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Recessione già inclusa nei prezzi? In parte si, ma volatilità ancora elevata

Pubblicato 28.10.2022, 06:23
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Come era nelle attese, ieri la BCE ha aumentato i tassi di 75 bp. Il tasso principale sale al 2%, il tasso sui depositi all' 1,5% e il tasso sui prestiti marginali al 2,25%. Nel comunicato la BCE preannuncia inoltre ulteriori aumenti, al fine di assicurare il ritorno tempestivo dell'inflazione all'obiettivo del 2% a medio termine. Aumenti che saranno comunque da valutare in base ai dati. Tradotto, significa che il 15 dicembre potrebbe scattare un ulteriore aumento di almeno 25 bp.
 
Nel comunicato il Consiglio ha anche deciso di modificare i termini e le condizioni applicati alla terza serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (TLTRO) modificandone i tassi di interesse applicabili a partire dal 23 novembre 2022, offrendo inoltre alle banche ulteriori date per il rimborso anticipato volontario degli importi. L’obiettivo è quello di ridurre il sostegno alla domanda e svolgere una funzione di protezione contro il rischio di uno spostamento persistente, al rialzo, delle aspettative di inflazione. Last but not least, al fine di allineare maggiormente la remunerazione delle riserve minime detenute dagli enti creditizi con l’Eurosistema alle condizioni del mercato monetario, il Consiglio ha deciso di fissare la remunerazione delle riserve minime al tasso sui depositi presso la BCE.
 
Alla luce del rialzo di ieri e di quello atteso per dicembre, i mercati si interrogano se le attuali previsioni di PIL (3,1% nel 2022, 0,9% nel 2023 e1,9% nel 2024 e dell’inflazione (8,1% nel 2022, 5,5% nel 2023 e 2,3% nel 2024), siano ancora valide oppure verranno per l’ennesima volta riviste al ribasso.
 
Ma si interrogano anche sulle ricadute che i rialzi avranno sugli utili societari dei prossimi anni e soprattutto se il livello attuale degli indici tiene conto della flessione attesa del PIL. La risposta a quest’ultima domanda è quella da un milione di euro. Al momento gli analisti non prevedono una flessione degli utili societari: il tasso medio di crescita atteso degli utili delle 600 società facenti parte dell’indice Eurostoxx per il 2022 è del 13,7%, per il 2023 del 15,8% e per il 2024 del 13,9%.
 
La flessione dei prezzi ha portato l’indicatore PE, calcolato sugli utili 2022, a 15,1x, al disotto della sua media degli ultimi 5 anni, pari 18,5x.


Non particolarmente elevato risulta anche il rapporto EV/Ebitda (9,3x contro una media di 11,1x.


Considerato che i mercati, come abbiamo visto, si aspettavano una crescita dei tassi di 75 bp e si aspettano un ulteriore aumento (due da 25 bp ciascuno o uno da 50 bp), è probabile che abbiano anche stimato la recessione e quindi ne incorporino una buona parte.
 
Questo non significa che i prezzi dai livelli attuali possono solo salire. Chiaramente la volatilità continuerà a farla da padrone con oscillazioni che potrebbero anche essere di forte intensità. Del resto, il percorso da una forte crescita del PIL come quella vista nel 2021, ad una recessione pilotata verso una crescita sostenibile di lungo periodo, il tutto in mezzo ad una guerra ed una pandemia (si perché mica ci ha ancora mollato), non può essere lineare.
 
E’ probabile comunque che la fine degli aumenti non sia lontana, e questo i mercati lo vedono. Ciò che risulta più soggettivo e quindi di difficile lettura, è il premio per il rischio sistematico in grado di generare forti oscillazioni dei prezzi.
 
La strategia da seguire in questi casi è quella bottom up, andando a privilegiare i titoli di quelle società che hanno tre caratteristiche fondamentali: leadership almeno europea nel proprio settore di riferimento, redditività mediamente più elevata rispetto a quella dei competitors e produzione di cassa per sostenere gli investimenti. Nel medio e lungo periodo l’insieme di queste condizioni dovrebbe mettere al riparo il portafoglio dalla volatilità dei prezzi che caratterizza il breve periodo.

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