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Pioggia di miliardi sui produttori Usa di chip. Ma per Nvidia può essere un guaio

Pubblicato 10.06.2021, 09:32
Aggiornato 05.03.2021, 16:55

Il Senato Usa ha approvato uno stanziamento da 250 miliardi di dollari a sostegno dell’industria dei semiconduttori, con 52 miliardi destinati alla creazione di nuove fabbriche. Il provvedimento ha irritato le autorità di Pechino, con le quali Nvidia sta negoziando il via libera all’acquisizione di Arm

Stanziati capitali pubblici per costruire 7-10 nuove fabbriche di chip in Usa.

Pioggia di miliardi sul settore Usa dei chip. Martedì 8 giugno il Senato ha approvato con una risoluzione bipartisan uno dei provvedimenti più sostanziosi mai varati a favore dell’industria americana. Lo scopo dichiarato è contrastare la Cina sul piano delle tecnologie, dando alle aziende Usa le risorse per essere sempre più competitive.

Il provvedimento impegna circa 250 miliardi di dollari in fondi per la ricerca scientifica e sussidi ai produttori di chip e ai produttori di semiconduttori ed è la risposta della politica Usa alle difficoltà di approvvigionamento nel settore dei semiconduttori, un tema che ha fatto scattare molti allarmi per il rischio che l’America nei prossimi anni si trovi in una situazione di svantaggio strategico.

Nel dettaglio, il provvedimento assegna 52 miliardi di dollari per sostenere la ricerca nel campo dei semiconduttori e nuove iniziative produttive, attraverso incentivi finanziari per realizzare nuove fabbriche di chip. Secondo la segretaria al Commercio, Gina Raimondo, con quei soldi potrebbero nascere 7-10 nuove fabbriche di chip.

Circa 190 miliardi andranno alla National Science Foundation per sostenere la ricerca tecnologica in vari campi e in particolare nell’intelligenza artificiale.

Biden: “E’ partita la gara per vincere il 21esimo secolo, non possiamo fallire”.

Nell’applaudire al provvedimento, la Semiconductor Industry Association ricorda che la quota americana della capacità globale di produzione di chip è scesa dal 37% del 1990 all’attuale 12%. “Siamo in gara per vincere il 21esimo secolo e il colpo di pistola è stato esploso. Non possiamo rischiare di fallire”, ha detto il presidente Joe Biden.

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Tutta questa grancassa ha molto irritato Pechino che ha commentato la decisione del Senato come il frutto di “una delusione paranoide di volere essere l’unico vincitore”. Fra l’altro, con lo stesso provvedimento Washington ha proibito il download di TikTok su tutti i device di proprietà della pubblica amministrazione americana (e non più solo su quelli militari) e ha deciso di bloccare l’acquisto di droni prodotti e venduti da aziende che hanno il sostegno del governo cinese.

E’ difficile valutare come tutto questo si rifletterà sul futuro di Nvidia (NASDAQ:NVDA), la società americana leader mondiale dei processori grafici, che l’anno scorso ha realizzato oltre il 50% dei suoi ricavi fra Taiwan (27,2%) e la Cina (23,3%). Nvidia opera come produttore di chip fabless, il che vuole dire che non li fabbrica materialmente, ma li progetta e li vende. La produzione è assegnata ad aziende terze che operano come foundry (fonderia) e le principali sono a Taiwan e in Cina.

Annunciata a settembre, l’acquisizione dell’inglese Arm vale 40 miliardi di dollari.

Quindi, avere fonderie vicino a casa, in America, sarà un indubbio vantaggio. Al tempo stesso, però, Nvidia ha tutto da perdere se si irrigidiscono le relazioni fra Usa e Cina. Infatti, poche settimane fa la società di Santa Clara (California) ha avviato l’iter formale per ottenere il via libera delle autorità di Pechino all’acquisizione dell’inglese Arm, un’operazione da 40 miliardi di dollari annunciata lo scorso settembre.

La Cina è un mercato di primaria importanza per Arm, che opera localmente attraverso una joint venture che realizza un fatturato annuo di circa 500 milioni di dollari, una dimensione che dà all’Antitrust cinese la possibilità di bloccare l’acquisizione. Intervistato un mese fa dal Financial Times, il Ceo di Nvidia, Jensen Huang, diceva di essere fiducioso di ottenere l’approvazione anche delle autorità cinesi, con le quali Nvidia aveva già avuto a che fare nel 2019 quando chiese, e ottenne, l’approvazione dell’acquisizione dell’israeliana Mellanox.

Pressione da parte di SMIC e altri produttori cinesi per bloccare l’operazione.

Secondo indiscrezioni, però, i principali produttori di chip della Cina, a partire dal gigante SMIC (Semiconductor Manifactoring International Corporation) e altri come HiSilicon (controllata da Huawei) ed E-Town Capital, stanno facendo pressioni per fare saltare l’acquisizione.

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Senza contare che Arm e il suo partner cinese da anni sono impegnati in un contenzioso legale per cacciare il manager alla guida della joint-venture, Allen Wu, il quale finora ha resistito a tutti i tentativi di disarcionarlo, grazie anche ai suoi ottimi rapporti con alcuni membri del governo della regione di Shenzen, dove ha sede la società. La situazione ha del paradossale, perché nel processo che si terrà fra poco a Shenzen, Wu rappresenta sia Arm (che lo vuole licenziare), sia se stesso.

In tutto questo l’azione Nvidia ha segnato lunedì 7 giugno il suo massimo storico a 704 dollari, con una performance dall’inizio dell’anno di +32%. Il 3 giugno l’assemblea degli azionisti ha approvato lo split azionario, per cui a partire dal 20 luglio i soci riceveranno come dividendo tre nuove azioni Nvidia per ogni vecchia azione posseduta, realizzando così un frazionamento 4x1. Lo split azionario può aumentare l’appeal verso il titolo da parte degli investitori retail che fanno piccoli scambi.

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