Inflazione USA inferiore alle attese. La Fed cambia strategia? Le attese degli analisti

Pubblicato 15.01.2025, 15:45
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OraFinanza - Basta uno 0,1% in meno rispetto alle previsioni per mettere le ali a Wall Street. È quanto sta accadendo alla Borsa di New York, intimorita negli ultimi temi dal cambio di strategia della Federal Reserve, non più molto propensa a numerosi tagli dei tassi di interesse che sembravano nel destino della sua politica monetaria.

Così, gli investitori prendono la lente di ingrandimento e si attaccano al dato sull’inflazione ‘core’, quella che esclude le componenti più volatili (energia e alimentari), risultata in crescita dello 0,2% su base mensile, appunto soltanto lo 0,1% in meno rispetto alle attese e al dato precedente. Anche su base annuale abbiamo assistito allo stesso gap tra previsioni e numero reale, risultato a +3,2%.

Praticamente ignorato il dato complessivo dell’IPC, aumentato dello 0,4% il mese scorso, dopo essere salito dello 0,3% a novembre. Nei 12 mesi fino a dicembre, è salito del 2,9% dopo un aumento del 2,7% a novembre.

Evidentemente i timori principali a Wall Street erano rivolti a dati ben più peggiori, infatti i principali indici della Borsa statunitense (Nasdaq, Dow Jones e S&P500) hanno aperto la seduta post dati in crescita di oltre un punto percentuale e mezzo.

“Tutto sommato, i mercati stanno chiaramente celebrando il rapporto di oggi, ma ci si deve chiedere quanto dureranno le mosse dato che il giorno dell'insediamento e la minaccia tariffaria incombono”, sottolinea Tatiana Darie, Stratega di MLIV.

La sensazione che il rimbalzo dei prezzi non sia così grande come temuto hanno aumentato le previsioni sui tagli dei tassi da parte della Fed: i future sui fondi federali stanno ora scontando 38 punti base di tagli quest'anno e 22 punti base nella prima metà, In aumento rispetto ai 28 punti base di ieri. I trader ora vedono circa il 50% di probabilità di una seconda riduzione di 25 punti base entro dicembre, previsioni inesistenti fino a ieri.

A questo punto “il dubbio consiste nella disponibilità o meno di dati per indicare progressi più duraturi nel contenimento dell'inflazione”, secondo Kristine Aquino, Markets Live Managing Editor di Bloomberg.

Secondo Anna Wong e Stuart Paul di Bloomberg Economis, “il dato sorprendentemente debole dell'indice CPI core di dicembre mantiene viva l'idea che la disinflazione stia ancora progredendo. Insieme ai dati PPI del mese, pensiamo che il deflatore PCE core, l'indicatore di inflazione preferito dalla Fed, in uscita entro la fine del mese, arriverà a un ritmo coerente con l'obiettivo di prezzo del 2% dei decisori politici”.

"Riteniamo che la Fed probabilmente considererà favorevolmente il rapporto CPI di dicembre e ci aspettiamo ancora che i funzionari mantengano stabili i tassi a gennaio, ma il rapporto rafforza la tesi per la prospettiva del dot plot di 50 punti base di tagli dei tassi quest'anno", aggiungono gli esperti.

Seema Shah, capo stratega globale presso Principal Asset Management, ritiene che se i dati sull'inflazione rimangono in carreggiata, potrebbero far alzare la Fed dalla panchina per tagliare a marzo.

"L'indice dei prezzi al consumo di oggi dovrebbe dare una spinta ai mercati, alleviando parte dell'ansia che gli Stati Uniti siano alle fasi iniziali di una seconda ondata di inflazione. Per la Fed, questo non è certamente sufficiente a indurre un taglio a gennaio. Ma, se il dato di oggi fosse accompagnato da un altro debole dell'indice dei prezzi al consumo il mese prossimo, più un indebolimento delle buste paga, allora un taglio dei tassi a marzo potrebbe persino tornare sul tavolo".

Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, ritiene che “il dato di dicembre sia stato abbastanza positivo soprattutto per la parte ‘core’: su base mensile la crescita di questo dato è la più bassa degli ultimi 5 mesi”.

Guardando al futuro, secondo l’esperto “non è da escludere che le pressioni inflazionistiche possano aumentare nel primo trimestre 2025 sulla scia di prezzi energetici elevati e delle politiche economiche portate avanti dall’amministrazione Trump”.

Nel breve termine “non esistono al momento le condizioni per procedere a un cambio nelle strategie monetarie da parte della Federal Reserve”, avvisa Diodovich, aggiungendo di ritenere “altamente probabile che la Fed possa continuare a monitorare l’andamento delle variabili macroeconomiche (in particolare inflazione, PIL e disoccupazione) e decidere nel corso dei prossimi mesi la direzione della politica monetaria. I tassi di interesse rimarranno sui livelli attuali per un prolungato periodo di tempo. Le nostre aspettative sono fissate per nessun taglio del costo del denaro da parte della Fed per tutto il 2025”.

“Sebbene il dato di oggi sia probabilmente insufficiente per rimettere in gioco un taglio dei tassi a gennaio, rafforza l'ipotesi secondo cui il ciclo di allentamento della Fed non ha ancora fatto il suo corso”, spiega Tina Adatia, head of fixed income client portfolio management di Goldman Sachs (NYSE:GS) Asset Management. Tuttavia, avvisa, “poiché i dati del mercato del lavoro restano solidi, la Fed ha la possibilità di essere paziente e saranno necessari ulteriori dati positivi sull'inflazione affinché la banca centrale possa procedere a un ulteriore allentamento”.

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