Buongiorno a tutti.
L’obiettivo dell’analisi è quello di andare a commentare i mercati americani utilizzando l’analisi intermarket come chiave di lettura.
Focus dell’analisi su:
· S&P500
· NASDAQ
· DOW JONES INDUSTRIAL
· DOW JONES TRANSPORTATION
· RUSSEL 2000
· L’IMPATTO DELLA FEDERAL RESERVE
· DOLLARO STATUNITENSE
· ORO
· MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Buona lettura.
BENCHMARK AZIONARI
L'S&P500 riesce (con la candela ribassista di venerdì 30) a rompere al ribasso il supporto a 3640$, coincidente con il minimo relativo del bear market iniziato a gennaio 2022.
Il prezzo si trova distante 12.5 punti percentuali dalla media mobile a 125 periodi. Quest'ultima viene utilizzata per capire il sentiment degli investitori:
· Quanto più il prezzo si distacca da essa al ribasso, tanto più il mercato è da considerare "ombroso"
· Quanto più il prezzo si distacca da essa al rialzo, tanto più il mercato è da considerare "positivo"
La moving average a 125 periodi è utilizzata anche per il calcolo del famoso “Fear and Greed Index”, che potete trovare al link: https://edition.cnn.com/markets/fear-and-greed.
Per quanto riguarda il Nasdaq, anche esso (con una candela ribassista dal -1.72%) riesce a rompere al ribasso i minimi relativi precedenti, che si attestavano a 11.068$; il nuovo minimo di venerdì si attesta ora a 11.035$, considerata anche soglia psicologica.
La distanza del prezzo dalla media mobile a 125 periodi è uguale a 14 punti percentuali, superiore a quella rilevata sull'S&P500.
Diversa la situazione per il Dow Jones Industrial, composto dai principali 30 titoli blue chip di Wall Street.
L'indice aveva già violato (il 23 settembre) al ribasso i minimi relativi del 17 giugno.
Venerdì ha segnato un nuovo minimo del 2022 a 28725$, distante 3 punti percentuali dalla oramai resistenza a 29650$ e 12 punti percentuali dalla media a 125 periodi:
Simile il comportamento del Dow Jones Transportation, che rappresenta il settore dei trasporti americano:
Rottura dei minimi del 17 giugno il 21 settembre e, ad ora, distanza da tale struttura (a 12750$) a 6 punti percentuali; quella rispetto alla media a 125 periodi si attesta al 16.4%.
L’unico indice a non aver ancora infranto i minimi di periodo di metà giugno è il Russell 2000, costituito da 2000 aziende a bassa capitalizzazione. Infatti:
La struttura a 1640$, ancora “integra”, costituisce una forte area di supporto dove il prezzo, da diverse sedute, sta rimbalzando. La distanza dello stesso dalla media mobile a 125 periodi è uguale a 12.3 punti percentuali.
IL CATALIZZATORE CHE SPINGE I MERCATI AZIONARI AL RIBASSO
Come vado a rimarcare da diversi mesi, i mercati azionari sono spinti al ribasso da un catalizzatore in particolare: la Federal Reserve. La sua politica aggressiva di rialzo dei tassi di interesse sta impattando negativamente sui benchmark azionari dagli inizi del 2022, e questo è dimostrato dalle seguenti correlazioni, in dei timeframe a 2 ore:
L’impatto della Federal Reserve sul rendimento del titolo di stato a due anni statunitense è notevole:
· Prendendo in esame il future Federal Fund scadenza dicembre 2022 possiamo avere delle informazioni riguardanti ciò che il mercato sconta in termini di tassi di interesse per la riunione di dicembre 2022; quanto più la linea di prezzo in nero segna nuovi minimi, tanto più gli attori del mercato scontano una FED più aggressiva e…tanto più il rendimento a 2 anni sale. Perché? Perché un rialzo aggressivo dei tassi impatta in positivo sul rendimento delle parti brevi della curva (dei rendimenti), facendoli apprezzare. La correlazione tra i due è pesantemente inversa.
