- Il calo dei prezzi del petrolio e dei rendimenti dei bond è una buona notizia per lo yen
- Sul dollaro pesano i timori per l’economia USA e l’inflazione al picco
- Cominciano ad apparire delle crepe nel cambio USD/JPY
Il cambio USD/JPY sarà sotto i riflettori in vista del report sull’occupazione non agricola USA e dei dati sull’inflazione della settimana prossima, con gli investitori che terranno d’occhio anche il calo dei prezzi del greggio e dei rendimenti dei bond. Ci sono buone probabilità allora che vedremo ulteriore forza dello yen giapponese nei prossimi giorni e settimane, in quanto molte delle influenze che hanno incoraggiato i trader ad andare short sulla valuta non sono più valide o non così tanto prevalenti.
Il cambio USD/JPY ha già cominciato ad andare verso il basso, al di sotto di una linea di trend rialzista e della media mobile su 50 giorni:
Ha anche infranto sotto un supporto chiave intorno a 134,50-135,00, un’area ora diventata resistenza. La via della minore resistenza sul breve termine è quindi verso il basso.
Da qui, sembra che vedremo un potenziale calo a 130,00 e questa mossa potrebbe avvenire già nel corso della seduta nel caso in cui ci fosse un report sull’occupazione USA molto debole.
Il dollaro USA ha in realtà cominciato ad indebolirsi di nuovo contro una serie di valute estere e persino euro e sterlina hanno guadagnato terreno. Questo perché gli investitori hanno ridotto le aspettative su ulteriori aumenti aggressivi dei tassi da parte della Federal Reserve, nei segnali di un indebolimento dell’economia e di un’inflazione al picco.
Per quanto riguarda lo yen, è corretto dire che i prezzi del petrolio sono stati uno dei maggiori fattori responsabili della sua debolezza nel primo semestre. Quando i prezzi del petrolio sono schizzati, lo yen si è indebolito, con gli investitori che hanno scambiato la valuta nipponica a basso rendimento con quelle degli esportatori petroliferi a rendimento molto più alto, compresi USA e Canada. La Banca del Giappone ha deciso di non imitare le altre banche centrali nella lotta all’inflazione. Andando in controtendenza, ha lasciato invariata la sua politica monetaria ultra-allentata.
Ma, nelle ultime settimane, abbiamo visto un’inversione di rotta piuttosto brusca della maggior parte dei prezzi degli asset valutati in dollari. Il tonfo dei prezzi del petrolio e di altre materie prime ha alimentato le voci di un’inflazione al picco, facendo scendere i rendimenti dei bond in questi paesi molto più velocemente che in Giappone.
Un aspetto interessante del grafico sopra è che i prezzi del petrolio prima hanno raggiunto il picco, a marzo, sebbene si siano poi consolidati in un grande range, prima di cominciare a scendere molto più nettamente verso inizio giugno. Abbiamo poi visto che il rendimento dei bond decennali USA si è diretto verso il basso da metà giugno. Ma ci è voluto un altro mese perché anche il cambio USD/JPY cominciasse a scendere.
Da quei picchi estivi, il WTI e i rendimenti decennali USA sono crollati di circa il 28% ciascuno in termini percentuali al loro minimo. Ma il cambio USD/JPY è sceso di appena il 6% circa dal suo corrispondente picco. Quindi, il cambio deve ancora mettersi in pari col ribasso dei prezzi del petrolio e dei rendimenti dei bond.
Sul breve termine, tutti gli occhi dei trader USD/JPY saranno puntati sul report sull’occupazione USA questo venerdì, seguito la prossima settimana dalla pubblicazione del dato sull’indice IPC USA. Ovviamente, se i dati su occupazione, compensi o inflazione deluderanno le aspettative, è ragionevole aspettarsi che il cambio USD/JPY acceleri il ribasso.
Nota: L’autore al momento non possiede nessuno degli asset menzionati nell’articolo.