I prezzi del petrolio hanno seguito una traiettoria discendente, nonostante giovedì 19 settembre abbiano ottenuto un certo sostegno in seguito alla decisione della Federal Reserve statunitense di tagliare di mezzo punto il tasso di interesse di riferimento. Analisti ed economisti monitorano le crescenti tensioni in Medio Oriente, che potrebbero avere un impatto sull'offerta.
Al momento in cui scriviamo il Brent è in rialzo dell'1,2% a 74 dollari (66 euro) al barile, mentre il WTI statunitense è in rialzo dell'1,2% a circa 71 dollari (63 euro) al barile. Entrambi i benchmark, però, sono scesi di circa il 13% nel terzo trimestre.
L'analista energetico Yousef Alshammari ha dichiarato che ci sono diversi fattori che influenzano i mercati petroliferi, ma ha detto che è improbabile che l'Europa veda lo shock dei prezzi registrato nel 2022 dopo l'inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, poiché ora ci sono più fornitori sul mercato.
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Alshammari ha anche condiviso le sue riflessioni su quello che l'Europa deve fare per essere più competitiva mentre continua a lottare con i prezzi elevati dell'energia. "La sfida energetica non è nuova per l'Europa, ma sono stati fissati obiettivi climatici troppo ambiziosi - dice Alshammari -. Credo che questo abbia determinato la destinazione degli investimenti in Europa. Credo che l'Europa debba innanzitutto fissare obiettivi realistici per la transizione energetica.
"Dobbiamo anche investire nella sicurezza dell'energia - ha detto Alshammari a Euronews Business -. Mi riferisco al gas e al nucleare. Senza gas naturale e nucleare, credo che la sicurezza energetica in Europa continuerà ad essere volatile. Che si tratti di dipendenza dalla Russia o di fluttuazioni del prezzo del petrolio".
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