Investing.com - I futures del petrolio greggio sono saliti dell’1% venerdì, con la propensione al rischio migliorata dalle speranze che l’accordo sulla Grecia sia vicino ed in seguito ai dati economici tedeschi incoraggianti.
Venerdì, sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a gennaio sono stati scambiati a 88,28 dollari al barile, in salita dell’1%. I prezzi avevano precedentemente toccato il massimo della seduta di 88,52 dollari al barile, il massimo dal 20 novembre.
Sulla settimana i futures del greggio di New York hanno segnato +1,3%, il terzo aumento settimanale consecutivo.
I volumi restano ridotti con il mecati statunitensi che restano chiusi per il week end del Ringraziamento.
Il sentimento è migliorato dopo che il Ministro delle Finanze greco ha dichiarato che il Fondo Monetario Internazionale ha allentato il target di riduzione del debito del paese, indicando che i creditori sono vicini ad un accordo per il pagamento della tranche di aiuti di vitale importanza.
Tuttavia, altre fonti coinvolte nei dialoghi hanno indicato che il gap è molto più grande di quanto la Grecia abbia indicato.
I dialoghi tra i ministri delle finanze della zona euro e il Fondo Monetario Internazionale si sono conclusi senza trovare un accordo su come ridurre il debito della Grecia a livelli sostenibili.
La fiducia degli investitori è aumentata inoltre dopo che l’Istituto di Ricerca Economica ha dichiarato che l’indice della fiducia delle imprese è migliorato al 101,4 a novembre, superando le aspettative di un calo a 99,5.
Le notizie giungono un giorno dopo rispetto al report che ha mostrato che l’attività manifatturiera in Cina per la prima volta dopo più di un anno. In Cina l’indice HSBC PMI manifatturiero è salito 50,4 a novembre, in salita dal 49,5 a ottobre.
La Cina è il secondo consumatore mondiale di petrolio dopo gli Stati Uniti ed è stato il motore della domanda.
La debolezza del dolalro ha spinto ulteriormente i guadagni. L’euro è salito al massimo di tre settimane contro il biglietto verde, mentre l’indice del dollaro, che replica la performance del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, è sceso dello 0,76% venerdì, a 80,22, il minimo dal 2 novembre.
I futures espressi in dollari tendono a salire quando il dollaro scende, poiché rende meno costoso il petrolio per gli acquirenti in altre valute.
Intanto i traders continuano a monitorare le tensioni geopolitiche tra Israele ed Hamas. Le due parti hanno aderito ad un cessate-il-fuoco promossa dall’Egitto, per fermare il conflitto che ha ucciso 162 palestinesi e sei israeliani.
I paesi del Medio Oriente e del Nord Africa producono il 36% della produzione mondiale e detengono il 52% delle riserve del 2011.
Sul mercato del petrolio pesano inoltre i timori per il “precipizio fiscale” statunitense, rappresentato da un aumento delle tasse e tagli alla spesa pari a circa 600 miliardi, che dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio.
Si teme che l’economia USA ricada in recessione, a meno che il Congresso in preda alle divisioni interne e la Casa Bianca non trovino un compromesso prima della scadenza del 1° gennaio, tra sette settimane.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a gennaio sono saliti dello 0,7% venerdì a 111,34 dollari al barile.
I futures Brent di Londra sono saliti dell’1,95% nella settimana, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 23,06 dollari al barile.
Venerdì, sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a gennaio sono stati scambiati a 88,28 dollari al barile, in salita dell’1%. I prezzi avevano precedentemente toccato il massimo della seduta di 88,52 dollari al barile, il massimo dal 20 novembre.
Sulla settimana i futures del greggio di New York hanno segnato +1,3%, il terzo aumento settimanale consecutivo.
I volumi restano ridotti con il mecati statunitensi che restano chiusi per il week end del Ringraziamento.
Il sentimento è migliorato dopo che il Ministro delle Finanze greco ha dichiarato che il Fondo Monetario Internazionale ha allentato il target di riduzione del debito del paese, indicando che i creditori sono vicini ad un accordo per il pagamento della tranche di aiuti di vitale importanza.
Tuttavia, altre fonti coinvolte nei dialoghi hanno indicato che il gap è molto più grande di quanto la Grecia abbia indicato.
I dialoghi tra i ministri delle finanze della zona euro e il Fondo Monetario Internazionale si sono conclusi senza trovare un accordo su come ridurre il debito della Grecia a livelli sostenibili.
La fiducia degli investitori è aumentata inoltre dopo che l’Istituto di Ricerca Economica ha dichiarato che l’indice della fiducia delle imprese è migliorato al 101,4 a novembre, superando le aspettative di un calo a 99,5.
Le notizie giungono un giorno dopo rispetto al report che ha mostrato che l’attività manifatturiera in Cina per la prima volta dopo più di un anno. In Cina l’indice HSBC PMI manifatturiero è salito 50,4 a novembre, in salita dal 49,5 a ottobre.
La Cina è il secondo consumatore mondiale di petrolio dopo gli Stati Uniti ed è stato il motore della domanda.
La debolezza del dolalro ha spinto ulteriormente i guadagni. L’euro è salito al massimo di tre settimane contro il biglietto verde, mentre l’indice del dollaro, che replica la performance del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, è sceso dello 0,76% venerdì, a 80,22, il minimo dal 2 novembre.
I futures espressi in dollari tendono a salire quando il dollaro scende, poiché rende meno costoso il petrolio per gli acquirenti in altre valute.
Intanto i traders continuano a monitorare le tensioni geopolitiche tra Israele ed Hamas. Le due parti hanno aderito ad un cessate-il-fuoco promossa dall’Egitto, per fermare il conflitto che ha ucciso 162 palestinesi e sei israeliani.
I paesi del Medio Oriente e del Nord Africa producono il 36% della produzione mondiale e detengono il 52% delle riserve del 2011.
Sul mercato del petrolio pesano inoltre i timori per il “precipizio fiscale” statunitense, rappresentato da un aumento delle tasse e tagli alla spesa pari a circa 600 miliardi, che dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio.
Si teme che l’economia USA ricada in recessione, a meno che il Congresso in preda alle divisioni interne e la Casa Bianca non trovino un compromesso prima della scadenza del 1° gennaio, tra sette settimane.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a gennaio sono saliti dello 0,7% venerdì a 111,34 dollari al barile.
I futures Brent di Londra sono saliti dell’1,95% nella settimana, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 23,06 dollari al barile.