Le borse asiatiche non sono riuscite a consolidare i guadagni dei giorni precedenti, perché il greggio ha ripreso a scendere.
Gli investitori hanno preferito incassare i profitti in vista del fine-settimana, giacché la propensione al rischio migliora a rilento. I titoli giapponesi hanno fatto registrare le perdite maggiori, il Nikkei e il Topix hanno ceduto rispettivamente l’1,42% e l’1,48%.
Nella Cina continentale, i rendimenti azionari sono stati contrastati, le società tecnologiche hanno guadagnato a Shenzhen, invece il mercato in generale ha limato le perdite. La borsa di Shenzhen ha guadagnato lo 0,49%, Shanghai ha ceduto lo 0,10%. In Europa, i future puntano a un’apertura in ribasso, invece i future sui listini USA si muovono in territorio positivo in vista del tanto atteso rapporto IPC in uscita nel pomeriggio.
L’USD/JPY ha inizialmente esteso le perdite, perché gli investitori hanno preferito gli asset ritenuti rifugi sicuro, ma poi ha rapidamente perso i guadagni d’inizio seduta in scia ai deludenti dati giapponesi. L’indice complessivo sull’attività industriale riferito a dicembre si è contratto dello 0,9% m/m, a fronte del -0,3% previsto, il rilevamento precedente è stato rivisto al ribasso, al -1,1% m/m.
Il dollaro USA ha vissuto una settimana difficile, i verbali del FOMC suggeriscono, infatti, che la Fed sia tornata sui suoi passi rispetto ai quattro rialzi del tasso prospettati inizialmente sull’onda dei timori di una flessione globale.
L’USD/JPY è sceso a 112,71 a Tokyo, per poi rimbalzare a 113,20. Il rischio rimane inclinato al ribasso, l’IPC deludente potrebbe seppellire definitivamente le aspettative di un rialzo del tasso nella prima metà dell’anno.
Le valute legate alle materie prime sono state oggetto di forti pressioni a vendere, perché il petrolio non è riuscito a consolidare i guadagni d’inizio settimana. Il dollaro australiano ha fatto registrare le perdite più consistenti, perché gli investitori sono tornati in modalità di avversione al rischio, acquistando il franco svizzero e lo yen giapponese.
L’AUD/USD è sceso dello 0,77%, raggiungendo quota 0,71 USD. Al ribasso, si può osservare un supporto intorno a 0,70 USD (livello psicologico e minimo precedente) e poi a 0,6828 USD (minimo 15 gennaio). Al rialzo, una forte resistenza giace a 0,7243 (massimo 4 febbraio), seguita da 0,7328 (massimo 31 dicembre).
La coppia NZD/USD non ha avuto la forza di violare al rialzo l’area 0,6640-0,6670. Quest’area di resistenza chiave costituisce il punto di convergenza di vari indicatori (media mobile a 50 e 200 giorni, e limite superiore del canale discendente pluriennale). Una violazione al rialzo di questa regione genererebbe un forte segnale rialzista. Al ribasso, si osserva un supporto chiave a 0,6348 (minimo 20 gennaio).
Oggi gli operatori monitoreranno l’indicatore sulla fiducia dei consumatori in Danimarca; il tasso di disoccupazione in Svezia; le vendite al dettaglio e i prestiti netti del settore pubblico nel Regno Unito; le vendite al dettaglio e il rapporto sull’inflazione in Canada; il rapporto sull’inflazione negli USA; la fiducia dei consumatori nell’Eurozona.