“Si stava meglio quando si stava peggio” avrebbe detto mio nonno. Quando ho iniziato questo lavoro, 20 anni fa, era tutto differente. Al centro del mercato c’erano le persone, i loro pensieri, le loro emozioni. Da soli pochi anni la borsa in italia era diventata elettronica, i vecchi trader alle grida non erano a loro agio a lavorare con i PC… se gridavano… nessuno li ascoltava!
L’attività di gestione era svolta dai gestori che si vantavano di “saper leggere i bilanci”. Erano visti come dei guru in grado di poter scegliere il miglior titolo all’interno di ciascun settore grazie alla lettura attenta delle trimestrali e delle relazioni ai bilanci.
Ma poi, nel tempo, tutto è cambiato. Sono arrivate le “gestioni passive”, sono stati introdotti gli “ETF” e l’uso della matematica, degli algoritmi, dei modelli statistici di elaborazione di dati è diventato sempre piu’ diffuso.
Le persone, le loro emozioni i loro pensieri hanno finito per contare sempre meno.
Il senso di questa riflessione va oltre la nostalgia del momento. Essa evidenzia un cambio del driver dei mercati e dell’approccio che dobbiamo seguire ogni giorno. In un mercato guidato da persone era importante comprendere come ragionavano le persone, come leggevano i dati macro e le interpretazioni che essi o i media davano alle varie notizie. 10 anni fa era molto importante guardare la CNBC, da essa si captavano notizie, emozioni, sentiment e driver.
Ora non è più cosi. Sono le macchine a decidere. Le macchine non hanno emozioni, non guardano la CNBC, non scambiano opinioni con altre macchine. Esse si limitano a leggere i dati e le notizie e ad applicare in modo freddo l’algoritmo con cui sono gestite.
E cosi’ diventa indispensabile comprendere quali sono i driver delle macchine per poter capire quali siano i driver dei mercati. Allo stesso tempo, è necessario ammettere che alcuni indicatori che guardavamo anni fa ormai non hanno piu’ lo stesso significato.
E poi c’e’ la questione delle gestioni passive, degli ETF, strumento che per sua natura appiattisce i mercati, riduce l’efficacia delle stock picking e fa “di tutta l’ erba un fascio”. Quanto piu’ l’uso degli ETF diventa diffuso, tanto piu’ la salita o la discesa dei titoli dipende sempre piu’ dalla loro appartenenza o meno ad un ETF chiave e soprattutto dal peso che gli stessi titoli hanno nel basket. Allo stesso tempo, titoli che non fanno parte dei basket continuano a sottoperformare perche’, per loro natura, attraggono fisiologicamente meno flussi: perdono tutti i flussi delle gestioni passive.
E cosi, negli ultimi anni, l’uso indiscriminato degli ETF (i cui Asset Under Management superano ormai quelli delle gestioni attive!) e degli algoritmi hanno creato un vero e proprio mostro finanziario. Tale mostro e’ la ragione dei rialzi degli ultimi anni, ma ricordiamolo, sara’ anche la ragione dei ribassi quando questi avverranno.
Ve lo segnalo. La situazione e’ preoccupante. Siamo di fronte ad un mercato azionario americano “overcrowded”, ultra-concentrato ed in mano alle macchine. Questo e’ positivo finche’ gli input che ricevono le macchine sono positivi. Esso diventa un boomerang quando alle macchine arriva il segnale SELL. La differenza tra una macchina ed una persona e’ che la persona prima di vendere riflette, la macchina NO. Teniamone conto.
Dicevo, che il mercato e’ overcrowded, cioe’ sono tutti sovra esposti. Ce lo dice chiaramente un report di Deutche Bank che mostra chiaramente che solo nel 4% dei casi statistici della storia il posizionamento in azioni e’ stato piu’ estremo di quello attuale. Detto diversamente, il mercato e’ ultra-esposto sulle azioni rispetto alle altre asset class.

