ROMA (Reuters) - Con le previsioni di una uscita dell'Italia dalla recessione da quest'anno, inizierà anche a calare l'incidenza delle nuove sofferenze sui crediti che le banche erogano alle imprese, scendendo fino al 3% previsto nel 2016 dall'attuale picco del 3,7%.
Lo stima uno studio condotto da Abi e Cerved che analizza anche la differente incidenza di ingresso in sofferenza sul numero totale dei crediti, in relazione alla dimensione delle imprese, evidenziando una maggiore rischiosità associata a imprese di dimensioni minori, maggiormente colpite dalla recessione.
La ripresa aiuterà a ridurre in parte queste differenze tra i dati legate alle dimensioni d'impresa, ma anche ai diversi settori di attività e alle posizioni geografiche nel Paese.
"L'analisi prevede che per il complesso delle società non finanziarie italiane i tassi di ingresso in sofferenza si ridurranno al 3,4% nel 2015 e al 3% nel 2016", si legge in una sintesi del rapporto.
Le sofferenze rappresentano il maggior problema delle banche italiane con uno stock che per le sole imprese è salito dai 26 miliardi del 2008 ad oltre 131 miliardi del 2014.
"Il 3% è un dato ancora molto importante ed elevato nei confronti sia dei livelli pre-crisi che di periodi medio lunghi", ha spiegato Vincenzo Chiorazzo, responsabile delle analisi Economiche dell'Abi che ha presentato il rapporto con Guido Romano, a capo dell'ufficio studi del Cerved. La media dal 1990 dei tassi di ingresso in sofferenza, ha ricordato Chiorazzo, è del 2,3-2,4%.
Il governo e la Banca d'Italia stanno studiando soluzioni di sistema, soprattutto per gli istituti che non hanno ancora avviato iniziative al loro interno, che permettano alle banche di far emergere e far uscire dai loro bilanci i crediti deteriorati.
Il miglioramento stimato, indica lo studio, riguarderà tutte le fasce dimensionali, ma nel 2016 il differenziale di rischio tra società minori e società di dimensione maggiore resterà significativamente superiore a quello pre-crisi.
Il flusso di nuove sofferenze delle imprese indica che questo stock, che si muove statisticamente in ritardo rispetto al ciclo economico, non è destinato a ridursi nei prossimi mesi.
"A settembre del 2014 l'incidenza sui crediti in bonis è infatti rimasta su livelli storicamente elevati, quadrupli rispetto a quelli osservati prima dell'inizio della crisi", osserva il rapporto.
(Stefano Bernabei)