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Previsioni 2018

Pubblicato 29.12.2017, 15:14
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

Il rischio è aumentato nel 2017 - con la Corea del Nord che ha sfoderato le armi sotto forma dei test missilistici balistici; la riemergenza del populismo globale che ha visto il primo anno di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti; la continuazione delle disordinate trattative sulla Brexit nel Regno Unito; l’ascesa del separatismo catalano e le recenti vittorie degli euroscettici come il Partito Popolare di Sebastian Kurz in Austria, per non parlare delle prospettive deboli per una serie di partiti nazionalisti nell’America Centrale e Meridionale - ma i mercati globali sono rimasti esuberanti, con quelli statunitensi in prima linea, anche se i titoli azionari in Corea del Sud (+20,2% sull’anno in corso), Brasile(+26,3% sull’anno in corso) ed Hong Kong (+34,5%) hanno lasciato indietro i rialzi di quelli statunitensi (+19,8% per l’indice S&P). L’indice con la migliore performance quest’anno, tuttavia, è stato l’indice Hanoi 30 in Vietnam, che ha visto un’impennata del 53% finora sull’anno in corso.

All’inizio del 2017, in molti si sono chiesti se l’indice Dow Jones Industrial Average, che ha iniziato l’anno a 19.872,86, avrebbe raggiunto i 20 mila. Il venerdì prima di Natale ha chiuso a 24.774,30 - in salita del 25,3% sull’anno e del 23,8% rispetto alla soglia “sognata” di 20 mila. Oh, e nel corso del 2017 finora ha segnato più di 70 nuovi massimi storici, le chiusure record maggiori su un anno, superando il record precedente di 69, registrato nel 1995. L’indice S&P 500 non è stato da meno: ha iniziato il 2017 a 2.251,57 ed ha chiuso la giornata di mercoledì a 2.682,62, con un rimbalzo del 19,8%. Anche l’indice NASDAQ Composite ha superato le aspettative, con un’impennata del 28,9% nel corso dell’anno finora, spinto dai titoli del settore tech che al momento sono schizzati del 34% sull’anno in corso (usando come riferimento l’indice iShares US Technology (NYSE:IYW).

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Il greggio sembra finalmente essersi ripreso dallo svenimento in seguito al crollo del 2016, ma il dollaro continua a sembrare instabile. La volatilità resta praticamente inesistente, ma le criptovalute stanno vivendo un periodo di frenesia, sfrecciando oltre gli altri asset quest’anno in termini di aumento percentuale: il Bitcoin è andato alle stelle con +1.430% sul 2017, dopo aver iniziato l’anno a 999 dollari; l’Ethereum è schizzato da 8,17 dollari a 735,61 dollari, su dell’8.900% e il Ripple è passato da 0,00652 dollari a 1,20 dollari, con un’impennata del 18.300%.

Intanto, la Fed ha mantenuto la promessa di tre aumenti dei tassi quest’anno, prevedendone altri tre nel 2018. Anche se la Banca Centrale Europea (BCE) ha confermato di stare riducendo gli acquisti mensili di asset, resta cauta in merito all’aumento dei tassi. Per quanto riguarda la Banca d’Inghilterra (BoE), oltre alle decisioni generali di politica monetaria, dovrà vedersela con l’ignoto: come andranno a finire le trattative sulla Brexit per il Regno Unito?

Molti dicono di essere felici di vedere il 2017 nello specchietto retrovisore, ma dal punto di vista dei mercati è stato in realtà un anno molto buono. Il 2018 sarà altrettanto buono (o magari migliore) per gli investitori? Abbiamo chiesto a 12 dei nostri collaboratori più popolari e ad alcuni analisti di Investing.com come prevedono che andranno i mercati all’inizio del 2018.

