La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il giorno 08.10.2020
All’inizio della settimana, sia il prezzo del Brent che quello del WTI sono scesi ma hanno poi visto una ripresa.
Da giugno, entrambi i riferimenti sono rimasti in range stretto, intorno ai 40 dollari al barile, spostandosi occasionalmente del 5% al rialzo o al ribasso, per poi attestarsi in calo. Sembra che tutti e due si siano ancorati al livello di 40 dollari.
Grafico settimanale greggio sui 12 mesi precedenti (TTM)
Ci sono dei segnali che indicano che il greggio è destinato ad allontanarsi da questo range di quattro mesi? Ecco cinque fattori chiave che i trader dovrebbero seguire questa settimana, la prossima e in futuro.
1. Lo stimolo economico negli USA
La prospettiva di un accordo su un altro stimolo USA scatena dei whipsaw sui mercati finanziari ormai da settimane. Con pochi passi in avanti da parte di Democratici e Repubblicani verso un accordo, martedì il Presidente Donald Trump su Twitter ha chiesto ai negoziatori di interrompere le trattative su un altro piano di stimolo fino a dopo le elezioni.
La sensazione è che un pacchetto di stimolo aiuterà l’economia, ma la possibilità che spinga la domanda petrolifera è in realtà minima. Neanche un salvataggio del settore aereo spingerebbe di molto i consumi di carburante per aerei, in quanto le persone hanno ancora paura di viaggiare. Per via dei lockdown per il coronavirus, i viaggi di piacere e divertimento sono limitati ed i viaggi di lavoro sono ridotti.
Il Presidente si è detto disponibile a negoziare delle misure di stimolo frammentarie (anziché un piano più ampio), quindi i mercati azionari hanno recuperato l’ottimismo ieri. Tuttavia, i trader del greggio non dovrebbero contare troppo sui dei finanziamenti di stimolo per spingere la domanda di greggio.
I trader dovrebbero stare attenti a non presumere che lo stimolo economico significherà una domanda petrolifera maggiore. Anche se ovviamente la domanda petrolifera è proprio quel fattore che muoverà il mercato del greggio.
2. L’uragano Delta
La tempesta si è indebolita leggermente attraversando la penisola dello Yucatan in Messico, ma dovrebbe guadagnare forza man mano che si avvicinerà alla costa della Louisiana. È possibile che l’uragano tocchi terra domani nella stessa regione ricca di raffinerie lungo la costa di Texas e Louisiana che era stata colpita dall’uragano Laura alla fine di agosto.
Phillips 66 (NYSE:PSX) (NYSE:PSX) ha rinviato la ripresa della sua raffineria di Lake Charles, Louisiana, per l’uragano Delta. La raffineria, che processa 260.000 barili al giorno di greggio, era stata chiusa prima dell’uragano Laura e non ha ancora riaperto per i danni dell’uragano. E questo contribuisce ad abbassare lievemente la domanda di greggio negli USA.
Le compagnie petrolifere hanno cominciato ad evacuare gli impianti offshore ed a spostare quelli mobili dal percorso dell’uragano all’inizio della settimana. Secondo il Bureau of Safety and Environmental Enforcement (BSEE), circa l’80,5% della produzione di greggio nel Golfo del Messico (quasi 1,5 milioni di barili al giorno) era già stata sospesa ieri. I trader dovrebbero aspettarsi di vedere queste chiusure rispecchiate nei dati EIA sulla produzione la prossima settimana e forse anche in quelli della settimana dopo, a seconda dell’andamento e della gravità dell’uragano.
3. Sciopero degli operai norvegesi
Gli operai in sciopero hanno costretto alla chiusura sei giacimenti di greggio e gas in Norvegia, chiedendo dei compensi più alti. Circa l’8% della produzione petrolifera totale del paese (330.000 barili al giorno) ne sta subendo l’impatto.
Lo sciopero sta proseguendo per un periodo più lungo del previsto e le autorità dicono che “non c’è una soluzione in vista”. Sebbene non sappiamo quando finirà lo sciopero, possiamo aspettarci che la fornitura riprenda non appena terminerà.
4. Riprendono produzione ed esportazioni in Libia
Il greggio libico sta finalmente tornando sul mercato, dopo che la guerra civile aveva comportato la chiusura totale dei pozzi petroliferi e dei porti a partire dal gennaio 2020. La produzione ha segnato 300.000 barili questa settimana, compensando di fatto il calo delle forniture legato allo sciopero in Norvegia.
Tuttavia, i trader non dovrebbero aspettarsi che la produzione petrolifera libica arrivi a piena capacità già da ora, in quanto la compagnia petrolifera nazionale sta chiedendo che tutti i “ribelli” vengano allontanati dalle strutture di alcuni giacimenti prima che la produzione in questi impianti possa riprendere. Ciononostante, le esportazioni sono già ricominciate. Una superpetroliera noleggiata da Royal Dutch Shell (NYSE:RDSa) stava per caricare greggio da un porto libico il 3 ottobre.
L’OPEC aveva beneficiato dell’interruzione in Libia e ora la produzione petrolifera del paese è un qualcosa con cui l’Organizzazione dovrà fare i conti. Tuttavia, la produzione petrolifera libica non risulterà nei dati di settembre sul rispetto del patto che la JMMC prenderà in considerazione la prossima settimana, ma entrerà in gioco quando l’OPEC valuterà i dati di ottobre.
5. Dramma nell’OPEC+?
OPEC ed OPEC+ terranno i prossimi vertici ministeriali il 30 novembre ed il 1° dicembre. È possibile che il gruppo allargato debba affrontare una crescente disunione tra i membri non-OPEC.
Lo scorso marzo, la Russia ha rifiutato di accettare il taglio desiderato dall’Arabia Saudita, il che ha scatenato la reazione dei sauditi e, infine, un periodo di prezzi bassissimi. Ora, il dissenso arriva dal Sud Sudan, che vorrebbe rinegoziare la sua quota OPEC+.
Il paese africano produceva solo 140.000 barili al giorno quando si è unito all’OPEC+, nel 2016, ma vorrebbe aumentare la sua produzione a 350.000 barili al giorno. Ha superato la sua quota per una media di 46.000 barili al giorno tra maggio ed agosto.
Solitamente, i paesi produttori più piccoli si trovano in svantaggio all’interno dell’OPEC, in quanto i produttori più grandi hanno maggiore potere. Il Sud Sudan non è abbastanza grande o potente da far saltare l’intero accordo.
L’OPEC+ spingerà la nazione africana a ridurre i suoi 46.000 barili di produzione in eccesso e non supporterà la sua richiesta di aumentare ulteriormente la produzione. Il Sud Sudan dovrà scegliere tra il restare nel cartello e quello che il suo governo deciderà sia la cosa migliore per l’economia e l’industria petrolifera del paese.
Ovviamente, il Sud Sudan può semplicemente lasciare il gruppo. Ma potrebbe volere altro, anziché un aumento della produzione.
Ad esempio, potrebbe puntare a finanziamenti e/o talenti dagli altri membri del gruppo per riaccendere la sua industria petrolifera e raggiungere una produzione maggiore nei prossimi anni. Se così fosse, il Sud Sudan potrebbe cercare di usare i suoi 46.000 barili di sovrapproduzione per negoziare benefici futuri con i membri dell’OPEC+ che si preoccupano del rispetto del patto.
Perciò, i trader non dovrebbero considerare questa notizia un segno di problemi per l’accordo OPEC+. Ciononostante, dovrebbero tenere d’occhio la situazione nei prossimi due mesi.