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Troppa euforia dopo troppo pessimismo?

Pubblicato 09.11.2018, 09:25
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Venerdì 9 Novembre

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 Post Mid-term. Se l’esito elettorale non ha prodotto particolare sorprese, almeno in parte può essere considerato sorprendente l’entusiasmo con cui il mercato ne ha salutato l’esito. L’analisi e la ricostruzione ex-post delle dinamiche di causa-.effetto è ovviamente un attività non sempre utile a chi si assume rischi mercato. In ogni caso proviamo ad isolare qualche fattore che è probabile abbiano catalizzato l’ottimismo degli investitori dopo qualche settimana davvero buia: a) la rimozione del tail-risk: Red Wall o Blue Wave, pur con il loro mix di effetti attesi, avrebbero rappresentato una maggiore incognita rispetto a un ormai somatizzato ‘gridlock’ politico; b) Trump indebolito al margine (forse) viene percepito come potenzialmente più disposto al compromesso nel conflitto con la Cina; c) idem su una eventuale disponibilità a collaborare con i democratici (vedasi le reciproche dichiarazioni di ‘facciata’ con Nancy Pelosi) su una spinta infrastrutturale a trazione bipartisan; d) l’indulgere della stampa finanziaria su come il periodo successivo ad elezioni di metà mandato produca infallibilmente ritorni positivi sui mercati azionari; e) la rottura di livelli che oggettivamente si possono considerare pivotali (i.e. area 2775 per S&P 500) nel riportare una psicologia da ‘bicchiere mezzo pieno’ dopo un mese di depressi ‘animal spirits’. Tutto ovviamente logico ex-post. Dal mio punto di vista molti di questi fattori richiedono una conferma alla luce degli eventi nelle prossime settimane e non possono essere dati per scontati. In particolare paiono elevate le probabilità che il clima politico a Washington peggiori anziché migliorare. La commissione Mueller tornerà al centro dell’attenzione molto presto e l’attacco Trump risulterà rinvigorito da una Camera in mani repubblicane (Why Democrats Must Impeach the President. They won the House by promising to hold Trump accountable - NYT Op/ed). La combattività del Presidente nella conferenza stampa di mercoledì sera, così come il siluramento del ministro della giustizia Jeff Session (rimpiazzato ad interim da Matthew Whitaker, molto critico in passato rispetto all’operato di Mueller e che, proprio per questo, secondo molti dovrebbe ora ricusarsi), sono indizi di una Casa Bianca disposta ad alzare la posta verso un potenziale conflitto costituzionale. Restate sintonizzati.
 I livelli da tenere d’occhio sull’S&P 500. Avevamo individuato l’area 2770 (media 200 giorni e ritracciamento 50% delle perdite di ottobre) come resistenza importante. L’entusiasmo a valle delle elezioni ha permesso al mercato di violare con facilità (quasi saltare) questi livelli. Con precisione però è ora la media mobile a 100 giorni (che già aveva contenuto il primo rimbalzo di metà ottobre), insieme al successivo livello di Fibonacci (61.8% della discesa), ad aver fermato il progredire del robusto rimbalzo. Dovrebbe esserci spazio per rifiatare tornando in area media 200 (circa il 2% sotto livelli attuali). L’ipotesi che il peggio sia alle spalle e che l’atteso rally di fine anno ci possa portare, se non sopra, almeno in prossimità dei massimi di settembre/inizio ottobre sembra essere diventata la più gettonata tra analisti e investitori. Il che mi spinge a continuare a consigliare cautela.