Quindi, capito come il rendimento a due anni sia influenzato da Jerome Powell, passiamo alla grafica successiva:
L’S&P500 è correlato in maniera inversa con il rendimento a 2 anni dal 18 agosto, pochi giorni dopo l’inizio dell’ultimo impulso ribassista che venerdì ha segnato, come abbiamo visto in precedenza, nuovi minimi. Dal momento che il rialzo del rendimento a 2 anni è influenzato dall’aggressività della FED e l’S&P500, come mostra la grafica, è correlato in maniera inversa allo stesso, questo cosa significa? Che il benchmark azionario è influenzato anch’esso dall’aggressività della politica monetaria.
Il seguente grafico chiarirà il tutto:
DOLLARO STATUNITENSE
Ho rimarcato svariate volte come il dollaro statunitense, al pari del rendimento del titolo di stato a due anni, sia pesantemente influenzato dalla politica monetaria della FED:
È anche influenzato dal suo ruolo di bene rifugio, infatti:
Il grafico giornaliero mostra la correlazione diretta tra la currency e il VIX:
• Quanto più aumentano le incertezze e le paure da parte degli investitori, tanto più sale il VIX e, vista la correlazione positiva, tanto più si rafforza il dollaro, comportandosi dunque da bene rifugio.
Abbiamo assistito ad una settimana negativa sulla currency, infatti:
La settimana si è chiusa in negativo di -0.75%.
Il grafico a due ore mostra come il prezzo, dal massimo relativo del 28 settembre a 114.5, si trovi ora al test del supporto a 111.8.
La performance negativa è dovuta principalmente al fatto che:
Da mercoledì 28 le incertezze sui mercati sono andate ad affievolirsi e ciò ha causato dei massimi decrescenti sul VIX; per la correlazione positiva vista in precedenza, il dollaro ha intrapreso la medesima tendenza.
ORO
La grafica mostra come l’oro sia ribassista dai massimi dell’8 marzo 2022 a 2080$; dalla stessa data ai giorni nostri il prezzo ha creato 4 massimi via via decrescenti (cerchiati in blu) e la sua distanza dalla media a 125 periodi si attesta a 7.7 punti percentuali.
Il 23 settembre avevamo assistito al breakout del supporto a 1680$, con il raggiungimento di un nuovo minimo (che non si vedeva dal 2020) il 28 settembre a 1822$.
Il grafico dell’oro a livello settimanale dà l’idea della grande importanza del supporto:
La domanda che tutti si chiederanno è: “l’oro inizierà a muoversi tendenzialmente al ribasso o ritornerà al di sopra della oramai resistenza a 1680$”? A tal proposito vi consiglio di osservare la correlazione tra metallo prezioso e dollaro USA:
In questa grafica a timeframe a due ore è possibile osservare la forte correlazione inversa che lega i due asset:
· Ad un apprezzamento del dollaro corrisponde un indebolimento dell’oro
Il rimbalzo dell’oro datato 28 settembre è avvenuto proprio in concomitanza con l’indebolimento del dollaro. La forte correlazione indica che è utile capire quali siano le forze che governano il dollaro per avere una visione di più ampio raggio sul metallo prezioso.
Il mio punto di vista è senz’altro questo:
· La Federal Reserve non solo comanda tutt’ora il destino del dollaro, ma anche quello dell’oro.
OBBLIGAZIONI AMERICANE
Tutte le obbligazioni americane (governative, societarie investment grade e societarie high yield) continuano i loro ribassi:
Nella grafica ho utilizzato tre ETF:
· TLT: obbligazioni governative a lunga scadenza (20+ anni)
· VCLT: obbligazioni societarie investment grade (tra i 10 e i 25 anni)
· HYG: obbligazioni high yield a lunga scadenza (tra gli 1 e i 15 anni)
È possibile osservare come anche essi abbiano rotto i precedenti minimi relativi (al pari di S&P500, Nasdaq, Dow Jones Industrial & Transportation). Il motivo? La loro correlazione positiva con l’aggressività della FED:
Posso concludere dicendo che la Federal Reserve continua a dominare i mercati e questo è confermato dalle correlazioni intermarket illustrate. È quindi utile osservare da vicino le aspettative sulle future mosse di Jerome Powell; ricordate:
· I mercati non si muovono sulle certezze, bensì sulle aspettative
Grazie per l’attenzione, Matteo Farci.