Steven Knight: il Brent potrebbe rimbalzare per poi scendere sotto i 60 dollari

Il 2018 dovrebbe essere l’anno in cui probabilmente si farà sentire l’impatto della politica monetaria. In particolare, i mercati del lavoro nella maggior parte dei principali paesi occidentali si stanno inasprendo e le pressioni inflazionarie stanno aumentando. Di conseguenza, sarà possibile vedere molte banche centrali inasprire le loro politiche monetarie, il che potrebbe avere un effetto negativo sui titoli azionari. Al momento, è difficile vedere molto valore nell’indice S&P e sarà probabilmente la classe di asset più colpita se la Fed dovesse davvero attenersi al “dot plot”.

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Al contrario, i mercati forex sono stati i più piatti che abbia mai visto nella mia carriera e la mancanza di volatilità ha pesato allo stesso modo su trader e fondi. Tuttavia, con l’inflazione e le banche centrali che tornano a buttarsi nella mischia, probabilmente assisteremo ad alcuni grandi movimenti che potrebbero fornire delle eccellenti opportunità di trading. In particolare, teniamo d’occhio il USD che potrebbe segnare forti rialzi contro lo yen il prossimo anno.

Infine, il greggio dovrebbe fornire un sacco di posizioni il prossimo anno, con la guerra in corso tra l’OPEC e i produttori di petrolio da scisto USA. Tuttavia, nonostante il loro essere immediatamente resilienti sulla materia prima, le previsioni a medio e lungo termine sono pessimiste dal momento che la produzione di petrolio da scisto continua ad aumentare in risposta ai prezzi più alti. Di conseguenza, il 2018 probabilmente sarà l’anno in cui vedremo il prezzo del Brent rimbalzare per poi invertire la rotta e tornare lentamente sotto la soglia di 60,00 dollari.

Tom Luongo: la fuga del capitale UE farà scendere l’euro; l’oro schizza

Nel 2018 la questione dominante sarà il disfacimento politico dell’Unione Europea. Con la caduta della Cancelliera tedesca Angela Merkel dalla cima della struttura di potere dell’UE, le crepe politiche a cui abbiamo assistito nel 2017 - le trattative sulla Brexit, la secessione catalana, l’opposizione all’immigrazione di Visegrad - si allargheranno. Aspetto le elezioni italiane a maggio come potenziale punto di svolta per far emergere una nuova crisi bancaria europea. E considerato tutto ciò, secondo me, l’euro è facilmente sopravvalutato del 20%, se non addirittura del 30%.

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L’inversione dell’attuale impennata in controtendenza dell’euro con un mercato fondamentalmente ribassista farà accelerare la fuga di capitali dall’Europa. Stiamo assistendo all’inizio di questa situazione ora, con l’indice Dow che tocca nuovi massimi e il tedesco DAX in difficoltà. In questo contesto, l’oro finalmente uscirà dai suoi sei anni di depressione. E le criptovalute proseguiranno la loro impennata stellare.

Fiducia sarà la parola all’ordine del giorno. Se la fiducia nella BCE dovesse cambiare, ci sarà un grosso spostamento dal debito sovrano verso asset più tangibili, variabili, come oro, Bitcoin e titoli azionari USA che saranno i più liquidi. Al momento, ci sono grossi trade di coppie tra l’oro e il Bitcoin o il Dow. L’oro è stato debole a dicembre negli ultimi anni per poi schizzare nel primo trimestre. Vendite dell’oro saranno seguite a rotazione da rialzi delle criptovalute, dei titoli azionari per poi tornare all’oro. Con il mercato rialzista dell’oro che emerge, questo semplice riequilibrio renderà gli investitori dominatori significativi nel 2018 e oltre.

Ellen R. Wald, Ph.D.: i tagli alla produzione di greggio continueranno; ulteriori divergenze sullo scisto USA

L’OPEC proseguirà con i tagli alla produzione di greggio con i partner non-OPEC almeno fino a giugno e probabilmente per tutto l’anno. Tuttavia, dobbiamo aspettarci che alcuni paesi continuino ad imbrogliare e produrre di più, come al solito. Altri paesi invece faticheranno a produrre ai livelli della propria quota. Poiché alcuni paesi produrranno di meno, l’Arabia Saudita potrebbe produrre più di quanto ha fatto di recente, pur restando entro la sua quota. Anche le compagnie russe sovra-produrranno, ma il paese probabilmente cercherà di apparire come se stesse rispettando l’accordo.

