Con un +2% nel 2015, il principale indice americano sta tentando di chiudere il suo settimo anno consecutivo in positivo. Una galoppata senza rilevanti soste, che in sette anni ha portato l’indice dal livello di 666 (pane per gli amanti della numerologia) nel 6 marzo del 2009, agli attuali 2100 punti.
Indici USA fortemente influenzati dalle mosse della FED, particolarmente attiva negli ultimi anni. Ricordiamo i 3 programmi di QE, iniziati nel 2008 e terminati nell’ottobre 2014. La politica monetaria rimane espansiva, con tassi ai minimi ormai proprio da 7 anni. Ora a Dicembre nuova riunione FED, con possibilità di un primo ritocco verso l’alto.
SCENARIO ECONOMICO
Se guardiamo ai principali indicatori, appare la potenza economica con il miglior stato di salute. Dosi massicce di liquidità nel tempo, su una struttura industriale che rimane solida ed innovativa, hanno permesso agli USA di togliersi d’impaccio dalle sabbie mobili di una delle più gravi crisi economiche del dopoguerra, culminata con il crack Lehman Brother. Il livello occupazionale è il maggior successo di questa politica, con livelli ritornati ai livelli pre-crisi. Si può discutere della qualità e delle remunerazioni dei nuovi posti di lavoro, ma 5% di disoccupazione è molto vicino a quel livello che si può considerare fisiologico nelle economie di mercato.
(clicca sul grafico per ingrandire)
Ma al di là dei buoni dati occupazionali si comincia a vedere qualche segnale di debolezza su altri indicatori. Il PIL rimane stabile attorno al 2% di crescita senza più mostrare grandi sprazzi, con gli ultimissimi aggiornamenti sotto le attese inficiati dal debole contesto globale. Più deciso il ritracciamento degli indicatori di fiducia, in particolare quello delle imprese, che si è pericolosamente riavvicinato a quel livello di 50, considerato la soglia tra espansione e contrazione. Fiducia consumatori ancora ben vicina ai massimi di periodo, ma con ultime letture in deciso peggioramento.
Nel contesto, da non sottovalutare la forza del dollaro, con il US Dollar Index (dollaro contro la media delle principali valute), in deciso aumento da 3 anni. Un fattore questo che nel tempo può impattare negativamente sui ricavi delle principali aziende, soprattutto quelle global-oriented. I primi segnali sono arrivati con l’attuale giro di trimestrali, arrivato circa a metà strada. Se è vero che il 75% delle aziende ha battuto le stime di utili, solo il 43% ha battuto il meno “manipolabile” e sincero dato delle vendite, in maggioranza sotto le attese.
ANALISI TECNICA MENSILE
Il trend rimane saldamente crescente con i prezzi ad un passo da nuovi massimi storici. Ottobre ha visto un incremento dell’8,3%, migliore incremento mensile da 3 anni a questa parte, che ha riportato in positivo il provvisorio bilancio annuale. Il ritracciamento di agosto non ha, per il momento, scalfito alcun livello rilevante, sebbene si sia avvicinato ai minimi dello scorso ottobre, quel 1826 che mantiene vivo lo scenario rialzista.
Da notare che il ribasso di agosto ha rotto una trendline rialzista “secondaria” ma non quella principale che possiamo far partire proprio dai minimi. Al rialzo non vi sono riferimenti se non la vicina area 2130, i massimi di maggio 2015.
Oscillatori: l’RSI è uscito dal forte ipercomprato, e mostra una chiara divergenza ribassista con l’andamento dell’indice. MACD invece in chiara posizione short, dopo l’incrocio ribassista con la sua media.
Una situazione nel complesso molto dubbia che apre a molteplici scenari sia rialzisti che ribassisti.
Lo scenario a mio avviso più probabile è quello di nuovi massimi storici marginali (fino ad area 2200, circa +5% dai livelli attuali) in divergenza ribassista con l’RSI, cui potrebbe seguire un ritracciamento/ribasso più deciso, che in prima istanza potrebbe dare l’avvio ad un lungo movimento in trading range tra supporti (con area 1850 di nuovo area di acquisto) e resistenze. Solo sopra 2200 quadro negato, e qui impossibile dare ulteriori riferimenti.
SINTESI OPERATIVA
Con la fine del QE e l’imminente rialzo dei tassi, dopo sei anni di continui rialzi il trend è ancora solido ma cominciano ad emergere alcune avvisaglie negative sia per quanto riguarda il contesto macro (PIL, indicatori di fiducia, dollaro) che quello della analisi grafica (divergenze negli oscillatori).
Nuovi massimi sempre possibili, ma decisamente più complicata la strategia buy&hold che ha finora pagato per gli investitori.
Nonostante il forte balzo di ottobre (che sta proseguendo in novembre), a mio avviso ancora più rischi che opportunità per questo indice. Possibile tentare uno short su nuovi massimi (fino a 2200) con stop stretto, mentre acquisti sulla debolezza hanno buon rapporto rischio rendimento in caso di ritorno sui recenti minimi (1850).
Riccardo Zarfati
onehourtrading