di Francesca Piscioneri
ROMA (Reuters) - Nel 2015 gli occupati standard, con un lavoro permanente a tempo pieno, sono aumentati in Italia dello 0,4%, cioè di 65.000 unità quasi esclusivamente tra gli uomini e le persone con 50 anni e più.
Lo rivela Istat nel rapporto annuale presentato oggi.
Il dato, che si riferisce all'anno della introduzione del Jobs act e degli sgravi contributivi per le imprese che assumono con contratto a tutele crescenti, mostra una positiva, seppur debole, inversione di tendenza rispetto al 2014 quando gli occupati standard erano scesi su anno dello 0,4% (-72.000).
"Tuttavia, rispetto al 2008, l'incidenza del lavoro standard sul totale degli occupati scende da 77,0 a 73,4% (1,3 milioni di occupati in meno)", si legge nel rapporto.
I numeri forniti da Istat sono molto lontani da quelli dell'Inps che parlano per lo scorso anno di circa 400.000 nuove assunzioni stabili, comprese le trasformazioni. I dati non sono però comparabili perché Istat parla di 'teste' e tiene conto dell'intera forza lavoro, mentre l'istituto di previdenza rileva i contratti del settore privato.
Restano in affanno i giovani tra i 15 e i 34 anni per i quali, tra l'ultimo trimestre 2014 e l'ultimo 2015, è pari al 60,7% la quota dei nuovi occupati con lavoro atipico. Sale invece al 17,7% (dal 14,5%) la percentuale di coloro che passa da un lavoro atipico a uno standard, mentre i non occupati che trovano un lavoro standard salgono al 25,5% dal 23,5%.
In crescita nel 2015 anche i dipendenti a termine (+105.000 unità) mentre calano i collaboratori (-29.000).
Secondo un sondaggio Istat, il 68,2% delle imprese della manifattura e il 62,5% di quelle dei servizi diversi dal commercio ha fatto ricorso al contratto a tempo indeterminato per le nuove assunzioni nel 2015.
Oltre la metà delle imprese ha dichiarato che i nuovi contratti a tempo indeterminato rappresentano la conversione di rapporti di lavoro, prevalentemente atipici, già presenti in azienda. L'utilizzo del contratto a tutele crescenti per nuovo personale è invece più elevata per le imprese di minori dimensioni: 39,8% per quelle con meno di 50 addetti, 28,9% per quelle con 50-249 addetti e 21,4% fra le grandi, con almeno 250 addetti.
"La decontribuzione è stata il principale fattore a sostegno dell'occupazione. L'aumento medio degli occupati è del 18%, un effetto superiore rispetto a quelli relativi alla produttività (12%) e alle condizioni di ordini e domanda (+8,1%)".
Il trend è confermato da Inps che dall'inizio del 2016, quando gli sgravi sono scesi da 8.000 a circa 3.000 euro per ogni nuovo assunto stabile, ha rilevato un rallentamento nella crescita dei contratti.
Questo a riprova del fatto che le agevolazioni, più del nuovo contratto, influenzano le scelte delle aziende. E ieri il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, ha aperto alla possibilità di un taglio strutturale del costo del lavoro già nel 2017.
Nel 2015 i Neet (giovani di 15-29 anni non occupati e non in formazione) sono oltre 2,3 milioni, aumentati di oltre mezzo milione sul 2008 ma in calo di 64 mila unità nell’ultimo anno (-2,7%). L’incidenza dei Neet sui giovani di 15-29 anni è al 25,7% (+6,4 punti percentuali su 2008 e -0,6 punti su 2014).
A chi contesta l'efficacia del Jobs act, il governo risponde che scopo della riforma non è tanto incrementare l'occupazione, che ha bisogno di una crescita del Pil ben più robusta di quella attuale, quanto modificarne la composizione incentivando il passaggio a contratti stabili invece che precari. Anche per questo, secondo Poletti, il lavoro a tempo indeterminato dovrebbe costare il 10% in meno di quello precario.