Di Senad Karaahmetovic
Nelle ultime settimane numerose aziende tecnologiche hanno annunciato importanti tagli di posti di lavoro, tra cui Meta Platforms (NASDAQ:META), Amazon (NASDAQ:NASDAQ:AMZN), Microsoft (NASDAQ:NASDAQ:MSFT), Twitter e Salesforce (NYSE:CRM).
Cresce anche la pressione su Apple (NASDAQ:NASDAQ:AAPL), e soprattutto su Alphabet (NASDAQ:NASDAQ:GOOGL), affinché riducano forza lavoro e spese operative per compensare l'inasprimento del contesto macroeconomico. Alcuni analisti hanno sottolineato l'importanza questi licenziamenti in ottica economica, e sono sempre più preoccupati che possano essere un indicatore di un deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro.
Gli economisti di Goldman Sachs (NYSE:GS) non sono d'accordo, e citano tre motivi per cui i licenziamenti delle big tech non sono un segnale di recessione imminente:
- Il settore tecnologico rappresenta una piccola quota dell'occupazione aggregata;
- le aperture di posti di lavoro rimangono ben al di sopra dei livelli pre-pandemici;
- In passato, i licenziamenti del settore tecnologico hanno spesso registrato picchi senza un corrispondente aumento dei licenziamenti totali e, storicamente, non sono stati un anticipatore di un più ampio deterioramento del mercato del lavoro.
Sebbene i licenziamenti siano "inevitabili", non solo nella tecnologia ma anche in altri settori, dalla banca d'affari non sono particolarmente preoccupati degli effetti sul mercato del lavoro generale.
"Continuiamo a prevedere che molti lavoratori licenziati saranno in grado di trovare un nuovo lavoro in tempi relativamente brevi e che la necessaria riduzione della domanda aggregata di lavoro deriverà principalmente da un minor numero di posti di lavoro disponibili piuttosto che da un aumento della disoccupazione", hanno scritto gli economisti in una nota per i clienti.
Infine, da GS ricordano che "il tasso di licenziamento lordo mensile è attualmente solo dello 0,9% dell'occupazione totale, in calo rispetto al già basso livello mensile dell'1,2% precedente alla pandemia".