico europeo non funziona più alle condizioni attuali ed è necessario un intervento d’emergenza, nello specifico per abbassare il prezzo dell’energia dal prezzo del gas naturale.

Allo stato attuale, il prezzo dell’elettricità è determinato dal prezzo del combustibile più costoso che viene utilizzato per soddisfare la domanda in un determinato giorno. L’idea alla base di questo schema di tariffazione era quella di promuovere l’uso delle energie rinnovabili, che in Europa sono più economiche dei combustibili fossili. Tuttavia, i paesi europei dipendono ancora dai combustibili fossili per soddisfare la domanda e l’impennata dei prezzi del gas naturale ha fatto sì che i prezzi dell’elettricità raggiungessero i 600 euro per megawattora negli scambi intraday.

La maggior parte dei paesi europei sostiene un tetto massimo ai prezzi del gas naturale, ma questo non farebbe altro che abbassare i prezzi per i consumatori. Qualcuno, probabilmente i governi europei, dovrebbe comunque coprire la differenza se intendono rifornire le loro economie di gas naturale per l’elettricità. (Al momento non ci sono altre alternative per soddisfare il fabbisogno energetico, a meno che non si verifichino blackout).

Un’idea, sostenuta dalla Polonia, è quella di porre un tetto ai prezzi del sistema di scambio di emissioni dell’UE. I produttori di energia europea che bruciano combustibili fossili devono acquistare compensazioni di carbonio ai prezzi stabiliti dal sistema di scambio per compensare il carbonio emesso da questi combustibili quando vengono bruciati. Attualmente questi sono scambiati a 90 euro/tonnellata. La Polonia suggerisce che un tetto massimo di 30 euro/ton potrebbe contribuire a far scendere i prezzi. Io sostengo che l’Europa dovrebbe sospendere del tutto questo sistema per tutta la durata della crisi energetica, che secondo Ben van Beurden, AD di Shell, potrebbe durare anni.

2. Che impatto avrà la crisi energetica europea sulle altre materie prime?

La crisi geopolitica in Europa ha già avuto un impatto sui mercati cerealicoli, poiché sia la Russia che l’Ucraina sono grandi esportatori di grano. Tuttavia, ora stiamo assistendo a una ricaduta della crisi energetica su altre materie prime.

Ad esempio, la produzione di alluminio viene frenata in Europa a causa dei costi energetici e del razionamento del carburante. Alcoa (NYSE:AA), uno dei principali produttori di alluminio con sede in America, ha annunciato che sta riducendo di un terzo la produzione della fonderia di Lista, in Norvegia, a causa del prezzo troppo elevato dell’energia necessaria al suo funzionamento. Questa decisione si aggiunge alle riduzioni di 500.000 tonnellate effettuate lo scorso anno. La produzione di alluminio è una sostanza ad alta intensità energetica, quindi è più vulnerabile alle impennate dei prezzi dell’energia.

Anche il prezzo dei fertilizzanti è in aumento, in parte perché alcune delle materie prime utilizzate per la produzione di fertilizzanti derivano dal gas naturale. Anche la produzione di fertilizzanti è stata ridotta in alcune località europee a causa dei prezzi elevati e della mancanza di materie prime. Ciò avrà ripercussioni su altri mercati delle materie prime che si basano sui fertilizzanti per la produzione.

3. L’OPEC+ taglierà la produzione al vertice del 5 settembre?

Dopo che il ministro del petrolio saudita, il Principe Abdulaziz bin Salman, ha sconvolto i mercati del petrolio con le dichiarazioni della scorsa settimana, i trader si chiedono se il gruppo ce la farà a tagliare la produzione la prossima settimana. Personalmente, la vedo poco probabile perché l’OPEC+ probabilmente non riuscirà a ristrutturare le quote di produzione per un nuovo accordo entro il prossimo lunedì. Probabilmente succederà nel corso dell’anno, magari al vertice di novembre.

Molto probabilmente, il gruppo lascerà le quote invariate. I trader dovrebbero ricordare che i tassi di produzione effettivi dell’OPEC+ sono più importanti delle sue quote per i prezzi del petrolio in questo momento, perché molti paesi membri stanno producendo al di sotto delle loro quote. Anzi, molti non riescono a rispettare le proprie quote.

Tuttavia, guadando al futuro, il Comitato Tecnico Congiunto (JTC) dell’OPEC+ ha appena pubblicato un rapporto che prevede un aumento di 100.000 barili al giorno del surplus di offerta per il 2022. Il comitato si aspetta ora che il mercato veda un surplus medio di 900.000 barili al giorno quest’anno. La valutazione del JTC sul mercato fisico del petrolio potrebbe fornire alcuni indizi sulla possibilità che l’OPEC+ tagli le quote di produzione in futuro. Gli operatori dovrebbero osservare i futuri rapporti del JTC e le previsioni ufficiali dell’OPEC sulla domanda e l’offerta per il 2023 per capire se il gruppo intende tagliare le quote o meno.

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