La settimana si è aperta con pesanti perdite sui mercati asiatici, perché è aumentato il numero di casi di coronavirus al di fuori della Cina, alimentando preoccupazioni su una possibile pandemia globale. Almeno dieci città nell’Italia settentrionale sono in quarantena e il Carnevale di Venezia è stato interrotto.
L’azionario in Corea (-3,87%) ha registrato le perdite maggiori, l’ASX 200 (-2,25%) è crollato e il greggio WTI ha ceduto più del 2%. Anche Hang Seng (-1,70%) e Composite di Shanghai (-0,28%) sono scesi Il Giappone è rimasto chiuso per festività.
Le vendite hanno interessato anche i future sugli indici azionari USA ed europei, perché si teme che la diffusione del coronavirus contrasti le prospettive di crescita in tutto il mondo. Gli umori sul mercato cambiano così rapidamente perché nessuno può dire quale sarà il vero impatto del virus sull’economia. Ma è certo che l’interruzione delle attività economiche si tradurrà in utili societari più bassi e crescita più debole per lo meno nella prima dell’anno. Il tempo, e i dati, riveleranno l’impatto reale sulle economie.
Alla luce di tutto ciò, gli attuali livelli da record sulle borse USA sembrano eccessivi. C’è il rischio di una brusca correzione al ribasso, anche se non escludiamo la possibilità che le prospettive di maggiori supporti monetari dalle banche centrali possano sostenere un rally dell’azionario USA dopo un potenziale shock al ribasso; in quel caso, solo gli investitori con nervi saldissimi sarebbero premiati.
I future su FTSE (-1,59%) e Euro Stoxx (-2,06%) puntano a un avvio in profondo rosso. Probabilmente il FTSE testerà al ribasso il livello a 7300 punti.
L’oro ha compiuto un rally fino a toccare un nuovo massimo da sette anni, perché l’avversione al rischio ha convogliato il capitale verso il metallo giallo. Il prezzo di un’oncia è salito a $1680 per la prima volta dal gennaio 2013. Gli indicatori tecnici indicano che l’oro è ipercomprato da circa tre settimane, ma la propensione al rischio è così fragile che nemmeno i prezzi alle stelle scoraggiano la convergenza di capitali nel metallo prezioso.
Venerdì il dollaro USA è sceso sulla scia del calo brusco e inaspettato delle cifre flash sui PMI di febbraio. Dai dati emerge che questo mese l’attività fra le imprese USA è diminuita, perché lo scoppio del coronavirus ha inceppato le catene di fornitura. Ma il biglietto verde ha trovato richieste migliori in Asia, perché l’avversione al rischio ha spinto gli investitori a trovare rifugio nel dollaro USA.
In Europa, invece, le cifre PMI dell’Eurozona sono state contrastate. I servizi francesi hanno sorpreso al rialzo, invece il manifatturiero è scivolato inaspettatamente in zona di contrazione. Invece in Germania la contrazione del manifatturiero tedesco ha mostrato un rallentamento inaspettato. Le stime flash dei PMI riferiti a manifatturiero e servizi hanno mostrato, a sorpresa, un miglioramento a febbraio, alimentando le speranze che l’impatto dell’epidemia da coronavirus possa non essere così pesante come temuto. Ma il rapporto Ifo, che sarà diffuso nelle prossime ore in Germania, potrebbe mostrare un ulteriore deterioramento del clima fra le aziende nell’economia che rappresenta il motore della crescita dell’Eurozona, infrangendo così le speranze.
L’euro ha trovato richieste migliori contro il dollaro USA, ma i venditori sono tentati di entrare in gioco a 1,0830/1,0850 per rafforzare le loro scommesse al ribasso.
Il cable ha trovato solide offerte prima del livello a 1,30, dopo che la sterlina aveva compiuto un tentativo positivo sull’onda del PMI manifatturiero britannico, salito venerdì ai massimi da dieci mesi. Poi, però, c’è stato un adeguamento al ribasso del PMI servizi, risultato lievemente inferiore al previsto, seppure non in maniera allarmante, suggerendo che l’ottimismo post-elettorale è venuto meno per effetto delle nuove sfide per la Brexit, ma la variazione nel sentiment non è stata drammatica.
Giornata fiacca in termini di dati. Probabilmente sugli umori della seduta di contrattazioni di lunedì prevarrà l’operatività caratterizzata dall’avversione al rischio.