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La preoccupazione del mercato per l’inflazione è diversa da quella della Fed

Pubblicato 22.02.2021, 13:34
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I policy maker della Federal Reserve sembrano un po’ distanti dai mercati finanziari riguardo ai rischi posti dall’inflazione.

Il rendimento sui buoni del Tesoro è in salita e sta arrivando ai tassi sui mutui, ma secondo i funzionari della Fed ci sono ancora più rischi deflazionari, almeno secondo i verbali del FOMC di gennaio rilasciati la scorsa settimana.

“I partecipanti generalmente considerano i rischi delle previsioni di inflazione più bilanciati rispetto al 2020, nonostante la maggior parte di loro vedono i rischi considerati al ribasso”, si legge sui verbali del vertice del 26 e 27 gennaio.

Tutt’al più, i policy maker si aspettano un aumento rapido dei prezzi a sprazzi, per via della pandemia di COVID-19. Non sono preoccupati.

“Molti partecipanti hanno sottolineato l’importanza di distinguere le variazioni dei prezzi e le variazioni del trend sottostante dell’inflazione, notando che le variazioni nei prezzi relativi possono temporaneamente far salire l’inflazione in maniera temporanea ma che questo non dovrebbe avere un effetto duraturo”.

Il vertice del FOMC si è tenuto più di tre settimane fa e forse l’idea che hanno i membri della commissione su questo argomento è cambiata. Tuttavia, in quell’occasione, i policy maker contavano su uno stimolo fiscale di 1,9 mila miliardi e forse la prospettiva non sembrava li preoccupasse.

Differenze tra BCE e Fed

C’è un principio di divergenza tra la politica monetaria della Fed e quella della zona euro. I verbali del vertice del 20 e 21 gennaio del consiglio direttivo della BCE hanno mostrato l’ottimismo verso l’inflazione, che potrebbe essere tornata positiva a gennaio dopo mesi di declino.

Ma i verbali comprendono anche una sorta di avvertimento.

“È stato sottolineato che le previsioni nel medio termine per l’inflazione sono state circondate da un elevato livello di incertezza, vista la situazione senza precedenti della pandemia e le domande sui cambiamenti nei determinanti sottostanti dell’inflazione”.

Come hanno indicato i dati rilasciati ben dopo il vertice della BCE, l’inflazione della zona euro a gennaio è risalita, con un balzo dello 0,9% contro le aspettative dello 0,5%. Gran parte dei guadagni è stata attribuita a fattori singoli e gli economisti si aspettano che il tasso di aumento rallenti nei prossimi mesi.

Il consiglio direttivo ha creduto a gennaio che la dinamica dell’inflazione potrebbe cambiare con un rimbalzo dell’attività nel secondo semestre dell’anno, e che “il punto sia stato fatto” e che una spinta temporanea non dovrebbe essere scambiata per un aumento sostenuto. Ma ovviamente il consiglio è chiaramente in allerta verso i rischi e l’aumento a sorpresa di gennaio renderà i falchi come il Presidente della Bundesbank Jens Weidmann ancora più cauti.

Tuttavia, dall’altra parte dell’Atlantico, il capo della Fed di Boston Eric Rosengren, anche lui un falco, rimane alquanto calmo sulle prospettive di inflazione. Mantenendo la linea della Fed sull’inflazione, Rosengren ha detto in un simposio online che si aspetta che alcuni settori mostrino dei balzi nei prezzi.

Poi ha aggiunto:

“Ma ciò che vogliamo davvero per l’inflazione è che il tasso d’inflazione generale sia ad un livello sostenuto del 2%. Non credo che lo riusciremo a vedere quest’anno. Sarei sorpreso se lo vedessimo prima della fine del prossimo anno”.

Il Presidente della Fed di St. Louis James Bullard all’inizio della settimana ha affermato che le previsioni economiche per gli Stati Uniti sono buone e che l’inflazione probabilmente aumenterà quest’anno. A suo avviso, i policy maker accoglierebbero tale aumento senza mostrare troppa preoccupazione.

Nel frattempo, il rendimento dei Titoli del Tesoro a 10 anni è salito venerdì all’1,34%,  circa 20 punti base in più rispetto alla fine della settimana scorsa. Il tasso dei mutui a 30 anni è salito di circa 20 punti base dal minimo del 2,8% di questo mese per arrivare al 3,0%.

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