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 Italia. Il confronto tra Commissione europea e governo italiano continua e la tensione non accenna a diminuire. Ieri la frustrazione di Bruxelles sull’impianto del budget 2019 ha avuto una declinazione quantitativa e le accuse di ipotesi macroeconomiche troppo ottimistiche, che da tempo vengono avanzate all’Italia, si sono esplicitate in uno studio che ha formalizzato proiezioni significativamente diverse: una crescita 2019 all1.2% (per il governo sarà 1.5%) avrà come conseguenze un sforamento dell’obiettivo di deficit fino al 2.9% (2.4%) che diventerà 3.1% nel 2020. Un corollario rilevante risulta l’incapacità del rapporto debito/GDP di scendere, rimanendo fisso a quota 131% nei prossimi anni. (RTRS - EU COMMISSION SEES HEADLINE ITALIAN BUDGET DEFICIT AT 1.9 PCT/GDP IN 2018, 2.9 PCT/GDP IN 2019, 3.1 PCT/GDP IN 2020 // ITALIAN GDP GROWTH AT 1.1 PCT IN 2018, 1.2 PCT IN 2019, 1.3 PCT IN 2020 // ITALIAN STRUCTURAL BUDGET DEFICIT AT 1.8 PCT/GDP IN 2018, 3.0 PCT/GDP IN 2019, 3.5 PCT/GDP IN 2020 // ITALIAN PUBLIC DEBT AT 131.1 PCT/GDP IN 2018, 131.0 PCT/GDP IN 2019, 131.1 PCT/GDP IN 2020 // ITALIAN PRIMARY SURPLUS FORECAST FOR 2018 TO 1.7 PCT/GDP FROM 1.9 PCT, TO 1.0 PCT/GDP IN 2019 FROM 1.7 PCT, SEES 0.8 PCT/GDP IN 2020). Il ministro Tria ha commentato che queste previsioni sono basate su informazioni parziali che ancora non hanno percepito le chiarificazioni recentemente fornite dal governo, ribadendo che l’Italia è fortemente impegnata a rispettare il limite di 2.4% per il 2019. Il rischio dell’avvio di una procedura Excessive Deficit resta elevato (con tempi che si potrebbero accorciare concentrandosi sulla mancata discesa del debito/GDP rispetto a focalizzarsi sul non rispetto delle regole sul deficit) ed è forse preoccupante, quantunque presumibilmente un atteggiamento di spavalderia negoziale, che fonti governative stiano tentando di derubricare questo rischio affermando che l’Europa avrebbe più da perdere dell’Italia dall’avvio di una simile procedura e che l’avanzata dei partiti attualmente al governo nelle elezioni europee di maggio aiuterà a evitare eventuali sanzioni. Oggi Tria incontrerà a Roma il capo dell’Eurogruppo (consesso dei ministri delle finanze dell’Eurozona), il portoghese Mario Centeno, ormai in vista della scadenza del 13 novembre, entro cui il governo italiano dovrà formalmente redigere un nuovo budget. Tutto sommato limitato l’impatto di mercato con un moderato allargamento dello spread (10Y) di 5bp (294bp).

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 Brexit. Le headlines continuano ad essere confuse e conflittuali tra la possibilità di un’accelerazione verso un accordo in tempi brevi e dichiarazioni che tendono a calmierare gli entusiasmi che un deal sia già messo in ghiaccio. La price action su sterlina e Gilt appare comunque fiduciosa che la complessità stessa della materia concederà una via di uscita più o meno cervellotica ma funzionale alla sempre spinosa questione irlandese. Una fiducia che tutto sommato mi sembra ragionevole anche se faccio fatica a vedere ulteriori rafforzamenti della GBP dai livelli attuali. La questione più complicata resta indubbiamente quella di far digerire l’accordo al Parlamento inglese. Per riuscire è necessario che l’Europa lo metta i legislatori di Londra davanti ad un out-out che l’accordo trovato con Theresa May sarà l’unico possibile, esplicitamente escludendo estensioni per concedere spazio a evoluzioni elettorali (elezioni anticipate e/o un nuovo referendum). Questo percorso, che resta la mia ipotesi base, dovrebbe portare ad evitare la temuta hard Brexit ma difficilmente potrà avvenire in maniera indolore senza qualche drammatico confronto che porti I negoziatori e/o Westminster sull’orlo del precipizio prima di imboccare il sentiero della salvezza. Per questo credo ci saranno nelle prossime settimane livelli migliori a cui poter acquistare sterline. Ieri il Times (poi corroborato da altre fonti) ha pubblicato la probabile agenda dei prossimi giorni secondo le solite ‘persone informate dei fatti’:
 Lunedì: riunione del governo May.
 Martedì mattina: incontro Raab (Brexit minister) – Barnier.
 Martedì pomeriggio: pubblicazione dell’accordo di uscita e della dichiarazione programmatica sull’assetto futuro.
 Martedì pomeriggio: conferma della data probabile per il Consiglio Europeo ad-hoc sulla Brexit. (EU SUMMIT LIKELY NOV 23-24-25, TIMES REPORTER SAYS).
 Mercoledì mattina: discorso di Theresa May al Parlamento
 Il voto dei deputati inglesi potrebbe arrivare già il 29 novembre o, più probabilmente, la prima settimana di dicembre.