L’analisi di Deutsche Bank pone anche in evidenza che ad essere maggiormente esposte sono le strategie sistematiche, cioe’ le strategie che seguono il volere delle macchine. Sono loro a spingere sempre piu’ i mercati al rialzo, sono loro quelle che comprano sempre di piu’.

E cosi’, in tale contesto, caratterizzato dalla supremazia delle macchine sull’uomo, indicatori come il “bullish sentiment” non assumono piu’ lo stesso significato e non hanno piu’ lo stesso impatto. Storicamente, quando in base ai sondaggi si riscontrava un elevata bullishsness tra gli operatori, i rischi di storno erano elevati. Viceversa, essi erano bassi quando la bullishness non raggiungeva livelli di picco. Ai giorni d’oggi, data l’elevata presenza di macchine e di algoritmi possiamo trovarci di fronte ad un mercato a rischio storno pur in presenza di un indicatore di bullishness a livello intermedio (vedi grafico) proprio perche’ ad essere ultra bullish non sono piu’ le persone, ma le macchine.

Abbiamo sopra evidenziato che il mercato azionario USA non e’ solamente ultra-esposto alle azioni ma anche ultra concentrato. Le statistiche sono allarmanti.
La performance dello S&P500 e’ di fatto in mano ad una manciata di titoli. Il 18% della market cap dello S&P500, e’ rappresentata da 5 titoli. Vale a dire l’1% dell’indice spiega la performance del 18% dello stesso. E’ una pazzia. Cio’ fa si che se vuoi essere “lungo USA” DEVI per forza comprare i 5 titoli piu’ capitalizzati. Non puoi decidere di non farlo. E viceversa. Se vuoi uscire dall’esposizione al mercato USA, devi vendere questi cinque titoli. Stesso ragionamento si puo’ fare per gli altri titoli che pesano molto sull’indice in questione.
Ed eccoli qua i “big five” dello S&P500 tratti da un articolo della CNBC di questa mattina.

Tra questi, Apple e Microsoft spiegano, da soli, il 15% del rialzo dello S&P500 nel 2019. Il 15%!

Stesso pattern vale per il Russel 1000 in cui le prime 10 societa’ pesano per il 21% della market cap dell’indice.
Dalle statistiche evidenziate possiamo riassumere che:
- Il mercato e’ ultra esposto in azioni
- Il mercato e’ dominato dalle macchine e dalle strategie sistematiche
- Le strategie sistematiche comprano “sistematicamente” sempre gli stessi titoli.
- L’uso sempre piu’ diffuso degli ETF fa si che i titoli che pesano di piu’ siano quelli ad essere piu’ comprati e tendano a sovraperformare il mercato, portando le strategie sistematiche ad acquistare sempre piu’ questi titoli proprio perche’ leader in performance!
A questo punto dobbiamo chiederci che cosa ferma questo meccanismo infernale.
In questo ci e’ di aiuto un analisi di Goldman Sachs che dimostra che sono le relazioni statistiche a muovere i mercati, a far scattare il segnale SELL per le macchine.
Dimentichiamoci quindi gli indicatori di bullishness guidati dal sentiment degli operatori e cerchiamo di capire cosa “guardano” le macchine.
Ebbene, sono i movimenti “repentini” e statisticamente significanti che fanno scattare i segnali SELL. Tra questi, quello piu’ importante al momento e’ un aumento repentino e ampio dei tassi di interesse. Usando termini statistici, a far spingere il pulsante SELL agli algoritmi e’ un aumento di oltre due standard deviation dei tassi di interesse dei Treasury a 10 anni.

Attualmente due standard deviation sono pari a 34 bps, pochissimo.
E allora dobbiamo chiederci quando un tale evento possa accadere. Potremmo assistere ad un aumento repentino dei tassi della curva USA in un contesto in cui il mercato inizi a scontare un importante ripresa macro ed un irripidimento della curva dei rendimenti. Si verificherebbe quindi un paradosso che porterebbe i mercati azionari a scendere proprio perche’ si sconta una ripresa macro. Ma ormai si sa… quando a ragionare sono le macchine, noi siamo solo passivi spettatori.
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