- La politica del price cap del G7 affronta delle sfide col cambiamento del mercato petrolifero
- La mancanza di implementazione mina l’efficacia del price cap sui prezzi del petrolio russo
- Nuove entrate e tasse più alte limitano l’impatto del price cap sui ricavi petroliferi russi
- Al momento, il G7 crede che la politica del price cap stia funzionando, quindi potrebbe non essere motivato ad implementare sanzioni più severe o cambiare la politica. Tuttavia, se le cose dovessero cambiare e vedesse il bisogno di una politica più rigida, potrebbe cercare di ridurre la quantità di petrolio russo sul mercato. E questo farebbe salire i prezzi del petrolio.
- Se la quantità di petrolio “sanzionato” venduto a prezzi scontati sul mercato continuerà a far scendere i prezzi di mercato, l’OPEC potrebbe rispondere limitando le scorte. Abdul Aziz bin Salman, il ministro del petrolio saudita, di recente ha avvisato gli “speculatori” di “stare attenti” in vista della prossima riunione dell’OPEC+. Al momento, i trader scommettono su un calo dei prezzi, quindi dovrebbero essere pronti ad un altro taglio della produzione “a sorpresa” a giugno.
- Non prendete le parole della Russia per oro colato. Spesso la Russia dice che farà qualcosa e poi fa il contrario. Potrebbe essere lo stesso per la produzione petrolifera. La Russia ha dichiarato che la ridurrà di 500.000 barili al giorno. Tuttavia, ha mantenuto i precedenti livelli di esportazione. I dati mostrano che le esportazioni sono salite di 1,2 milioni di bpd rispetto all’anno scorso. È possibile che la Russia abbia tagliato la produzione, come ha detto, e che riesca a mantenere un livello così alto di esportazioni perché non spedisce più alla Germania tramite l’oleodotto di Druzhba, ed ha ridotto l’attività di raffinazione, ma non lo sappiamo con certezza. Se si dovesse scoprire che, di fatto, la Russia non ha tagliato la produzione, allora i prezzi del petrolio scenderanno.
Sono passati sei mesi dall’entrata in vigore del price cap del G7 sulle esportazioni petrolifere russe. Il Dipartimento per il Tesoro USA di recente ha pubblicato un report sui progressi concludendo che la politica del price cap non sta funzionando. Per quanto sulla carta si possa affermare che stia funzionando, il mercato del petrolio ha subìto dei cambiamenti significativi che stanno negando gli obiettivi della politica con effetti degni di nota sul mercato.
Obiettivi
La politica del tetto al prezzo del petrolio aveva due obiettivi dichiarati: 1- ridurre le entrate per la Russia; 2- mantenere abbastanza petrolio russo sul mercato da impedire ai prezzi globali di andare alle stelle. È stata studiata in modo che le compagnie di spedizione, commercio e assicurazione del G7 possano fornire servizi per la vendita di petrolio russo senza incorrere in sanzioni solo se quel petrolio viene venduto ad un prezzo pari o inferiore al price cap. Il price cap è stato fissato a 60 dollari al barile nel dicembre 2022. Il Dipartimento per il Tesoro faceva notare con entusiasmo che, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il petrolio russo era venduto ad oltre 100 dollari al barile, arrivando persino a 140 dollari sul mercato spot nella primavera del 2022.
Impatto sul prezzo
Tuttavia, nel novembre 2022 (poco prima dell’applicazione del price cap), il petrolio Urals russo si attestava ad appena 57,49 dollari al barile. A metà dicembre, era crollato a 48,69 dollari. Ma anche il prezzo medio del Brent era sceso di 10 dollari al barile nel periodo, a causa delle prospettive economiche cupe.
Il G7 può dire che la politica del price cap ha fatto abbassare il prezzo del petrolio russo solo rispetto al prezzo che aveva all’inizio dell’invasione ed alle sanzioni immediatamente seguite. Se lo si confronta col prezzo del petrolio russo subito prima dell’entrata in vigore del price cap, non ha avuto alcun impatto nell’abbassare il prezzo del petrolio della Russia.
In effetti, una recente analisi del Centre for Research on Energy and Clean Air rivela che la politica del price cap non sta nemmeno mantenendo il prezzo del petrolio russo sotto il livello del tetto perché, ad aprile, dei cargo di petrolio russo sono stati venduti ad un prezzo superiore. Gli autori dello studio citano la mancanza di applicazione per il fallimento della politica del tetto del prezzo.
Fonti di entrate petrolifere russe
Da quando Europa e USA hanno iniziato a sanzionare il petrolio russo, la Russia si è costruita un’industria di spedizioni e assicurazioni da usare per il suo petrolio. Quindi clienti come India e Cina possono comprare petrolio russo senza dipendere da navi, assicurazioni o servizi commerciali Occidentali, evitando completamente il price cap.
E questo rappresenta un nuovo flusso di entrate per la Russia. Non è chiaro quanti soldi stia ottenendo Mosca da questi servizi accessori, ma sicuramente non pochi. Il governo russo, inoltre, di recente ha alzato le tasse sulle esportazioni petrolifere, quindi ora ricava più soldi di prima dalla vendita del suo petrolio. Anche questo rende il price cap meno efficace per quanto riguarda l’obiettivo di limitare le entrate petrolifere russe.
Conclusioni
I trader dovrebbero tenere a mente i seguenti punti:
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Nota: L’autrice non possiede nessuno degli asset menzionati nell’articolo.