I Titoli di Stato sono "vittima" di un mercato ribassista marcato da (oramai) diversi mesi; ad esempio l'ETF dei governativi con scadenza oltre i 15 anni ha subito un ribasso di oltre il 30% (dai massimi di dicembre 2020). Chiaramente con l'accorciarsi della duration, i ribassi sono stati molto più contenuti, ma fatto sta che l'intero comparto vive una fase di sell-off.
E' molto probabile che gli investitori non sono disposti ad acquistarne, tuttavia, i governi continuano ad emettere quantità record di debito. Oltre oceano, ad esempio, la FED non sta acquistando, quindi gli investitori non sembrano disposti a prestare denaro per un rendimento minore all'inflazione.
Questo scenario “psicologico” innescatosi, vedrà (molto probabilmente) i Titoli di Stato continuare a scendere in termini nominali fino a quando i rendimenti reali non saranno positivi, o almeno, finché gli investitori capiranno di non avere alternative valide. Qui sorge un altro problema... il valore ufficiale dell'inflazione è corretto oppure è sottostimato? La seconda opzione è la più probabile.
Negli Stati Uniti la fiducia dei consumatori core ha registrato un valore inferiore al previsto, lo 0,3% per la precisione; ciò ha fatto ipotizzare, ad alcuni analisti, che il carovita è prossimo al suo picco, tuttavia, il dato è un numero ancora piuttosto elevato e probabilmente il picco visto all’orizzonte è più un desiderio che una realtà. Di fatti su base annua, l’inflazione core è ancora del 3,7%; quasi il doppio dell'obiettivo del 2% paventato della Fed.
Nel contesto attuale, tuttavia, ha molto poco senso guardare l'inflazione core anno su anno perché essa non tiene conto dei prezzi del cibo e dell’energia, ma le famiglie vivono di cibo ed energia e non puoi ignorare questa metrica se stai cercando di inquadrare realmente la situazione.
C’è da aggiungere, inoltre, che in un'economia “sana” i prezzi core dovrebbero diminuire mentre i prezzi dell'energia e dei generi alimentari dovrebbero aumentare, questo perché, a rigor di logica, man mano che le persone spendono di più per cibo ed energia, hanno meno denaro da spendere per tutte le altre cose. Oggi non è così, tutto sta (più o meno) salendo perché di fatto c’è molto più denaro in circolazione rispetto al passato; questo denaro però non è uscito dal nulla: è la FED (negli USA) che ne immette in grandi quantità alimentando l’inflazione core.
Tornando ai titoli di Stato, è molto probabile che la tendenza di fondo ribassista non si fermerà tanto presto perché, al netto dell’inflazione reale, ben più elevata di quella ufficiale (alcuni analisti stimano sia del 17% negli Stati Uniti) i rendimenti sono fortemente negativi. Gli investitori non avrebbero alcun vantaggio (se non in termini di diversificazione) preferire i bonds rispetto ad altri asset (come le azioni, le materie prime o i metalli preziosi ad esempio).
Ad ogni modo per coloro che volessero cimentarsi in questa corsa al ribasso, una strategia valida è senza dubbio il PAC; rateizzando accuratamente la quantità da destinare alle obbligazioni, è possibile sfruttare la volatilità negativa per accumulare ad un buon prezzo medio di carico.