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Inflazione in Europa in calo nei prossimi mesi. Ancora volatilità sui mercati

Pubblicato 14.11.2022, 06:18

Settimana densa di dati. Si inizia oggi alle 11:00 con la produzione industriale YoY dell’Europa di settembre (stima 1,2% contro 2,5%). Martedì’ alle 11:00 è la volta del dato preliminare del PIL dell’Europa del 4Q22 (stima 2,1%, invariato) e dei prezzi alla produzione USA YoY di ottobre alle 14:30 (stima 8,4% contro 8,5%). Giovedì alle 11:00 ci sarà invece la variazione YoY dei prezzi al consumo preliminari dell’Europa di novembre (stima 10,7% invariata) e il PhillyFed di novembre alle 14:30 (stima -5% contro -8,7% di ottobre).
 
E’ il turno dell’Europa dimostrare che la politica monetaria è riuscita nell’intento di raffreddare la crescita dei prezzi. Come abbiamo visto, gli analisti non prevedono flessioni in novembre, ma credo che in questa fase sia importante che la dinamica di crescita mostri di essere giunta al capolinea o li vicino. Per la flessione occorrerà probabilmente attendere i primi mesi del prossimo anno, quando la riduzione del prezzo del gas e la distensione delle catene di approvvigionamento cominceranno a far sentire i primi effetti.
I dati economici però non lasciano molto spazio alle interpretazioni. Il Fondo monetario internazionale ha recentemente rivisto al ribasso le previsioni di crescita dell’economia per l’area allo 0,5% (contro l’1,2% di luglio), operando quindi una sforbiciata consistente. La crescita mondiale per il prossimo anno è stata invece rivista al 2,7% (-0,2 punti percentuali rispetto a luglio).
 
I dati segnalano che le opinioni di imprese e famiglie sull’attività economica e sull’inflazione stanno peggiorando rapidamente. Secondo l’indice elaborato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio - UPB, dopo una leggera flessione registrata nei mesi estivi, l’incertezza è nuovamente aumentata, attestandosi su valori prossimi a quelli del periodo della crisi del debito sovrano del 2012-2013.
 
Le ultime proiezioni di settembre della Banca Centrale Europea (l’aggiornamento ci sarà a dicembre), indicano che l’incertezza sulle prospettive economiche a breve e medio termine rimane elevata. Motivo questo per il quale le stime degli analisti si fondano sull’ipotesi che la domanda di gas sia moderata dall’alto livello dei prezzi e dalle misure di risparmio energetico (leggi accordo raggiunto dall’Unione europea su una riduzione della domanda di gas fino al 15%) e che non sia necessario un ampio ricorso al razionamento del gas.
 
Ciò nonostante, si assume che siano necessari tagli alla produzione durante l’inverno nei paesi con una forte dipendenza dalle importazioni di gas naturale russo ed esposti al rischio di carenze di offerta. Le strozzature dal lato dell’offerta, che pure nel periodo recente si sono allentate in modo lievemente più rapido del previsto, continuano a pesare sull’attività e si ipotizza che vengano meno in modo molto graduale.
 
A medio termine la crescita dovrebbe recuperare, con il riequilibrarsi del mercato dell’energia, la diminuzione dell’incertezza, la risoluzione delle strozzature dal lato dell’offerta e il miglioramento del reddito reale, malgrado le condizioni di finanziamento meno favorevoli. Il mercato del lavoro è atteso indebolirsi a seguito del rallentamento economico, pur continuando nell’insieme a evidenziare una tenuta piuttosto buona.
 
Con questo scenario le previsioni della BCE (differenti da quelle del FMI) di una crescita del PIL in termini reali sono del 3,1% nel 2022, per poi registrare un calo pronunciato scendendo allo 0,9% nel 2023 e risalire all’1,9% nel 2024. Nel confronto con le proiezioni degli esperti dell’Eurosistema di giugno 2022, le prospettive per la crescita del PIL sono state riviste al rialzo di 0,3 punti percentuali per il 2022, dopo i dati migliori del previsto della prima metà dell’anno, e al ribasso di 1,2 e 0,2 punti percentuali rispettivamente per il 2023 e il 2024 principalmente a causa dell’impatto delle interruzioni nell’offerta di energia, dell’aumento dell’inflazione e del connesso deterioramento del clima di fiducia.
 
L’inflazione europea ha continuato a registrare forti aumenti sulla scia degli ampi shock ulteriori dal lato dell’offerta, che si sono trasmessi ai prezzi al consumo a un ritmo più veloce rispetto al passato. L’inflazione complessiva misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) rimarrebbe superiore al 9% per il resto del 2022 a causa dei prezzi, comunque ancora elevati, dell’energia e delle materie prime alimentari, oltre che delle spinte al rialzo esercitate dalla riapertura dell’economia, dalle carenze nell’offerta e dalle condizioni tese nei mercati del lavoro.
 
Il suo atteso calo da una media dell’8,1% nel 2022 al 5,5% nel 2023 e al 2,3% nel 2024 riflette principalmente la forte diminuzione della componente energetica e alimentare come conseguenza di effetti base negativi e dell’ipotizzata flessione dei prezzi delle materie prime, in linea con le quotazioni dei contratti future.
 
Lo IAPC al netto dei beni energetici e alimentari dovrebbe mantenersi su livelli elevati e senza precedenti fino alla metà del 2023, ma diminuirebbe anch’esso nel periodo successivo con il venir meno degli effetti esercitati dalla riapertura dell’economia e con l’allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta e delle pressioni sui costi degli input energetici.
 
L’inflazione complessiva rimarrebbe quindi al di sopra dell’obiettivo della BCE del 2% nel 2024. Ciò è dovuto agli effetti ritardati degli elevati prezzi dell’energia sulle componenti non energetiche dell’inflazione, al deprezzamento dell’euro, agli andamenti robusti nei mercati del lavoro e ad alcuni effetti della compensazione per l’aumento dell’inflazione sui salari, che dovrebbero crescere a tassi ben superiori alle medie storiche.
 
Rispetto alle previsioni dello scorso giugno, la BCE ha rivisto al rialzo l’inflazione per il 2022 e il 2023 (rispettivamente di 1,3 e 2,0 punti percentuali) e per il 2024 (0,2 punti percentuali) riflettendo dati recenti non corrispondenti alle attese, forti aumenti nelle ipotesi relative ai prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità, una più vigorosa dinamica salariale e il recente deprezzamento dell’euro.
 
Tali effetti più che compensano l’impatto verso il basso esercitato dal recente calo delle quotazioni delle materie prime alimentari, da strozzature dal lato dell’offerta meno gravi di quanto ipotizzato in precedenza e dall’indebolimento delle prospettive per la crescita.
 
Dati e soprattutto prospettive piuttosto diverse da quelle degli USA. Motivo questo per il quale la BCE è attesa aumentare i tassi di 75 bp nel prossimo meeting di dicembre.
 
Anche in Europa la strategia di investimento è rivolta a privilegiare i titoli di quelle società che producono cassa grazie alla possibilità di aumentare i prezzi all’aumento dei costi di produzione (o non sono dipendenti da questa), sono leader nel proprio settore di riferimento e hanno una redditività mediamente più elevata rispetto ai principali competitors.

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