Non c’è niente di più rischioso della percezione diffusa che non esista alcun rischio (H. Marks).
Nessun dato interessante per i mercati in uscita oggi. Ieri il PMI dell’Europa di giugno è risultato leggermente inferiore alle attese (43,4 punti contro 43,6 stimato e 44,8 di maggio). Per quanto riguarda i dati USA, il PMI manifatturiero di giugno, pari a 46,3 punti, è risultato in linea con le aspettative, ma in riduzione rispetto a maggio (48,4 punti), mentre l’ISM manifatturiero di giugno è risultato invece nettamente inferiore alle aspettative (46 punti contro 47,2 atteso e 46,9 di maggio). La flessione di entrambi gli indicatori rispetto al mese precedente, evidenzia l’ulteriore rallentamento dell’economia nel 2Q23.
La performance delle azioni dall’inizio dell’anno è stata decisamente positiva, continuando il rally iniziato dai minimi del mercato ribassista dello scorso ottobre. I movimenti delle azioni di quest'anno sono stati principalmente guidati dalle banche centrali, sia in Europa che negli USA. L'S&P 500 è risultato in rialzo di circa il 23% e il TSX è più alto del 13% rispetto a metà ottobre, recuperando una parte considerevole del calo del mercato ribassista dello scorso anno.
Sebbene permanga molta incertezza sulle prospettive di politica economica e monetaria, fino ad ora le oscillazioni del mercato sono state piuttosto favorevoli per gran parte del 2023, fatta eccezione per la reazione breve ma acuta seguita alle turbolenze bancarie. Non ci lamentiamo della performance dei mercati, sia chiaro, ma riteniamo che gli investitori dovrebbero prevedere maggiori fluttuazioni nella seconda metà dell'anno.
La performance è stata finora definita dal sollievo sul fronte del rialzo dei tassi che ha beneficiato particolarmente le azioni delle società tecnologiche, fortemente penalizzate lo scorso anno. Ciò è stato evidente nella divergenza di performance tra il Nasdaq e il Dow. Il TSX, con un'esposizione significativamente inferiore alla tecnologia e ai prezzi del petrolio, ha prodotto un rendimento più modesto vicino al 6% nel primo semestre.
Non solo la sovra performance dei titoli tecnologici ha portato al rialzo gli indici, ma la leadership all'interno del settore si è concentrata su alcuni dei nomi a mega capitalizzazione. Apple (NASDAQ:AAPL) (la cui capitalizzazione di mercato ha raggiunto i 3 trilioni di dollari la scorsa settimana), Microsoft (NASDAQ:MSFT), Tesla (NASDAQ:TSLA), Amazon (NASDAQ:AMZN), Alphabet (NASDAQ:GOOGL) (Google), NVIDIA e Meta hanno guadagnato in media circa l'85% nei primi sei mesi di quest'anno.
Ciò significa che l'ampiezza dei guadagni del mercato è stata piuttosto limitata, come dimostrato dal guadagno del 15% da inizio anno dell'S&P 500, rispetto a un aumento del 6% dell'indice S&P 500 a pari ponderazione (che elimina l'influenza delle dimensioni dell'azienda). Questo non è necessariamente un presagio di cattive notizie per le azioni, ma rende il mercato potenzialmente più vulnerabile a un pullback a breve termine se la tecnologia mega-cap dovesse in qualche modo inciampare.
I tassi di interesse USA a 10 anni sono rimasti pressoché invariati dall’inizio dell’anno, riflettendo il calo dell'inflazione e le prospettive di crescita economica in riduzione. I tassi a breve termine sono stati invece ultimamente più vivaci, poiché i dati economici hanno sorpreso al rialzo e la FED ha segnalato che potrebbe aumentare ancora di una o forse due volte i tassi. In ogni caso, il contesto dei tassi di interesse è stato finora molto più favorevole quest'anno rispetto al 2022.
Riteniamo che la FED terminerà i suoi aumenti nei prossimi mesi e comunque entro il 2023. Non pensiamo però che questi possano poi diminuire così velocemente come sono aumentati: occorrono prove più consistenti che soprattutto l’inflazione core non possa rialzare la testa, probabilmente accompagnate da un maggiore e significativo calo dei rendimenti, soprattutto nella parte breve della curva.
La scorsa settimana il rilascio dell’ultima lettura sul PIL USA del 1Q23, ha mostrato che l'economia è cresciuta di un robusto 2% (dal 2,6% del 4Q22), meglio delle aspettative di inizio d'anno. Crescita alimentata principalmente da un aumento dei consumi personali. Le stime per 2Q23 segnalano una crescita ancora positiva, ma in ulteriore rallentamento. La salute dell'economia ha beneficiato della forza dei servizi alle famiglie e della spesa discrezionale, con la resilienza del consumatore riconducibile direttamente al mercato del lavoro che si mantiene ancora solido.
Le azioni a piccola capitalizzazione, che sono più sensibili alle condizioni economiche interne rispetto alle società a grande capitalizzazione, si sono stabilizzate rispetto alle grandi capitalizzazioni dopo la sottoperformance all'inizio di quest'anno. Riteniamo che ciò possa segnalare un emergente ottimismo nelle prospettive di crescita economica interna. Ma non abbiamo tuttavia ancora visto un decisivo rialzo della performance relativa delle small cap, che sarebbe maggiormente indicativa di un minimo economico già raggiunto e di una nuova espansione emergente.
Continuiamo a ritenere che l'economia rallenterà (da capire se entrerà in recessione, magari tecnica). Se così sarà, riteniamo che i minimi del mercato ribassista dello scorso anno abbiano scontato una lieve recessione economica, il che significa che le azioni non dovrebbero tornare ai minimi precedenti se l’economia dovesse mostrare un rallentamento ma non una recessione.
Se guardiamo alla statistica (ma qui Trilussa docet), il rendimento del 15% per l'S&P 500 nella prima metà del 2023 è il quinto miglior inizio dal 1990. In questi quattro casi, il mercato ha registrato un rendimento medio per l'intero anno del 33%. Dal 1990, il mercato azionario ha guadagnato oltre il 10% nella prima metà di dieci di quegli anni e in seguito lo stesso è aumentato ulteriormente nella seconda metà di ciascuno di quegli anni.
Riteniamo che sia però prematuro tracciare, ceteris paribus, una ripetizione dei guadagni del primo semestre nella seconda metà di quest'anno, poiché il mercato sarà alle prese con segnali di debolezza economica (abbiamo visto i primi indicatori di giugno molto deboli) ed eventuali intoppi nel percorso verso il basso dell'inflazione, che richiederebbero un ulteriore inasprimento da parte della FED.
Siamo però convinti che nel 2023 si inizierà a porre le basi per un nuovo mercato rialzista, il cui trend ci aspettiamo possa essere comunque intervallato da momenti di prese di beneficio anche profondi.