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L’avversione al rischio pesa sui mercati finanziari

Pubblicato 24.03.2016, 10:51
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Le valute legate alle materie prime hanno sentito la pressione nelle contrattazioni notturne; il West Texas Intermediate è scivolato sotto la soglia dei 40 dollari sull’onda dell’ingente aumento delle scorte.

Dal rapporto settimanale dell’EIA emerge che, la scorsa settimana, negli USA le scorte commerciali di greggio sono aumentate di 9,4 milioni di barili, rispetto all’aumento stimato pari a 2,5 milioni di barili. Il mercato ha reagito con forza a queste cifre, trascinando il WTI a 39,50 dollari al barile rispetto ai 41,25 USD di mercoledì mattina.

Insieme al petrolio, anche il dollaro australiano ha subito nuove pressioni al ribasso, perché i prezzi del minerale di Minerale di ferro fine 62% Fe CFR sono in caduta libera. I contratti più attivi sul minerale di ferro (con consegna a settembre) sulla borsa di Dalian nella notte hanno ceduto quasi il 6% a causa delle preoccupazioni sulle prospettive di crescita della Cina.

La coppia USD/USD ha ceduto lo 0,60% a Sydney, calando sotto quota 0,75. Manteniamo la nostra impostazione negativa sulla coppia, perché riteniamo che l’AUD continui a essere sopravvalutato, anche le pressioni crescenti sui prezzi del minerale di ferro dovrebbero intensificare le vendite. L’AUD s’imbatterà nel primo supporto a 0,7415 (minimo 16 marzo), mentre al rialzo si osserva una resistenza a 0,7649 (massimo 23 marzo).

L’EUR/USD è sceso ancora, cancellando i guadagni della scorsa settimana, perché i mercati scontano di nuovo un potenziale rialzo del tasso della Fed ad aprile. Tuttavia, a nostro avviso, un rialzo del tasso alla prossima riunione del FOMC è molto improbabile, soprattutto se consideriamo il comunicato inaspettatamente accomodante dell’ultima riunione. La Fed ora è vigile, né i dati, né i mercati finanziari sono favorevoli a un intervento del genere. All’avvio di seduta in Europa, la coppia EUR/USD ha raggiunto quota 1,1150, in calo rispetto all’1,12 di mercoledì. Il giudizio rimane ribassista, con un primo supporto a 1,1144 (38,2% di Fibonacci sul rally d’inizio marzo), seguito da 1,1082 (50% di Fibonacci).

In questo contesto, anche il kiwi ha perso terreno contro l’USD; il surplus commerciale superiore alle attese non ha impedito agli operatori di liquidare i lunghi in NZD.

La bilancia commerciale di febbraio si è attestata a 339 mld di NZD rispetto ai 90 milioni previsti, grazie al forte recupero delle esportazioni, salite a 4,25 mld di NZD rispetto ai 4,01 mld previsti, in rialzo anche rispetto alla cifra rivista di gennaio, pari a 3,89 mld di NZD.

La coppia NZD/USD ha ceduto lo 0,40% a Wellington, in calo a 0,6675 da 0,6722. Come per l’AUD, prevediamo che il kiwi rimarrà oggetto di pressioni a vendere, perché il mercato inizia a scontare di nuovo il tema della divergenza fra le politiche monetarie.

Per quanto riguarda i mercati finanziari, le piazze regionali asiatiche si sono mosse in territorio negative sulla falsariga di Wall Street. A Tokyo, il Nikkei ha ceduto lo 0,64%, mentre il più ampio indice Topix ha perso lo 0,70%. Anche le azioni cinesi sono state oggetto di forti vendite, gli indici compositi di Shanghai e Shenzhen hanno chiuso la seduta in calo rispettivamente dell’1,63% e dell’1,39%. A Hong Kong, l’Hang Seng è scivolato dell’1,41%, mentre l’STI di Singapore è sceso dell’1,15%. In Europa, i future sugli indici azionari puntano a un’apertura in calo perché peggiorano gli umori. Inoltre, gli operatori sono restii a mantenere posizioni consistenti durante il lungo fine settimana pasquale, soprattutto perché venerdì sarà pubblicato il dato sul PIL negli USA.

Oggi gli operatori monitoreranno l’indice GfK sulla fiducia dei consumatori in Germania; la fiducia del settore manifatturiero in Francia; l’IPP in Svezia; gli ordini industriali in Italia; le vendite al dettaglio nel Regno Unito e in Italia; la decisione sul tasso in Turchia (nessuna modifica prevista); le domande iniziali di disoccupazione, gli ordini di beni durevoli e i PMI servizi e composito di Markit negli USA.

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