La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 20.09.2018
Il prezzo del Brent, il greggio di riferimento europeo, è stato vicino agli 80 dollari al barile questa settimana. La settimana scorsa, ha brevemente superato gli 80 dollari, spinto dal report settimanale della US Energy Information Administration (EIA) che ha rivelato un calo di oltre 5 milioni di barili nelle scorte di greggio.
Solo due anni fa, il prezzo del Brent era di appena 45 dollari al barile e gli analisti si chiedevano se i prezzi bassi sarebbero diventati ospiti fissi più permanenti sui mercati.
Ora che i prezzi si dirigono verso gli 80 dollari, è prudente dichiarare terminata l’era dei prezzi bassi del greggio? Potremmo presto vedere il greggio superare i 90 o 100 dollari al barile e i prezzi della benzina raggiungere i 4 dollari al gallone per i consumatori negli Stati Uniti?
Ecco due opinioni diverse:
1. Sì, i prezzi del greggio saliranno ancora.
- I tassi di crescita del settore del fracking USA cominciano a scendere. L’assenza di oleodotti sta spingendo le compagnie di scisto nella regione del bacino Permiano e in quelle vicine a evitare di trivellare nuovi pozzi. Senza una crescita consistente in quest’area, il prezzo del greggio salirà.
- La produzione petrolifera iraniana e le sue esportazioni di greggio stanno rallentando in conseguenza delle nuove sanzioni USA che entreranno in vigore il 4 novembre. Secondo Tanker Trackers, le esportazioni del paese sono già scese a 1,578 milioni di barili al giorno a settembre. Si tratta di un tonfo del 23,4% rispetto ad agosto. Alcuni analisti ritengono che le sanzioni iraniane possano eliminare 1,5 milioni di barili al giorno dal mercato globale e che gli altri produttori non saranno in grado di compensare il vuoto.
- La produzione petrolifera venezuelana sta crollando e continuerà a farlo mentre il paese affronta una crisi economica talmente grande che il governo non riesce a garantire nemmeno l’energia elettrica. Secondo Platts, il Venezuela sta producendo solo 1,2 milioni di barili al giorno, in calo dagli 1,97 milioni del 2017.
- La Russia non renderà noto se aumenterà la produzione fin quando non incontrerà l’Arabia Saudita e gli altri produttori domenica prossima in Algeria. L’OPEC e i suoi partner potrebbero benissimo consigliare di mantenere gli attuali livelli di produzione in occasione dell’incontro ufficiale di inizio dicembre. Un mancato aumento della produzione potrebbe far schizzare i prezzi in previsione di una carenza futura.
- L’Arabi Saudita si è detta “d’accordo” con i prezzi del Brent sopra gli 80 dollari a breve termine. E ciò potrebbe indicare che il paese non intende aumentare la propria produzione nei prossimi mesi.
2. No, non assisteremo ad un’impennata dei prezzi del greggio.
- I tassi di crescita del settore del fracking USA hanno effettivamente cominciato a rallentare, ma la produzione è ancora forte e molte compagnie di petrolio da scisto stanno inviando il proprio greggio tramite treni e camion. Di conseguenza, i produttori offrono degli sconti fino a 14 dollari al barile. Non solo: il WTI costa quasi 10 dollari in meno rispetto al Brent. Gli sconti che i produttori statunitensi sono costretti ad offrire terranno bassi i prezzi del WTI, anche se quelli del Brent saliranno. La capacità degli oleodotti USA aumenterà nel 2019, così come la produzione e le esportazioni del paese, spingendo al ribasso i prezzi globali.
- Il segmento iraniano nel mercato petrolifero si sta riducendo, ma il paese invia ancora greggio in Cina, India, Turchia, Italia e Spagna. L’Iran sta inoltre aiutando i suoi clienti cinesi ed indiani ad evitare l’esposizione alle sanzioni USA usando la propria flotta per spedire il greggio e fornendo una copertura assicurativa. Nel frattempo, l’UE sta creando una soluzione finanziaria temporanea per offrire alle compagnie un modo per trasferire fondi in Iran in cambio di greggio. E questo potrebbe significare che sul mercato resterà più greggio iraniano di quanto stanno prevedendo gli analisti.
- Platts ha riportato che il Venezuela ha prodotto solo 1,2 milioni di barili al giorno ad agosto, ma secondo Reuters a luglio la produzione è stata più alta, arrivando a quasi 1,5 milioni di barili al giorno. Inoltre, il ministro del petrolio venezuelano afferma che il paese aumenterà la sua produzione di 640.000 barili al giorno nei prossimi mesi. Una maggiore quantità di greggio dal tormentato Venezuela peserebbe sul prezzo della materia prima.
- La Russia afferma di avere la capacità di incrementare la sua produzione di almeno 300.000 barili al giorno e di essere pronta a farlo dopo il vertice del 23 settembre tra i ministri del petrolio OPEC e non-OPEC.
- L’Arabia Saudita e i produttori OPEC hanno già aumentato la produzione ad agosto di 420.000 barili al giorno e l’Arabia Saudita ha un’ulteriore capacità di scorte che ha promesso di rendere disponibile se necessario. Ci sono state molte discussioni tra Arabia Saudita e Stati Uniti che indicano che i sauditi potrebbero aumentare la produzione per evitare un’impennata dei prezzi proprio prima delle elezioni.
La realtà probabilmente sarà una via di mezzo tra queste due posizioni estreme:
La produzione statunitense terrà bassi i prezzi del WTI ma la produzione venezuelana continuerà a scendere. Circa un milione di barili al giorno di greggio iraniano verrà probabilmente eliminato dal mercato per via delle sanzioni, ma Cina, Turchia ed India continueranno ad importare greggio iraniano. OPEC e Russia probabilmente decideranno di aumentare la produzione, anche se non saranno in grado di compensare del tutto il calo delle esportazioni di Iran e Venezuela.
Allo stesso tempo, però, le speculazioni continueranno a spingere al rialzo il prezzo del greggio, anche se i fondamentali mostrano che il mercato è ben fornito o addirittura leggermente in esubero.