La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il giorno 05.12.2019
Con il vertice di dicembre dell’OPEC e dell’OPEC+ in corso a Vienna, ecco tre potenziali esiti:
1. Maggiori tagli alla produzione
Ben prima di arrivare a Vienna, il ministro del petrolio iracheno aveva proposto che l’OPEC prendesse in considerazione un aumento dei tagli alla produzione di 400.000 barili al giorno. Il motivo, secondo l’Iraq, è che l’attuale taglio di 1,2 milioni di barili al giorno non è sufficiente, data la prevista debolezza della domanda nel primo semestre del 2020.
Tuttavia, dal momento che numerosi membri chiave dell’OPEC non sono riusciti a tagliare la produzione in linea con le quote attuali (proprio l’Iraq è un noto sovra-produttore), il supporto per un aumento dei tagli sarà difficile da ottenere. Non c’è alcuna aspettativa che l’Iraq rispetti dei tagli maggiori e, sebbene non sia stato detto esplicitamente, è chiaro che Arabia Saudita ed EAU dovranno probabilmente accollarsi la maggior parte dei tagli aggiuntivi.
Il ministro del petrolio iracheno è sembrato consapevole di questa situazione quando si è in seguito tirato indietro dal sostegno all’idea di tagli maggiori, dopo un incontro con i ministri del petrolio di Kuwait ed EAU a Vienna ieri.
Di fatti, è poco probabile che il greggio abbia guadagnato molto terreno per via di queste parole, in quanto la maggior parte dell’aumento di prezzo di ieri è attribuibile alle notizie positive sul fronte dell’accordo commerciale USA-Cina. Tuttavia, ci sono ancora alcuni analisti dell’idea che l’OPEC debba effettuare tagli maggiori della produzione per gestire un potenziale esubero di scorte nella prima metà del 2020.
2. Mantenere lo status quo
Un’estensione delle attuali quote di produzione è lo scenario più probabile, in quanto c’è già quasi una completa unanimità all’interno dell’OPEC e dell’OPEC+ per mantenere lo status quo. In effetti, l’OPEC nel complesso sta sotto-producendo rispetto alla quantità specificata nel patto, perché l’Arabia Saudita ha effettuato tagli extra, gli Stati Uniti hanno sanzionato i settori petroliferi di Iran e Venezuela ed alcuni produttori minori stanno registrando dei cali naturali.
Ammesso che una proroga sia l’esito di questo vertice, la domanda più spinosa per i ministri dell’OPEC e dell’OPEC+ sarà la tempistica: tre mesi, sei mesi, nove mesi o un anno.
Durante il vertice dello scorso giugno i produttori hanno esteso l’accordo per nove mesi anziché per i soliti sei. La recente proposta di una proroga di un anno è arrivata dal ministro del petrolio iracheno ed ha ottenuto il supporto del Venezuela, tecnicamente esente dal patto per via delle sanzioni USA che gravano sulle sue esportazioni petrolifere. L’OPEC potrebbe essere d’accordo con un’estensione di un anno con una revisione delle condizioni dei mercati petroliferi alla fine della prima metà del 2020 e l’opzione di rivedere la produzione nel caso di un inasprimento di scorte e domanda.
Tuttavia, l’OPEC+ rappresenta un fattore importante in questa questione e la Russia non ha detto la sua sulla tempistica che preferisce. Non c’è dubbio che l’opinione del ministro del petrolio russo Alexander Novak avrà un certo peso e potrebbe persino essere determinante nel caso di disaccordo all’interno dell’OPEC.
Una proroga di tre o nove mesi avrebbe più senso, perché si tornerebbe a quella tempistica che coincide con i vertici semestrali.
3. Basta imbrogliare, aumentare il rispetto del patto
Il nuovo ministro del petrolio saudita, Abdulaziz bin Salman, sta partecipando al suo primo vertice OPEC in questa veste. Sebbene non abbia detto nulla di importante ai giornalisti al suo arrivo a Vienna, ha lasciato intendere che l’Arabia Saudita è stanca degli imbrogli degli altri membri, un fatto normale per l’OPEC fin dal 1973, quando ha cominciato ad influire sul mercato del greggio.
Quando il patto sui tagli alla produzione OPEC ed OPEC+ è stato firmato per la prima volta, il gruppo ha formato la Commissione Ministeriale congiunta di Vigilanza (JMMC) per tenere sotto controllo i tassi di produzione dei paesi partecipanti. Numerosi paesi, tra cui Iraq, Nigeria e Russia, sono stati rimproverati per aver prodotto in eccesso. L’OPEC ha anche assunto numerose fonti esterne per tenere traccia della produzione e del rispetto delle quote da parte dei membri. Queste organizzazioni hanno pubblicato report mensili spiegando nel dettaglio quali paesi hanno prodotto in eccesso, quali in meno e quali hanno rispettato perfettamente la propria quota. Ma tutto questo sembra non aver fatto alcuna differenza per gli imbroglioni seriali.
Ora il Wall Street Journal scrive che l’Arabia Saudita userà l’arma migliore che ha a disposizione per convincere gli altri membri dell’OPEC a rispettare le quote: minacciare di inondare il mercato di greggio. Come abbiamo detto la scorsa settimana, l’Arabia Saudita potrebbe aggiungere altri 510.000 barili al giorno sul mercato senza sforare la sua quota OPEC di 10,3 milioni di barili al giorno di produzione. Un incremento del genere potrebbe far scendere i prezzi. E questo, ovviamente, danneggerebbe di più gli altri produttori che l’Arabia Saudita, in quanto Aramco può produrre greggio ad un prezzo nettamente inferiore a qualsiasi altra compagnia.
Sebbene qualcuno sia dell’idea che la nazione non adotterà questo metodo perché vuole mantenere i prezzi del greggio alti per supportare l’imminente IPO di Aramco, il debutto in borsa della compagnia in realtà sarebbe un incentivo per l’Arabia Saudita per produrre più greggio ed avere una crescita dei ricavi. Perciò, i mercati dovrebbero prendere sul serio la minaccia dei sauditi di aprire i rubinetti. Non solo Aramco è in grado di produrre molto più greggio di quanto non stia già facendo, ma questa non sarebbe neanche una cattiva strategia per la compagnia. Un possibile scenario che potrebbe emergere da questo vertice OPEC è una proroga più breve, portata avanti dall’Arabia Saudita, con la minaccia di aprire i rubinetti se gli imbroglioni non ridurranno la loro produzione.
Morale della favola
Il primo scenario sembra altamente improbabile a questo punto, perciò gli osservatori dei mercati dovrebbero prepararsi ad un accordo per la proroga dei tagli alla produzione per qualche tempo, ricordando che la minaccia dell’Arabia Saudita di aumentare la sua produzione è una possibilità reale, che potrebbe far scendere i prezzi.