- Nonostante gli ottimi utili, Eni continua a scambiare a metà del multiplo P/E dei suoi concorrenti a causa del rischio politico e del rischio paese
- Dal punto di vista operativo, Eni sta facendo bene ma non ha un vantaggio sui suoi concorrenti
- Se siete rialzisti sul petrolio, ci sono scommesse migliori là fuori
Malgrado gli utili positivi e i segnali che lasciano intravedere un futuro promettente, come la nuova politica di dividendi/acquisti e la possibile IPO del segmento delle rinnovabili, Eni SpA (BIT:ENI) (NYSE:E) continua a essere scambiata a forte sconto rispetto ai suoi concorrenti. Mentre la maggior parte dei colossi petroliferi dell’UE e del Regno Unito si trova ai livelli di ATH, Eni è a malapena ai livelli pre-Covid. Questa discrepanza merita di essere approfondita, sebbene ci sia sempre stata nel caso delle aziende italiane.
Fonte: CIQ
Ultimi utili
Eni è il colosso italiano del petrolio e del gas, con una partecipazione dello Stato, che detiene il 33% delle azioni, ed è annoverato tra i sette super colossi petroliferi mondiali. Venerdì 28 ottobre, Eni si è unita agli altri sei supermajor pubblicando gli utili del terzo trimestre che si sono rivelati di poco inferiori ai numeri record del secondo trimestre.
Il risultato operativo si è attestato a 5,77 miliardi di euro, il 18% in più rispetto alle aspettative e il 132% in più rispetto all’anno precedente. Soprattutto, il dato è in linea con il secondo trimestre, nonostante il calo del prezzo del petrolio. Il core è stato forte, con risultati record in Refining & Marketing e Global Gas & LNG. Esplorazione e produzione hanno mantenuto i livelli del secondo trimestre, nonostante una leggera flessione del volume, che è sceso del 12% rispetto al trimestre precedente a causa di ritardi che sono stati nel frattempo risolti.
Sorprendentemente, la guidance sui capex è stata rispettata, segno che l’azienda può aumentare notevolmente i profitti tenendo sotto controllo i capex.
Come nel caso di molte aziende del settore petrolifero e del gas in tutto il mondo, e sicuramente anche in Europa, l’Eni sarà soggetta a un’imposta sulle plusvalenze. Il 25% in più sarà applicato nel 2022 e si stima che costerà alla società 1,4 miliardi di euro, di cui 560 milioni già pagati. Certo, i restanti 840 milioni di euro devono essere considerati, ma non devono sminuire i risultati davvero eccellenti.
Fonte: Eni
Nuova politica sui dividendi
Con un flusso di cassa da inizio anno di 16,4 miliardi di euro, molti di voi si staranno chiedendo come (e quanto) la società distribuirà agli azionisti. Eni ha annunciato che attuerà una nuova politica dei dividendi con un dividendo trimestrale variabile anziché semestrale. La politica, che si basa su scenari di prezzo del petrolio valutati a luglio e ottobre, consentirà alla società una maggiore discrezionalità nella distribuzione di liquidità agli azionisti, particolarmente importante in tempi volatili come questi.
Fonte: Eni
IPO Plenitude
Eni ha affrontato con successo la transizione verso l’energia netta zero e le energie rinnovabili, grazie alla sua divisione Plenitude. La divisione ha registrato una crescita dell’EBITDA con un CAGR triennale del 19%, ottenendo buoni risultati, come la vittoria di una sovvenzione UE per la ricarica dei veicoli elettrici in otto Paesi.
Diversificazione Geografica / Business
L’Eni sta assumendo un ruolo sempre più importante nell’aiutare l’Europa nello staccarsi dalle forniture di petrolio e gas russo, un tempo stabili e a buon mercato. Con il sostegno del governo italiano, l’azienda ha diversificato le sue fonti per cercare di compensare le forniture perse.
L’Eni è tra i paesi meglio posizionati per la fornitura di gas a breve termine grazie alle sue operazioni in Algeria e Congo, che dovrebbero entrare in funzione entro l’inizio del 2023. L’inverno prossimo sarà il momento di maggior bisogno per l’Europa, e qualsiasi fornitura disponibile sarà sicuramente un vantaggio. Entro il 2024, Eni stima di aver sostituito il 100% delle forniture russe, contribuendo a costruire un hub mediterraneo del gas per l’Europa. Ma questo si potrebbe dire per quasi tutti i giganti del petrolio e del gas che operano in Europa. TotalEnergies ha fatto previsioni simili, come ho scritto qualche settimana fa. Eni può avere un vantaggio nel breve periodo, ma questo è destinato a svanire man mano che l’industria si adatterà alla nuova norma.
Conclusioni
La valutazione di Eni, che è a netto sconto rispetto ai suoi concorrenti, riflette chiaramente il significativo rischio paese rappresentato dall’Italia. Il governo italiano detiene una quota di 1/3 della società, riservandosi il diritto di nominare gli amministratori in un processo che spesso mette la politica al di sopra degli azionisti. La domanda che ci si pone è se questo rischio paese/politico giustifichi un multiplo EPS P/LTM di 3,1x, mentre i concorrenti come Total e Shell (LON:RDSa) trattano a circa 5,6x. Personalmente, credo che sia così.
A livello operativo, la società si sta comportando bene: è in grado di mantenere l’EBIT in crescita nonostante il calo dei prezzi spot, di ripagare il debito in modo responsabile e di tenere sotto controllo le spese. La nuova politica dei dividendi è sicuramente vantaggiosa per gli azionisti. La divisione Plenitude è un’altra fonte di valore che verrà presto sbloccata, ed Eni è anche pronta a sviluppare il Mediterraneo in un hub di GNL per servire l’Europa. Sebbene tutti questi fattori siano positivi, non sono sufficienti per dire che Eni stia andando meglio di Total, BP (LON:BP) o Shell. Con il Brent a 92 dollari al barile, tutte le compagnie petrolifere stanno facendo altrettanto bene, se non meglio. È risaputo che Eni sia scambiata a sconto e credo che continuerà a farlo.
Nota: L’autore non possiede attualmente alcuna posizione in Eni S.p.A. Il presente articolo è stato scritto solo a scopo informativo. Non costituisce una sollecitazione, un’offerta, un consiglio, una consulenza o una raccomandazione di investimento.