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Borse sull’orlo di una crisi di nervi?

Pubblicato 22.05.2023, 08:22
Aggiornato 12.01.2022, 13:50

In realtà, la globalizzazione è un altro nome con il quale si esercita il ruolo dominante degli Stati Uniti” (Henry Kissinger)

Da inizio anno gli indici azionari vanno a gonfie vele: il Dax ha appena fatto segnare i massimi assoluti mentre Parigi si avvicina agli stessi livelli. Anche Piazza Affari continua a trattare vicino ai top di periodo nonostante l’atteggiamento di Fed e Bce non sia cambiato: avanti con il rialzo dei tassi per frenare l’inflazione. Continua quindi il braccio di ferro tra i mercati finanziari che scontano un trend di ribasso del costo del denaro, e le banche centrali che dichiarano di volere fare il contrario. Ma un andamento speculare tra rendimento azionario e obbligazionario non è considerato “sano” dagli operatori ovvero non può durare a lungo. Uno dei due “contendenti” deve cedere il passo: o scendono i rendimenti dei Titoli di Stato o i prezzi di Borsa. A guidare i listini continueranno quindi ad essere i dati macroeconomici. Il calendario degli appuntamenti più rilevanti inizia martedì con l’indice dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero in Germania a maggio. Gli economisti si aspettano un valore di 45 punti, stabile sulla rilevazione precedente ma in ogni caso inferiore a 50 punti, che delimita la soglia tra recessione e crescita. Mercoledì saranno invece diffusi i verbali del Fomc, mentre giovedì sarà la volta del Pil in Germania nel primo trimestre 2023, che dovrebbe mostrare un segno negativo (il secondo consecutivo) e negli Usa, atteso positivo ma in forte rallentamento sul trimestre precedente. E ricordiamoci che manca meno di un mese alla prossima riunione della Fed che con molta probabilità lascerà i tassi di interesse invariati.

Bye bye tobin?

Inizia la prossima settimana in Parlamento il cammino della legge delega fiscale. Secondo indiscrezioni di stampa si starebbe lavorando anche alla revisione della tobin tax, ovvero l’imposta sulle transazioni finanziarie, per cui si ipotizza una piena abrogazione o l’inserimento di un’esenzione per le transazioni fuori dai mercati regolamentati. Attualmente il prelievo ammonta allo 0,1% che si applica sul trasferimento della proprietà di azioni e di altri strumenti finanziari. La tobin tax in Italia è stata introdotta dal Governo di Mario Monti contro la quale si sono espresse le associazioni di categoria degli intermedia finanziari italiani giudicandola punitiva per il nostro mercato dei capitali considerato che non colpisce gli speculatori (sono infatti esenti le transazioni intraday) ma chi investe con un orizzonte di medio-lungo periodo. La tobin tax italiana a fronte di un gettito di qualche centinaio di milioni di euro, indebolisce il mercato azionario italiano a vantaggio di altre piazze finanziarie. Anche per questo importanti aziende hanno deciso di lasciare la Borsa di Milano verso altri listini più market friendly. Fortunatamente questa tassa non colpisce le small cap ovvero le Pmi di eccellenza quotate sul listino Euronext (EPA:ENX) Growth Milan, che rappresenta l'unica speranza di rinascita del mercato dei capitali italiani. Ma non per questo si deve rinunciare a rivedere la tobin tax, eliminando uno degli ostacoli agli investimenti esteri nel nostro Paese a vantaggio dell'economia reale.

Chi ci guadagna con la deglobalizzazione

Dalla fine degli anni ’90 allo scoppio della crisi finanziaria del 2007-2008, il commercio mondiale ha mostrato un costante trend al rialzo. Nel corso degli ultimi dieci, in particolare con il mandato di Donald Trump come presidente Usa, sono state introdotte una serie di restrizioni commerciali che hanno raffreddato tale tendenza. Infine da alcuni anni, soprattutto dopo lo scoppio della pandemia, stiamo assistendo ad un percorso verso la deglobalizzazione che vede crescere le iniziative aziendali in tema di rilocalizzazione delle filiere produttive (nelle varie forme: reshoring, onshoring e nearshoring). “A prescindere da come la deglobalizzazione si evolverà, riteniamo che essa rappresenterà probabilmente un driver di mercato fondamentale per il futuro” ha dichiarato Nick Petrucelli Portfolio Manager di Wellington Management. In uno scenario di deglobalizzazione in continuo aumento, è quindi possibile registrate tassi di crescita del Pil più bassi e inflazione più alta, dal momento che i beni e la manodopera diventeranno meno ottimizzati. In parallelo, i cicli economici potrebbero diventare più volatili in presenza di una minore cooperazione a livello internazionale e i margini aziendali potrebbero risentirne, soprattutto per le società che avevano beneficiato dell'esternalizzazione del lavoro. In questo contesto gli esperti di Wellington Management hanno identificato alcune industrie esposte positivamente: siderurgia, ingegneria, costruzioni, automazione e selezione del personale. Traslando questo scenario in Italia, si possono identificare diverse società sia tra le blue chip che le small cap. Citiamo in particolare Franchetti e Reway Group, quotate su Euronext Growth Milan, ed oggetto di copertura di Integrae Sim e che hanno partecipato all’ultima edizione del Financial Galà.

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