MILANO (Reuters) - L'Italia incontra maggiori difficoltà rispetto ad altre economie avanzate nell' attuare la transizione verso una società delle competenze prospera e dinamica.
E' quanto sottolinea il rapporto Ocse 'Skills Strategy Diagnostic Report', che riconosce i passi avanti fatti per migliorare lo sviluppo delle competenze tramite il Jobs Act, la riforma della Buona Scuola e i provvedimenti Industria 4.0, la cui completa attuazione stimolerebbe la crescita economica.
"Le recenti riforme stanno iniziando a dare i loro frutti, con la creazione di oltre 850 000 nuovi posti di lavoro", ha affermato il segretario generale dell'Ocse Gurría.
"L'Italia deve adesso promuovere questa dinamica positiva assicurandosi che le scuole, le università e le aziende forniscano a tutti gli italiani, le competenze necessarie per riuscire nel lavoro e nella vita".
Il rapporto sottolinea come l'Italia sia oggi incagliata in un "equilibrio di basse competenze" in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una scarsa domanda delle stesse da da parte delle imprese.
Le piccole aziende, spesso a conduzione familiare, che rappresentano oltre l' 85% delle imprese e circa il 70% dell'occupazione, hanno spesso manager senza le competenze necessarie per adottare e gestire tecnologie nuove e complesse.
Altro elemento critico, il fatto che, secondo l'Ocse, in Italia le remunerazioni dei lavoratori sono spesso più legate alla durata del contratto che ai risultati. Questo non incoraggia i lavoratori a utilizzare a pieno le loro competenze al lavoro e a investire nell' apprendimento di nuove abilità.
Il divario tra domanda e offerta di competenze è molto elevato e diffuso. Circa il 6% dei lavoratori ha competenze inferiori a quelle richieste dal lavoro che svolgono, il 21% ha qualifiche inferiori a quelle normalmente richieste.
Allo stesso tempo, però, una percentuale non trascurabile della forza lavoro ha competenze superiori a quelle necessarie per svolgere le mansioni richieste (11.7%) o è sovraqualificato (18%), prosegue l'Ocse.
Inoltre, circa il 35% dei lavoratori svolgono la loro attività in settori che non corrispondono ai loro studi. Circa un giovane italiano su quattro (tra i 15 e i 29 anni) non lavora, non studia né partecipa a un percorso di formazione, la seconda proporzione più alta dei Paesi Ocse.