Il tormentone degli ultimi mesi, legato soprattutto all'evoluzione dell'atteggiamento della Federal Reserve riguardo la politica monetaria, ha come protagonisti i bond e le azioni e l'opportunità di rimanere investiti negli uni, negli altri o in tutti e due.
Il mercato dei bond ha inviato negli ultimi mesi segnali di stanchezza, quello delle azioni indicazioni di forza, quindi chi ha smobilizzato i primi per entrare sui secondi, almeno avendo come riferimento il mercato Usa, ha avuto ragione.
Ed ora, è ancora il momento per agire con questa strategia?
La risposta che dà lo studio dei grafici, a rischio di essere controcorrente rispetto a quella che fornisce lo studio dei dati macro, è che probabilmente, almeno per il momento, potrebbe essere tardi.
Il trend del future sui trentennali del Governo Usa è al rialzo dalla metà del 1985, da quando i prezzi hanno tagliato al rialzo la media mobile a 400 settimane, indicatore che ha saputo fornire in questi quasi 30 anni un sostegno valido in tutti i momenti di indecisione, le ultime occasioni nelle quali ha potuto dimostrare la sua consistenza ad aprile del 2010 ed a febbraio del 2011.
La media mobile a 400 settimane da circa 6 anni viaggia di conserva con la trend line che sostiene il rialzo dai minimi del 1984, passante per quelli del 2007, base del canale che contiene l'andamento del future da allora.
La discesa del T-Bond è stata originata dal testa spalle ribassista disegnato a partire dal top di settembre 2011, completato a maggio di quest'anno con la violazione della linea che unisce i minimi di marzo 2012 con quelli di marzo 2013, figura il cui obiettivo, calcolato in base alla proiezione della ampiezza del testa spalle stesso dal punto di rottura, si colloca in area 125,50, poco al di sopra della media mobile a 400 settimane, passante a 124,50, e poco al di sotto della base del citato canale, a 127,40.
Le quotazioni del T-Bond trentennale sono scese in un anno circa da quota 153,44, record storico, fino in area 132, e potrebbero scendere ancora, nell'area compresa tra i 124,50 ed i 127,40 dollari, ma sprofondare al di sotto di quei livelli significherebbe interrompere una tendenza rialzista trentennale, evento questo per il quale è difficile allo stato attuale delle cose trovare giustificazioni.
I tassi di interesse dovranno salire in futuro, questo è certo, ma il mercato ha iniziato ad includere nell'equazione tale prospettiva ormai da un anno, non si farà quindi cogliere alla sprovvista quando effettivamente la Fed inizierà a drenare la liquidità con la quale ha invaso i mercati.
Che il ribasso dei governativi Usa non abbia più molto spazio a disposizione lo dicono anche gli indicatori tecnici, l'Rsi a 14 settimane è sui minimi dal maggio 2006 e dopo essere sceso in zona di eccesso negativo, in ipervenduto, si è riportato al di sopra della linea di allarme, segnalando un deciso calo della pressione delle vendite.
Ipotizzare il ritorno in area di massimi storici probabilmente non ha molta credibilità, il rischio di un ritorno in recessione per l'economia statunitense a questo punto sembra poter essere escluso e solo quell'eventualità avrebbe il poter di rinfocolare così tanto l'uptrend, tuttavia movimenti nuovamente in area 145 non rappresenterebbero una grossa sorpresa.