ROMA (Reuters) - Guardare al futuro per i prossimi 10 anni raccogliendo l'eredità della sinistra ma senza nostalgia né paura. E sostenere, in attesa del voto del 2018, il governo guidato da Paolo Gentiloni.
Matteo Renzi, dopo la sconfitta al referendum costituzionale di dicembre che lo ha costretto a dimettersi da premier e, poi, da segretario del Pd, lancia con queste parole la propria candidatura alle primarie del 30 aprile per tornare a essere leader del partito e anche candidato premier alle prossime elezioni.
E lo fa dal Lingotto di Torino, sede simbolica della sinistra operaia ma anche del Pd nato nel 2007 sotto la guida di Walter Veltroni.
Vogliamo essere "eredi della tradizione migliore [della sinistra] e capaci di costruire un orizzonte concreto per i prossimi 10 anni, altrimenti il futuro appartiene a chi dice solo no", spiega alla platea di circa 2.000 persone riunite fino a domenica a sostenere la sua candidatura.
Dopo mesi di divisioni interne culminate nella spaccatura sul referendum, nelle scorse settimane una parte della minoranza Pd, guidata da Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema, ha lasciato il partito per dare vita a una nuova formazione. A contendere da dentro la leadership di Renzi ci sono invece il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e il guardasigilli Andrea Orlando.
Renzi ha contestato gli scissionisti: "Chi spara verso questa comunità in questo momento indebolisce la tenuta del sistema democratico del Paese".
"Noi abbiamo fatto degli errori ma non possiamo continuare con il partito leggero o pesante ma pensante, che sappia dialogare ma sia consapevole della propria forza".
"Il Pd è l'unica alternativa al partito-azienda da una parte e al partito-algoritmo dall'altra".
L'ex premier rivendica i risultati ottenuti dal suo governo sul mercato del lavoro con il Jobs act e respinge l'idea del Movimento 5 stelle del reddito di cittadinanza: "Se uno non ce la fa devi dargli un paracadute ma [non puoi affermare] il principio che la rendita è più forte dell'occupazione. Siamo un Paese fondato sul lavoro, non sull'assistenzialismo".
A Emiliano, che contesta il modello di segretario-candidato premier, Renzi risponde: "Se non fossi stato capo del partito non avrei ottenuto risultati sulla flessibilità in Europa. L'ho ottenuto perché avevo il 41% e il consenso della gente".
Renzi ha nuovamente attaccato la tecnocrazia europea invitando il governo Gentiloni a impegnarsi per la "elezione diretta del presidente della Commissione con primarie transnazionali ed europee".
"Dobbiamo togliere gestione a tecnocrazie, rimettere in campo i principi democratici", ha detto.
Infine, presenta il ticket con Maurizio Martina, di tradizione Ds e quarantenne, e ribadisce: "Vogliamo essere il partito degli eredi e non dei reduci".
(Francesca Piscioneri)