La delusione per le scelte di Draghi sono ormai un lontano ricordo; oggi a tenere banco è la crisi petrolifera, che ha creato molti più problemi di quanto non abbia fatto il mancato QE 2.0 di Draghi.
Il greggio è crollato di 10 punti percentuali in sole cinque sedute, fino ad arrivare a 35 dollari al barile, con una discesa che non sembra trovare ostacoli né tecnici né tantomeno fondamentali. In uno scenario del genere, le borse, in ogni parte del mondo, non hanno potuto fare altro che seguire la strada ribassista del greggio.
In Europa si sono registrate perdite medie del 4% su base settimanale. Il Dax è calato fino alla quota di 10340 (-3.83%) seguito dal Cac 40 (-3.50%). Il FTSE MIB di Piazza Affari cede il 4.57% e il FTSE 100 di Londra fa ancora peggio con un calo del 4.58%.
L’emotività ha colpito anche i mercati americani che nonostante la loro solidità hanno mostrato un calo medio superiore ai 3 punti percentuali. Il peggiore della classe è il Nasdaq che cede oltre il 4%, seguito da S&P (-3.79%) e Dow Jones (3.26%).
Sul fronte asiatico la crisi petrolifera è in qualche modo aggravata dalla scomparsa del tycoon cinese, Guo Guangchang. Secondo le più recenti indiscrezioni, l’Ad starebbe collaborando con le autorità investigative nell’ambito di alcune inchieste in corso, cosa che, se confermata, potrebbe scatenare una ulteriore turbolenza. L’Hang Seng di Hong Kong è, infatti, tornato ampiamente al di sotto dei 22000 punti, con un calo superiore al 3%.
Il mercato delle valute ha vissuto, invece, una settimana di “random walking”. L’incertezza del Forex è guidata dall’attesa, non scevra di preoccupazioni, della manovra della FED prevista per il 16 Dicembre. Le ultime sedute hanno sostanzialmente rivalutato l’Euro e soprattutto lo Yen. La moneta giapponese ha riportato il rapporto con il dollaro al di sotto della soglia dei 121 (USD/JPY -1.77%) ed ha guadagno quasi un punto percentuale anche rispetto all’euro (EUR/JPY -0.83%). Quanto al rapporto euro-dollaro, registrato in aumento nella settimana scorsa (EUR/USD +0.98%), la partita è ancora tutta da giocare con le due potenze che dovranno anche guardarsi da un terzo, potenziale, giocatore, rappresentato dalla Cina e dalla sua politica monetaria inflazionistica.
Per quanto riguarda le materie prime, il Petrolio Greggio resta protagonista in negativo del mercato proseguendo la sua frenetica discesa. La quotazione del futures di gennaio è arrivata alla soglia dei 35 dollari al barile toccando il minimo del Febbraio 2009. L’Oro, invece, è in fase di stallo. La quotazione da diverso tempo si mantiene costante sui 1070 dollari per oncia, ma si prospetta una spinta alla movimentazione con il rialzo dei tassi d’interesse americani.
Sul fronte macroeconomico, l’agenda settimanale si presenta ricca d’impegni. Il calendario odierno, oltre i dati positivi per l’economia giapponese già rilasciati nelle prime ore di oggi, registra notizie per la zona Euro con il dato sulla produzione industriale europea, atteso alle ore 11:00, e l’intervento di Mario Draghi previsto per le 12:00. Domani, invece, sarà il giorno riservato all’indice dei prezzi al consumo per il Regno Unito – ore 10:30 – e Stati Uniti – ore 14:30 –. L’evento di maggiore impatto, tuttavia, sarà quello del 16 Dicembre, giornata in cui la Presidente della FED, Janet Yellen, ufficializzerà le scelte della Banca Centrale americana relative al tasso d’interesse del dollaro non più tanto scontata quanto si credeva fino a qualche giorno fa.
La crisi petrolifera, insieme alla già forte svalutazione dello Yuan cinese, mette sotto pressione la Fed. Un mancato aumento dei tassi provocherebbe una perdita di credibilità cdi cui la Yellen è già stata accusata negli ultimi mesi a causa dei continui rinvii; d’altro canto, però, un aumento dei tassi andrà ad appesantire la già critica situazione petrolifera, in quanto l’apprezzamento del dollaro darà una nuova pressione ribassista al greggio.
Da che lato penderà la bilancia?
Andrea Cangiano
UCapital, Financial Advisor