Dopo due aumenti di capitale da €700mln complessivi, lo scoppio della
pandemia, l'appesantimento della struttura costi in seguito all'acquisto
di Cristiano Ronaldo, il cambio di CdA, la penalizzazione di punti in
campionato e l'allargamento dell'inchiesta Prisma ad altre Procure per il
falso in bilancio, il titolo Juventus (BIT:JUVE) ha perso oggi oltre l'80% dai massimi del 2019.
Il titolo sconta certamente il rischio che la società non riesca a
qualificarsi alla Champions League quest'anno, cosa che ingenererebbe
una perdita di fatturato nell'ordine di almeno €70-80mln (tra bonus
partecipazione, ranking storico, market pool, bonus risultati e introiti da
stadio). E per una società che già normalmente ha una struttura dei costi
(prevalentemente legata agli esosi stipendi dei calciatori) poco
equilibrata e che la costringe a bruciare ca. €150mln di Free Cash Flow
annuo, questo potrebbe essere un catalizzatore negativo molto pesante
(anche per il fatto che ciò costringerebbe a cedere numerosi calciatori
desiderosi di partecipare alla massima competizione europea).
D'altro canto, se il Collegio di Garanzia del CONI dovesse sovvertire la
decisione della Corte d'Appello sui 15 punti di penalizzazione, certamente
il titolo ne andrebbe a beneficiare, con rialzi potenziali nell'ordine del 10-
20%.
Ma ciò che non cambia è la tesi di lungo periodo sul titolo: i ricavi della
società (al netto delle plusvalenze sui calciatori), complice anche la
pandemia, negli ultimi 4 anni sono rimasti stabili, mentre gli stipendi dei
calciatori (voce principale di costo) sono aumentati ad un tasso del 7%
all'anno, come da grafico.
Questo di fatto rende insostenibile il modello di business attuale della
società e rende necessaria una revisione della struttura costi (meno
investimenti in giocatori blasonati e con stipendi elevati) onde evitare un
nuovo aumento di capitale nel giro di un paio d'anni.
A onor del vero, i problemi del titolo Juventus non attengono solo alla
società, ma anche alle caratteristiche del mercato in cui opera:
innanzitutto, va detto che la Serie A, a differenza di altri campionati (come
la Bundesliga dove le solite 2-3 squadre competono per le posizioni di
vertice, ottenendo quasi per certo la qualificazione alla Champions
League e i conseguenti lauti introiti finanziari), è molto più competitiva in
questi anni, cosa che rende molto più rischioso per Juventus mantenere
certi livelli di fatturato, come potrebbe essere evidente dai numeri del
bilancio 2023-24, in caso di mancata qualificazione alla Champions
quest'anno.
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A questo si aggiunge lo scarso appeal del nostro campionato, che nella
stagione 2022-23 è rimasto ancora il quarto principale campionato per
introiti televisivi raccolti (alle spalle di Premier League, Liga e Bundesliga)
e che quindi sistematicamente non riesce ad allocare ricavi importanti
per le sue società calcistiche, aumentando di anno in anno il gap
qualitativo e competitivo rispetto soprattutto alle squadre inglesi.
Alla luce di questi elementi, in virtù di una struttura costi poco prudente
(che rischia di portare tra qualche tempo i propri azionisti di minoranza a
diluirsi nuovamente) e della struttura sfavorevole del calcio italiano,
l'investimento in Juventus risulta estremamente poco interessante per il
lungo periodo e foriero di nuove perdite in Borsa.