Lo yen giapponese è rimasto sostenuto durante la seduta australiana, guadagnando contro tutte le valute G10. Lo yen si è rafforzato soprattutto contro la GBP, salendo dello 0,31%. La coppia USD/JPY è scivolata dello 0,30%, scendendo a 107,85, sebbene i regolatori abbiano avvertito che i movimenti bruschi sono sgraditi. Nella notte, la coppia ha testato il supporto del 7 aprile a quota 107,67. Al ribasso, il supporto principale giace a 105,23 (minimo ottobre 2014), mentre al rialzo si osserva una resistenza a 114,87 (massimo 16 febbraio). Nel complesso, prevediamo che la coppia continuerà a perdere terreno perché i mercati dubitano che la Fed sarà in grado di alzare i tassi nel prossimo futuro e contemporaneamente cala la fiducia nell’abilità della BoJ di fermare l’ascesa dello yen.
L’EUR/USD ha resistito intorno a 1,14 perché i rendimenti dei titoli di Stato USA rimangono sotto pressione. I rendimenti a due anni, sensibili alla politica monetaria, sono rimasti sotto la soglia dello 0,70%, dopo aver ceduto più di 30 punti base da metà marzo. Anche i rendimenti dei quinquennali sono sotto pressione e scambiano intorno all’1,15%. Nel complesso, la curva dei rendimenti dei titoli USA si è appiattita rispetto a un mese fa, perché le prospettive su crescita e inflazione rimangono deboli.
In Cina, l’IPC di marzo ha deluso le attese, attestandosi al 2,3% a/a, valore invariato rispetto al mese scorso ma sotto il 2,4% previsto dal mercato. Scendendo nei dettagli, i prezzi dei generi alimentari sono cresciuti del 7,6%, invece le sottovoci non alimentari sono salite dell’1%. In generale, la tendenza inflazionistica rimane positiva, sulla scia delle numerose tornate di allentamento monetario. Infine, l’IPP di marzo si è contratto del 4,3% a/a, cifra superiore al -4,6% previsto e al -4,9% del rilevamento riferito al mese precedente. Su base mensile, l’indice dei prezzi alla produzione è salito dello 0,5%, dopo essersi contratto per più di due anni, pertanto il peggio dovrebbe essere passato. La banca centrale della Repubblica Popolare Cinese (PBoC) ha abbassato la quotazione ufficiale dell’USD/CNY dello 0,13%, a 6,4649.
Il dollaro australiano ha annaspato fra 0,7525 e 0,7580 e non è riuscito a trarre vantaggio dalla ripresa dei prezzi delle materie prime, perché gli operatori si chiedono se ci sia ancora del potenziale al rialzo dopo il rally partito all’inizio del 2016. L’Oro ho guadagnato lo 0,86%, l’Argento lo 0,70% e sulla borsa delle materie prime di Dalian i contratti future sul minerale di Minerale di ferro fine 62% Fe CFR con consegna a settembre sono saliti del 3,73%.
Sul mercato azionario, le azioni della Cina continentale si sono mosse in territorio positivo dopo i dati solidi sull’inflazione. L’indice composito di Shanghai ha guadagnato l’1,68%, quello di Shenzhen l’1,95%. A Hong Kong, l’Hang Seng è salito dello 0,31%.
Le azioni giapponesi hanno invece pagato il prezzo della forza dello yen, con il Nikkei 225 in calo dello 0,44% e il Topix dello 0,61%. Altrove, i rendimenti azionari sono stati contrastati.
In Europa, i future sui listini azionari sono negativi.
Oggi gli operatori monitoreranno l’IPC in Danimarca e Norvegia; la bilancia delle partite correnti in Turchia; i depositi a vista totali in Svizzera; la produzione industriale in Italia; la bilancia commerciale in Russia.