Non ci può essere libertà se non c'è libertà economica (M. Thatcher).
Vendite al dettaglio UK MoM di ottobre in arrivo oggi alle 8:00 (stima 0,3% contro -0,9% di settembre). Inflazione dell’Europa YoY di ottobre in uscita oggi alle 11:00 (stima 2,9% contro 4,3% di settembre).
Ieri le richieste settimanali USA di sussidi alla disoccupazione sono risultate più elevate rispetto alle attese (231k contro 220k attese e 218k della scorsa settimana). La produzione industriale USA MoM di ottobre è pure risultata peggiore rispetto alle attese (-0,6% contro -0,3% stimato e +0,1% di settembre). Meglio delle aspettative è invece risultato il PhillyFed di novembre (-5,9 punti contro -9 atteso e di ottobre). Tutti i dati evidenziano ancora una volta la fase di rallentamento dell’economia, in linea con quanto - crediamo - voluto dalla FED.
I mercati hanno mostrato di apprezzare i dati di inflazione USA YoY di ottobre in ulteriore flessione, vista la reazione positiva del Dow Jones Industrial Average (DJI) e del Nasdaq Composite (COMP), saliti ai livelli più alti degli ultimi tre mesi. La convinzione degli investitori che l’inflazione stia scendendo abbastanza da prevenire eventuali ulteriori aumenti dei tassi da parte della FED, si è inoltre rafforzata a seguito del dato di PPI, misura della variazione dei prezzi all’ingrosso, scesi dello 0,5% contro un’attesa positiva dello 0,1%.
Salvo qualche sorpresa al rialzo nei dati sull'inflazione, è probabile che la FED consideri favorevolmente i recenti dati sull'inflazione e che non abbia necessità di aggiustare nuovamente i tassi. Almeno per ora.
I dati PPI di mercoledì sono stati gli ultimi di una lunga serie di segnali che mostrano che l'inflazione è scesa drasticamente rispetto ai massimi della scorsa estate. In risposta, gli investitori nutrono sempre più la speranza che, invece di dover aumentare nuovamente i tassi, la FED possa presto ridurli. Il calo del PPI di ottobre è stato in parte determinato dal calo dei prezzi della benzina, grazie a una forte svendita del petrolio greggio. Il calo dello 0,5% di ottobre è stato il calo mensile più importante da aprile 2020, quando ancora la pandemia stava strangolando la domanda. Anno su anno, il PPI complessivo è aumentato solo dell’1,3% in ottobre, variazione in calo rispetto all’aumento annuo del 2,2% di settembre. Il PPI core è cresciuto del 2,9% rispetto all’anno precedente, contro un aumento del 3% a settembre.
Gli altri dati hanno aggiunto qualche sfumatura al quadro economico. Il Census Bureau ha riferito che le vendite al dettaglio sono diminuite dello 0,1% in ottobre, anche se gli analisti si aspettavano un calo molto maggiore e pari allo 0,3%, visti i risultati inaspettatamente forti riportati per settembre. In effetti, il governo ha addirittura rivisto al rialzo il dato di settembre, portandolo ad un aumento dello 0,9%, rispetto all'aumento dello 0,7% riportato in precedenza. Nonostante l’apparente forza delle vendite, gli investitori sembrano unanimi nel ritenere che ulteriori rialzi dei tassi da parte della FED potrebbero essere fuori discussione.
Ieri i trader di futures vedevano una probabilità del 100% che il Federal Open Market Committee (FOMC) manterrà invariato il tasso di riferimento dei fondi dopo la riunione del 12-13 dicembre. Inoltre, il mercato vede anche una probabilità del 58% che la FED possa tagliare i tassi di un quarto di punto o più a maggio 2024.
Crediamo tuttavia che le aspettative del mercato riguardo al taglio dei tassi potrebbero essere un po’ premature. Non vediamo infatti una FED che tagli i trassi prima dell’estate. Del resto, la narrazione di tassi più elevati più a lungo non è ancora cambiata. Sebbene i numeri CPI e PPI continuino a riflettere una disinflazione, non significa che sosteniamo l'idea che tagli aggressivi sono proprio dietro l'angolo. Sicuramente alla base del messaggio della FED “più alto per più tempo” c'è l’assicurazione che i tassi reali rimangano in territorio restrittivo.
La domanda da un milione di dollari rimane sempre quella: la missione della FED può dirsi compita? Dal nostro punto di vista la risposta è positiva e riteniamo che la FED abbia ormai concluso il suo percorso rialzi dei tassi.
Che significa questo per i mercati? Se guardiamo alla storia, rileviamo come i mercati obbligazionari e azionari tendono a fare bene quando i tassi ufficiali si stabilizzano e ancora meglio quando scendono.
Al momento il mix di crescita/inflazione appare favorevole per i mercati. Il 2022 e buona parte del 2023 sono stati anni di grande sfida per gli investitori. Anni caratterizzati da un rallentamento della crescita economia e dall’elevata inflazione. A partire dalla tarda primavera di quest’anno, il graduale venir meno dei timori di recessione ha creato un ambiente maggiormente propenso al rischio e di supporto per i titoli ciclici, spingendo al contempo al ribasso l’USD a causa della minore domanda di rifugio sicuro. Ad agosto invece, i mercati hanno cominciato a preoccuparsi che i forti dati economici avrebbero spinto la FED a ritardare i tagli (come di fatto sta avvenendo).
Come muoversi quindi sui mercati nei prossimi mesi? Riteniamo che ci possano essere almeno tre considerazioni da fare:
· bloccare i rendimenti obbligazionari di credito di qualità di media durata e ridurre la parte di liquidità;
· diversificare il portafoglio per affrontare le preoccupazioni intorno alla corsa alle valutazioni, soprattutto dell’IT/AI. Ancora una volta è meglio concentrarsi su titoli di qualità;
· gestire i rischi attraverso asset non correlati tra di loro per volatilità, visto che comunque permangono alcune incertezze economiche importanti.
Inoltre, siamo convinti che con il grande ritmo che si muove alle nostre spalle potrebbe essere conveniente iniziare a concentrarsi anche sulle differenze tra i grandi blocchi economici. Su questo fronte, l’economia USA sta registrando una crescita più resiliente e un’inflazione meno vischiosa rispetto all’Europa. Questo dovrebbe consentire alla FED di tagliare i tassi a partire dal terzo trimestre 2024, mentre i tassi dovrebbero restare elevati e invariati in Europa per tutto il 2024 (a meno di una forte recessione). Questo supporterebbe un sovrappeso sulle azioni USA e un sottopeso per l'Eurozona.