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 Valute emergenti. Dopo settimane di chiara sovra-performance rispetto alle altre asset class rischiose (equity in particolare) torna ad udirsi qualche scricchiolio. Come sempre sono anche e soprattutto fattori idiosincratici a spostare gli equilibri. Ieri è stato il turno di Messico e Russia. Messico: una proposta di legge di un prominente senatore di MORENA (partito del neo-presidente AMLO) ha provocato una nuova (dopo quella innescata dal referendum sul nuovo aeroporto) ondata di vendite si MXN (-1.5% ieri, siamo ora a circa 1% dai minimi di settimana scorsa). La proposta vorrebbe eliminare la capacità degli istituti finanziari di caricare qualsiasi tipo di commissione bancaria. Secondo la stampa locale i ricavi commissionali sarebbero circa il 30% della top line del settore (5.5 bio USD). Anche se è improbabile che una proposta simile passi senza essere ammorbidita, tiene alta la percezione di una deriva populista non solo in campagna elettorale ma anche nella concreta gestione della politica economica e industriale di questo nuovo corso-Obrador. https://www.reuters.com/article/mexico-banks/mexico-stocks-plunge-on-ruling-party-bank-commissions-plan-idUSL2N1XJ0OH. Russia: il Dipartimento di Stato Americano ha varato nuove sanzioni (9 entità e 3 persone fisiche) relative alla situazione pregressa in Ucraina e Crimea. Questa introduzione non era attesa nel riaprire un fronte diverso rispetto a quelli attuali (affare Skripal, i.e. Chemical and Biological Weapons Act e ingerenza nelle elezioni, i.e. Deter Act). https://sputniknews.com/world/201811081069636347-us-sanctions-crimea/.

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 FOMC. Quello di ieri sera è stato uno dei comitati meno attesi e meno commentati degli ultimi tempi. Comunicato fotocopia di quello di settembre con l’unica modifica nell’aver preso atto che l’investimenti aziendali hanno visto ridotto il propri ritmi di crescita. L’unica sorpresa è stata probabilmente la mancanza di un commento differenziale sul rallentamento nel settore edilizio, apparso evidente nelle ultime rilevazioni (calo dei volume di transazioni, dei permessi abitativi, di alcune misure dei prezzi, il tutto condito da un livello dei tassi fissi sui mutui a 30Y che è ai massimi dal 2011). La reazione del mercato è stata, al margine, quella di accettazione di una Fed determinata a continuare una normalizzazione verso livelli neutrali di politica monetaria: dollaro moderatamente più forte e curva in modesto bear flattening (con livelli di rendimento praticamente ai massimi dell’anno sulla maggior parte dei tenori), tendenze che si erano comunque già avviate nel corso della sessione.

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Davvero minime le differenze nel testo del comunicato…

 La sessione notturna, con gli indici asiatici in difficoltà, ‘apparecchia’ per un test importante dei mercati occidentali dopo l’euforia post elettorale. Tassi US ai massimi e dollaro tornato a rafforzarsi, che siano o meno un sottoprodotto di una Fed che continua per la sua strada (a maggior ragione con Wall Street in recupero/stabilizzazione), non sembrano essere particolarmente graditi dalle piazze del Pacifico: Nikkei -1.1%, Hang Seng -2.4%, Shanghai Composite -1.3% (fatica a tenere il supporto a quota 2600), con il contorno di uno yuan nuovamente in calo verso i minimi recenti. Per gli effetti sul future dell’S&P 500 ci sono ma limitati (2798). Buona giornata.

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