Domenica 4 dicembre si voterà per il referendum costituzionale . Molte sono le incognite su cosa potrebbe accadere sia in caso di vittoria del “No” che in caso di vittoria del”SI”.
Innanzitutto facciamo brevemente il punto su quale sia il contenuto della riforma costituzionale. Il testo della scheda referendaria recita così:“Approvate il testo della legge costituzionale concernente «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione» approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?”
La riforma va dunque ad intervenire: 1 sulla riforma del senato e sula fine del bicameralismo perfetto 2 sull’elezione del Presidente della Repubblica 3 sull’abolizione del Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro 4 sul titolo V della Costituzione e sulla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni 5 sul quorum per il referendum abrogativo e sulle leggi d’iniziativa elettorale.
Senza scendere in tecnicismi possiamo sicuramente affermare che con l’avvicinarsi del 4 dicembre cresce l’incertezza sui mercati, come confermato dall’aumentare della forbice tra BTP e Bund. Negli scorsi giorni lo spread ha superato la soglia dei 190 punti, livello toccato nel 2014.
L’incognita per gli operatori è attualmente quale sarà il mercato più colpito. Un’eventuale shock post referendum impatterà in misura maggiore il comparto azionario, specialmente quello bancario, oppure sarà il mercato dei titoli di stato a subire i maggiori contraccolpi? Attualmente non è indicato fare previsioni azzardate.
Come ci ha insegnato la recente storia delle consultazioni popolari, i mercati reagiscono a volte i maniera molto irrazionale a dispetto di ogni previsione. Ricordiamo gli scenari apocalittici descritti da molti analisti in occasione delle presidenziali statunitensi, i quali hanno fatto previsioni a dir poco allarmanti nel caso di una vittoria di Trump.
La vittoria di Donald Trump c’è stata, ma i mercati statunitensi piuttosto che correggere fortemente al ribasso hanno invece registrato nuovi massimi storici. Possiamo però prendere atto che la BCE ha già predisposto un piano antishock per il mercato dei titoli di Stato, maggiormente esposti invece i titoli del comparto italiano.
Molti istituti di credito sono infatti esposti a delicate operazioni di ricapitalizzazione che un esito negativo del referendum potrebbe compromettere. Molto probabilmente istituti del calibro di MPS (MI:BMPS) e Unicredit (MI:CRDI) sarebbero costretti a ricorrere ad aiuti di Stato sebbene dal primo gennaio gli stessi non sono più previsti.
Infatti la nuova normativa europea prevede che dal primo gennaio venga attuato il Bail-in , istituto che prevede che in caso di messa in sicurezza di un’istituto di credito siano coinvolti azionisti, obbligazionisti e correntisti con depositi superiori ai centomila euro.
Da monitorare in caso di vittoria del “NO” anche un’eventuale contraccolpo sull’eurozona.
Un esito negativo della consultazione referendaria potrebbe essere inteso come un segnale di avanzamento dell’euroscetticismo e di perdita di forza della moneta unica. Attualmente i sondaggi riportano una vittoria del fronte del “NO”.
Come ci hanno insegnato la Brexit e l’elezione di Trump sarebbe azzardato fare previsioni, lasciamo pertanto ai giocatori di scommesse questo ruolo.
Marco Miranda UCapital Financial Advisor.