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I mercati al test dei rendimenti americani al 3%

Pubblicato 27.04.2018, 12:19
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Buongiorno ai lettori di Investing.com

Nei giorni scorsi, il bond Ultra 10-Year U.S. Treasury Note Futures (il BtP americano a dieci anni, per intenderci), ha toccato e superato di poco, la soglia di rendimento del 3%.
S&P in difficoltà (ha lasciato sul terreno quasi 10 punti percentuali dai massimi di gennaio), allarme generalizzato su tutti i mercati, e nuovo tema che diventa preponderante sul resto.

Perchè la soglia del 3% fa paura?
Cosa cambia dal 2,50% di inzio anno, al 3% attuale?
E soprattutto, perché calano i mercati azionari?

La vera chiave di analisi è nell'ultima domanda: perchè un aumento dei tassi sul T-Bond (uno fra i più sicuri al mondo, se non il più sicuro), dovrebbe creare ansia?

La risposta più frequente sembra essere in questa domanda: perchè un investitore dovrebbe stare sul mercato azionario, accettare volatilità, quando a 10 anni, a rischio pressoché nullo (sulla carta), può portarsi a casa il 3%?

Nell'arco degli ultimi anni i rendimenti sul decennale americano sono pressoché raddoppiati.

Il che signifca che due anni fa, sulla stessa scadenza (10 anni) si portava a casa poco più dell'1,5%.

All'epoca poteva valere il discorso inverso: perchè devo tenermi un titolo in mano, che mi paga l'1,5%, quando i dividendi del mercato azionario sono più interessanti?

In questi numeri potrebbe nascondersi la ragione del forte aumento dei primari indici americani (soprattutto in valuta locale), ma guardare solo questo parametro sarebbe forse troppo semplicistico.

Il mercato obbligazionario ha avuto un trend unidirezionale, negli ultimi 30 anni,
Pochi scossoni, brevi, ma ha pagato in modo generoso i sottoscrittori.
Che vogliono dei flussi di reddito regolari, e una data di scadenza in cui rientrare in possesso del denaro.
Sottoscrittori che per una serie di ragioni (quanto mai uniche e irripetibili per intensità e frequenza), negli ultimi decenni hanno visto anche una corposa rivalutazione del capitale (se non altro rapportandola al profilo di rischio).
Chi compra obbligazioni, mette in casa un credito (che sostanzialmente è un debito di qualcuno).

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Il mercato azionario è mosso da obiettivi diversi.
Chi investe sceglie settori, paesi e temi che nel tempo potrebbero portare il capitale a rivalutarsi.
Nel frattempo, i dividendi servono per colmare le esigenze reddituali di breve termine.
Chi compra azioni, compra quota di aziende.

In questo schema, gli investitori istituzionali (fondazioni, fondi pensione, assicurazioni), potrebbero giocare un ruolo ibrido: cercare rendimento nell'azionario, qualora le fonti di reddito usuali fossero a secco.

E questo, in un mondo che ha visto i rendimenti andare sotto la linea dello zero, può aver favorito la crescita dei mercati azionari.

Legare le performance del mercato azionario al solo mondo dei rendiementi potrebbe essere tuttavia fuorviante.
Per logica, se ci fosse un travaso massiccio dall'azionario all'obbligazionario, i rendimenti dovrebbero tendere ad abbassarsi e non si assisterebbe al contrario.

Che fare quindi?

Di fondamentale importanza è individuare quanta parte del proprio patrimonio deve soddisfare le esigenze reddituali di breve e quanta può essere destinata a future rivalutazioni.

Una volta identficate queste aree, occorre diversificare al meglio fra scadenze, emittenti e aree geografiche, la parte destinata al mondo obbligazionario.

Lo stesso criterio va applicato alla parte che si decide di destinare all'area azionaria.
Non si dovrebbe cercare di "indovinare" quali titoli o settori, paesi o continenti potrebbero salire, e soprattutto non bisgonerebbe provare ad "azzeccare" il momento di acquisto o di vendita.
L'obiettivo dovrebbe essere invece quello di avere un patrimonio che nella sua totalità potrebbe resistere al meglio agli scossoni inevitabili del mercato, e che possa soddisfare le esigenze legate ai propri progetti di vita.
Spesso, invece si assiste alla ricerca spasmodica dell'investimento "migliore" (che nella logica collettiva ha sempre il rendimento più alto).

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Se non ci fosse tolleranza a variazioni dei valori dei propri investimenti, l'alternativa è stare su scadenze brevi, e accettare di pagare qualcosa ai soggetti cui prestiamo il denaro (non è un errore, è la logica inversa dei tassi negativi).

Questo perchè, presto o tardi, anche in Europa assisteremo ad un aumeno dei rendimenti, e quindi andrebbe evitato di comprare scadenze lunghe.

Il tutto ricordando il senso della frase inglese che dice: "There ain't no such thing as a free lunch", ovverosia, non esistono soluzioni semplici per risolvere problemi complessi.

Allocare e gestire un patrimonio oggi, non è sicuramente una cosa semplice.

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