L'accordo sull’innalzamento del debito pubblico degli Stati Uniti raggiunto in extremis tra democratici e repubblicani, che ha permesso di mettere fine allo "shutdown", ovvero alla chiusura forzata dei servizi federali, scongiurando di fatto il default tecnico del Paese, non ha giovato per il momento al dollaro, che contro euro ha continuato a cedere terreno. Il biglietto verde è stato probabilmente penalizzato dalle prese di beneficio successive alla notizia della raggiunta intesa ma anche dal fatto che l'intesa stessa non sia per il momento risolutiva. Gli investitori rimangono infatti nervosi e tentano di immaginare cosa potrà succedere quando si avvicineranno le prossime scadenze chiave, la legge ratificata da Obama alza il tetto del debito ma solo fino al 7 febbraio e garantisce la ripresa delle attività federali non oltre il 15 gennaio. E' evidente quindi che la soluzione trovata è solo temporanea e non cancella i timori che riguardano il budget Usa e che si potranno riproporre all'inizio del 2014 tornando a mettere in evidenzia le criticità strutturali del debito Usa e le potenziali ripercussioni sull'economia. Il rischio sfiorato del fallimento statunitense potrebbe convincere alcuni paesi, fino ad oggi importanti finanziatori degli States, come il Giappone o la Cina, a diversificare maggiormente le proprie riserve per tenere conto dell'accresciuta rischiosità dei bond statunitensi. Non è certo un caso che l'agenzia di rating cinese Dagong abbia tagliato il rating sovrano degli Stati Uniti di un notch a "A-" da "A". Su una cosa tutti gli osservatori sembrano essere concordi, lo "shutdown" avrà come effetto il mantenimento delle misure di allentamento monetario straordinario da parte della Federal Reserve per un periodo più lungo di quello preventivato in precedenza.
La borsa Usa sembra comunque in grado di poter salire ancora, anche se i livelli raggiunti dai principali indici, in particolare dal Nasdaq, sono coincidenti con forti resistenze. Il mercato si trova quindi ad un bivio, o forzare questi ostacoli guadagnandosi nuovi ed ampi spazi di crescita, oppure accettare i livelli raggiunti come massimi di periodo e da questi avviare una robusta flessione.
Per il momento i risultati aziendali presentati con la tornata delle trimestrali in corso sono stati incoraggianti, con i 2/3 circa delle società dell'S&P500 che hanno pubblicato le trimestrali che ha riportato risultati sopra le attese degli analisti (il "beat rate" dal 1994 e' inferiore, del 63%), in linea con il 66% visto anche nei precedenti quattro trimestri. In termini di soli ricavi il 54% circa delle trimestrali ha battuto le previsioni, un risultato inferiore al "beat rate" che dal 2002 si attesta al 61% ma al di sopra del 49% degli ultimi quattro trimestri. La possibilità di vedere proseguire il rialzo non e' quindi da considerare ridotta, anzi. Tuttavia fino a che non salteranno gli argini attuali, in particolare quelli toccati dal Nasdaq, sara' opportuno agire con molta prudenza, domandandosi se i livelli attuali non siano una occasione per prendere profitto da eventuali posizioni al rialzo in essere.
Lo S&P500 si e' portato in vista del limite superiore del canale crescente disegnato dai minimi di inizio 2009, resistenza in area 1770, ostacolo oltre il quale si aprirebbe un nuovo spazio di rialzo fino a 1805/10, lato alto di un altro canale, contenuto all'interno di quello appena citato, tracciato dai minimi di ottobre 2011. Se per lo S&P500, che naviga in acque inesplorate data la mancanza di riferimenti storici precedenti, è difficile fare ipotesi sui target raggiungibili al superamento delle due resistenze indicate, nel caso dell'indice Nasdaq Composito il compito è relativamente più facile. I prezzi hanno infatti superato a luglio in area 3600 il 61,8% di ritracciamento del ribasso dal picco del 2000, posto a 5132 punti. La rottura di questo importante riferimento della successione di Fibonacci dovrebbe permettere ora il raggiungimento dell'ultimo livello della serie, il 78,6%, posto a 4280 punti circa. A confermare la possibilità di vedere salire le quotazioni verso il target indicato in tempi relativamente brevi sarebbe tuttavia solo la rottura decisa di area 3950/60, limite superiore del canale che contiene il grafico dal marzo 2009. Il superamento o meno di questa soglia sarebbe da intendere come un segnale di grande rilevanza anche per gli altri panieri, come lo S&P500 ed il Dow Jones, per i quali il fatto di essere su valori record e quindi privi di riferimenti storici, rende l'analisi più problematica. Del resto l'indice di correlazione esistente tra il Nasdaq e lo S&P500, calcolato ad un anno (252 sedute), è pari a 0,935 circa, dove 1 rappresenta il valore massimo ottenibile. Segnali di forza ricavabili dallo studio del grafico di un paniere sono quindi trasferibili in modo quasi perfetto anche all'altro, allo stesso modo se il Nasdaq dovesse fallire nel suo tentativo di salire oltre l'ostacolo e dovesse avviare una flessione il rischio di un calo generalizzato di tutti i listini Usa sarebbe elevato.