di Valentina Consiglio
ROMA (Reuters) - La Corte costituzionale ha sancito oggi l'illegittimità della Robin tax, un'imposta aggiuntiva per le aziende del settore petrolifero ed energetico, privando lo Stato di un gettito potenzialmente pari a 1 miliardo di euro l'anno.
La misura era stata introdotta per decreto nel 2008 dal governo Berlusconi con l'obiettivo di contenere i cosiddetti profitti di congiuntura in un contesto di alti prezzi del petrolio che oggi risulta ribaltato dal crollo del greggio.
La Robin tax ha colpito le imprese che operano in tre settori: ricerca e coltivazione di idrocarburi; raffinazione di petrolio, produzione o commercializzazione di benzine e gas; produzione e distribuzione di energia elettrica, anche da fonti rinnovabili.
Il ministero dell'Economia non ha commentato la notizia.
Una fonte governativa riferisce però che al Tesoro si stanno studiando possibili contromisure: "L'impatto potrebbe essere persino reversibile con modifiche alla norma".
A Piazza Affari, i titoli del comparto energia, già forti da questa mattina in previsione della sentenza, sono ulteriormente schizzati dopo la pubblicazione. Alle 12,39 italiane, Terna (MI:TRN) guadagna il 5,04%, Snam (MI:SRG) il 4,02%.
Anche Snam e Terna finora non hanno commentato.
In netto rialzo anche A2A (MI:A2) (+1,67%), Enel Green Power (MI:EGPW) (+2,71%), Hera (MI:HRA) (+1%), Iren (MI:IREE) (+5,22%), Ascopiave (MI:ASCI) (+3,09%).
Più contenuto il progresso di Enel (MI:ENEI) (+0,94%), mentre Eni (MI:ENI) (-1,7%) non riesce a beneficiare della notizia e resta negativa in linea con il resto degli oil europei a causa del calo del prezzo del greggio.
Gli operatori giudicano molto positivamente la notizia per il settore delle utility.
"Per Snam, il risparmio è di 90-100 milioni o 0,02-0,03 euro per azione, Terna dovrebbe risparmiare circa 55 milioni di euro o 0,03 eps, Enel GP circa 50 milioni di euro", commenta Maurice Choy, analista di Rbc Capital Markets.
La questione di illegittimità era stata sollevata nel 2011 dalla Commissione tributaria provinciale dell'Emilia Romagna secondo la quale la norma violava il principio di capacità contributiva penalizzando tutte le imprese del settore, anche quelle che non si giovano degli aumenti.
Il danno per le entrate erariali dello Stato è pari al mancato gettito annuo dell'addizionale Ires di 6,5 punti, stimabile in circa un miliardo sulla base dei dati di Unico 2013, che riguarda però l'anno d'imposta 2012.
È possibile che il gettito sia sceso negli anni successivi a causa della crisi.
La sentenza, pubblicata sul sito della Corte Costituzionale, è valida a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e dunque non è retroattiva.