I miner del Bitcoin possono utilizzare strumenti specializzati per difendere la loro esposizione alla volatilità della cripto ed all’impennata dei costi energetici.
Le compagnie di mining di Bitcoin hanno dovuto fare i conti con la riduzione delle entrate nel 2022, tra i costi degli energetici in salita ed il tonfo dei prezzi delle criptovalute. La crescente difficoltà di mining ha ulteriormente eroso i profitti dei miner, e solo chi possiede le attrezzature più efficienti ed ha tariffe competitive per la corrente elettrica è rimasto a galla.
Questo ha spinto alcuni importanti miner a cercare nuovi modi per difendersi dalla riduzione dei margini. Una nuova possibile soluzione sono gli strumenti finanziari derivati, che consentono ai miner di proteggersi dall’esposizione al prezzo del bitcoin ed ai costi energetici legati al mining.
Miner del Bitcoin sul filo del rasoio
Quest’anno è stato uno dei peggiori per il cripto-settore e per le compagnie che vi operano, in particolare per quelle di mining. Con i costi degli energetici alle stelle tra l’inflazione galoppante, i miner di Bitcoin, che hanno bisogno di molta elettricità per i data-center equipaggiati di computer specializzati per minare i BTC, hanno visto le loro entrate colare a picco.
Dieci società Bitcoin quotate in borsa (Core Scientific Inc (NASDAQ:CORZ), Riot Blockchain Inc (NASDAQ:RIOT), Bitfarms Ltd (NASDAQ:BITF), Cleans Park, Marathon Digital Holdings Inc (NASDAQ:MARA), Hut 8 Mining Corp (NASDAQ:HUT), HIVE Blockchain Technologies Ltd (NASDAQ:HIVE), Iris Energy Ltd (NASDAQ:IREN), Argo Blockchain PLC ADR (NASDAQ:ARBK) e Bit Digital Inc (NASDAQ:BTBT)) hanno svenduto quasi tutti i BTC minati dal 1° gennaio al 30 novembre di quest’anno. All’inizio dell’anno, alcuni miner hanno dovuto vendere più di quanto abbiano prodotto, secondo un report di Arcane Research.
Il tonfo del BTC e dei prezzi delle cripto ha peggiorato ulteriormente la redditività del mining. Dopo il collasso di FTX, il Bitcoin è crollato sotto i 16.000 dollari, arrivando ai minimi di due anni.
La crescente difficoltà di mining di Bitcoin erode inoltre i profitti dei miner. La difficoltà di mining di Bitcoin, che attualmente ha un valore di circa 35,36 mila miliardi, è aumentata di circa il 25% rispetto a fine agosto, quando il dato era pari a 28,35 mila miliardi.
Tutti questi problemi fanno restare a galla solo i miner con le attrezzature più efficienti e tariffe competitive per la corrente elettrica. Questo spiega perché Core Scientific, una delle più grandi compagnie di mining di Bitcoin, abbia dichiarato bancarotta appellandosi al Chapter 11 la scorsa settimana.
Come possono proteggersi i miner dalla riduzione dei margini
I miner dei Bitcoin possono difendersi dalla riduzione dei margini usando un nuovo contratto forward di mining Bitcoin, lanciato di recente. Questo prodotto derivato, chiamato Luxor Hashprice NDF, è un contratto forward non cedibile (NDF) Over-the-Counter (OTC) per l’hashprice di mining Bitcoin di Luxor Technologies, e consente ai miner di proteggere la loro esposizione al prezzo del Bitcoin e dei costi dell’energia.
L’hashprice è un termine coniato da Luxor che si riferisce alle entrate da mining di bitcoin che i miner ottengono da un’unità di hashrate in uno specifico intervallo di tempo. L’hashrate misura la potenza di calcolo di una rete di criptovalute proof-of-work (PoW) come il Bitcoin.
Un grosso vantaggio dello strumento è che i venditori del contratto possono bloccare i guadagni del mining e proteggersi dalla riduzione dei margini. I compratori, invece, possono approfittare del potenziale di rialzo del mining senza aver bisogno di un’esposizione fisica. Nick Hansen, CEO e cofondatore di Luxor, spiega:
“Questi prodotti rappresentano un passo importante per Luxor, un qualcosa che stavamo analizzando fin dalla genesi della compagnia; i derivati dell’hashprice costituiscono l’apoteosi della nostra vision dell’hashrate come classe di asset, un’attività che stiamo portando avanti da quando abbiamo introdotto l’hashprice con il lancio dell’Hashrate Index nel 2020”.
Al momento, il Bitcoin è scambiato a 16.502 dollari, in calo dello 0,75%. La criptovaluta segna ora un tonfo di oltre il 65% sull’anno e del 76% rispetto al massimo storico di 69.000 dollari del novembre dello scorso anno.