Lunedì il biglietto verde ha perso ancora terreno dopo i dati economici deludenti diffusi nella maggiore economia mondiale.
A febbraio, gli ordini alle fabbriche hanno subito una contrazione dell’1,7% m/m, in linea con le attese, mentre l’aumento di gennaio è stato rivisto al ribasso, dall’1,6% all’1,2%. La contrazione degli ordini di beni durevoli riferita a febbraio è stata rivista al ribasso, al -3,0% dal -2,8% della previsione e della prima stima.
L’economia USA invia segnali contrastanti dall’inizio dell’anno, perché gran parte dei settori dell’economia è in difficoltà a causa del dollaro forte e della domanda globale debole. Di conseguenza, gli investitori continuano a rinviare la tempistica del prossimo rialzo del tasso della Federal Reserve, esercitando ulteriori pressioni sui tassi dei titoli di Stato USA.
I rendimenti dei titoli a due anni, sensibili alla politica monetaria, ieri sono scesi allo 0,72%, quelli dei titoli a cinque anni hanno ceduto più di 5 punti base, calando all’1,18%. Pertanto le probabilità – derivate dallo swap sugli indici overnight – di un rialzo del tasso ad aprile sono scese all’1,2%, mentre quelle di un intervento della Fed a giugno si attestano al 18%.
Manteniamo quindi il nostro giudizio ribassista sull’USD. La coppia EUR/USD ha continuato a muoversi lateralmente a Tokyo, oscillando all’interno della fascia settimanale compresa fra il supporto a 1,1335 e la resistenza a 1,1438.
Come previsto, la banca centrale australiana (Reserve Bank of Australia, RBA) ha mantenuto invariato il tasso di riferimento al minimo storico del 2%, ribadendo però che è necessario un AUD più debole per permettere un adeguamento tranquillo dell’economia. Il governatore Stevens ha detto che “nelle circostanze attuali, un aumento del tasso di cambio potrebbe rendere più difficile l’adeguamento in corso nell’economia”. Il dollaro australiano è balzato a 0,7632 dopo la decisione, perché gli investitori si aspettavano commenti più accomodanti dalla RBA. Tuttavia, l’AUD/USD ha poi progressivamente ceduto i guadagni, scivolando a 0,7590.
In Giappone, le azioni sono cadute bruscamente dopo la pubblicazione di cifre deludenti riferite ai PMI e sul venir meno della fiducia nella capacità della BoJ di far fronte alle pressioni disinflazionistiche. Il Nikkei 225 ha ceduto il 2,42%, il più ampio indice Topix è scivolato del 2,64% a 20.184 punti.
Lo yen giapponese si è apprezzato molto contro l’USD, guadagnando lo 0,93% a Tokyo. La coppia USD/JPY ha infranto il supporto a 110,67 e ora si dirige verso quello successivo, che giace a 110 (livello psicologico e resistenza precedente). Più giù, si osserva un supporto a 105,23.
Altrove, fatta eccezione per le piazze azionarie della Cina continentale, che hanno riaperto i battenti dopo il ponte, le azioni asiatiche sono negative. L’Hang Seng di Hong Kong ha ceduto l’1,54%, mentre l’STI di Singapore ha ceduto l’1,28%. Gli indici compositi di Shanghai e Shenzhen hanno guadagnato rispettivamente l’1,46% e il 2,61%. I future sui listini europei puntano a un’apertura in ribasso, i future sull’Euro Stoxx 600 sono in calo dell’1,54%.
Oggi gli operatori si concentreranno su: PMI di Markit in Brasile, Spagna, Italia, Francia, Germania, Regno Unito ed Eurozona; produzione industriale in Svezia; vendite al dettaglio nell’Eurozona; PMI di Markit, la bilancia commerciale, indice ISM non manifatturiero e posizioni di lavoro aperte (JOLTS) negli USA.