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La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 22.11.2017
Il vertice di novembre dell’OPEC si terrà fra poco più di una settimana. La questione più importante sulla quale i membri dell’OPEC discuteranno è quella del prolungamento o meno dell’accordo sui tagli oltre la scadenza di marzo 2018.
Al momento, la maggior parte dei membri dell’OPEC si è espressa a favore di un prolungamento dei tagli. Tra i paesi a favore, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar. L’Iraq, il secondo produttore di petrolio dell’OPEC, ha accettato di prolungare i tagli e anche l’Iran sembra essere d’accordo. Persino l’Ecuador ha deciso di supportare un prolungamento dei tagli, nonostante ad ottobre avesse dichiarato di volere ottenere un’esenzione, o addirittura di voler lasciare il cartello.
Dando quasi per certo l’accordo tra i paesi OPEC, il vero problema che può ripercuotersi sui prezzi è il rispetto dell’accordo stesso. Abbiamo visto come i membri dell’OPEC hanno aderito formalmente all’accordo ma spesso non hanno rispettato superando le quote di produzione.
Infatti, gli Emirati Arabi Uniti, uno dei principali sostenitori dell’accordo, ha superato le proprie quote di produzione quest’anno di una media di 5.000 barili al giorno (secondo i dati di S&P Global Platts). Altri produttori OPEC hanno superato le quote di produzione con margini ancora maggiori.
L’Iraq è il paese che ha meno rispettato l’accordo, con una sovrapproduzione di circa 83.000 barili al giorno. Gabon, Ecuador e Algeria insieme hanno superato le quote di produzione di circa 14.000 barili al giorno. Anche se questi paesi dovessero accettare di mandare avanti l’accordo sui tagli alla produzione, non c’è alcuna garanzia che lo rispetteranno.
I produttori più piccoli come l’Ecuador, ad esempio, si dicono a favore dell’accordo durante il vertice OPEC, ma poi aumentano la produzione per far aumentare anche profitti. La possibilità di una sovrapproduzione probabilmente aumenterà se i prezzi del petrolio scenderanno dai recenti massimi intorno ai 60 dollari per il Brent e circa 55 per il WTI.
Il rispetto dell’accordo sembra migliore di quello che effettivamente è perché alcuni produttori (soprattutto Arabia Saudita e Venezuela) hanno ridotto la propria produzione più di quanto richiesto dalle proprie quote. L’Arabia Saudita ha preso una decisione cosciente di tagliare la propria produzione più del dovuto, forse per compensare la sovrapproduzione di altri paesi. Il Venezuela invece, semplicemente non ce la fa a produrre di più. Infine, l’Iran ha difficoltà a mantenere il passo raggiunto immediatamente dopo la fine delle sanzioni. Nonostante la propria esenzione speciale per l’accordo, l’Iran ha prodotto circa 9.000 barili di petrolio in meno rispetto alla propria quota.
All’Iraq è andata bene: la produzione minore degli altri produttori ha compensato in qualche modo la propria sovrapproduzione, che avrebbe potuto avere un impatto significativo sull’accordo. Forse nel tentativo di mostrare la propria buona fede prima del vertice di novembre, l’Iraq ha ridotto la produzione del mese di ottobre da 4,5 milioni di barili al giorno 4,38 milioni di barili al giorno. Tuttavia, nonostante questa riduzione, l’Iraq sta producendo 70.000 barili di petrolio al giorno al di sopra della propria quota.
Probabilmente l’OPEC mostrerà gli effetti favolosi dell’accordo sui tagli alla produzione durante il vertice del 30 novembre. Dopotutto, il Brent è salito sopra i 60 dollari al barile. Ma gli operatori dei mercati attendono di sentire il giudizio dall’OPEC sull’operato dei propri membri.
Nota dell’Autrice: Sarò in diretta durante il vertice OPEC, con gli eventi che inizieranno il 29 novembre ed il vertice il 30 novembre. Non dimenticate di seguirmi su Twitter su @EnergzdEconomy per aggiornamenti in tempo reale.
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