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La domanda globale dovrebbe aumentare (una solida supposizione, salvo un serio rallentamento dell’economia globale). Il settore ovviamente vorrebbe un aumento del prezzo del greggio, ma l’Arabia Saudita e alcuni altri paesi del Golfo non vogliono che il prezzo superi di molto i 60 dollari (e sicuramente non i 70 dollari) poiché potrebbe pesare sull’economia globale e sulla domanda globale.

Nel settore del petrolio di scisto USA, potremmo assistere a delle altre divergenze. Alcune compagnie faticheranno ad ottenere il capitale necessario e potrebbero essere costrette a vendere asset o a fare delle fusioni. Le imprese meglio capitalizzate con asset di scisto migliori trarranno benefici fino a quando il prezzo del greggio non crollerà significativamente. Il grosso dubbio per il settore del petrolio da scisto USA nel 2018 sarà capire se l’aumento del prezzo del greggio farà salire l’interesse degli investitori per le opportunità costituite dallo scisto o se gli investitori chiederanno dei ritorni e non solo una crescita.

Nel settore dei veicoli elettrici, aspettiamoci più scetticismo circa la fattibilità degli attuali business plan sulle vetture elettriche. Aspettiamoci più voci su previsioni di un’adozione inferiore rispetto a quelle sentite negli ultimi anni. A meno che non ci sia una svolta nella tecnologia, altri analisti potrebbero perdere la pazienza e iniziare a dubitare della capacità degli ingegneri di sviluppare batterie davvero rivoluzionarie. È probabile che più ambientalisti esprimano apprensione per l’impatto ambientale della produzione e della carica di batterie a ioni di litio potenti.

Teniamo gli occhi puntati su Tesla (NASDAQ:TSLA), Volvo (OTC:VLVLY) e altre compagnie con piani significativi sui veicoli elettrici per capire come sta andando questo fenomeno. Se una di queste compagnie modererà le proprie previsioni sui veicoli elettrici, potrebbe significare che l’idea non è ancora pronta per il consumo di massa.

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Jesse Cohen, Investing.com: lo scisto pesa sull’OPEC, Powell messo alla prova, il Bitcoin rimbalza per poi scendere

L’aumento della produzione di petrolio da scisto USA vanificherà gli sforzi dell’OPEC di liberare il mercato dalle scorte in eccesso ed impedirà ai prezzi di salire ulteriormente il prossimo anno, con i future del greggio che dovrebbero restare in un range compreso tra 55 e 65 dollari.

La produzione petrolifera USA ha visto una ripresa di quasi il 15% dal più recente minimo di metà del 2016 a circa 9,7 milioni di barili al giorno ai livelli attuali, il massimo dai primi anni Settanta nonché un livello vicino a quelli dei principali produttori, Russia ed Arabia Saudita. L’aumento dell’attività di trivellazione statunitense implica che la produzione dovrebbe salire ancora, dal momento che le innovazioni tecnologiche delle compagnie di petrolio da scisto USA rendono più economica la produzione.

Sul fronte della Fed, Jerome Powell sarà alla guida della banca centrale USA al termine del mandato di Janet Yellen a febbraio. La politica della Fed sarà ben presto messa alla prova, con i dati economici USA che iniziano a sorprendere negativamente e le prospettive sulla crescita ridotte. Ciò potrebbe spingere Powell a invertire i piani attuali per il ridimensionamento del bilancio da 4,5 mila miliardi di dollari della Fed per supportare l’economia.

Infine, dopo il crollo di dicembre, il Bitcoin continuerà la sua straordinaria impennata nella prima parte del 2018. Magari è solo una fantasia, ma non ci sarebbe da sorprendersi se il prezzo dovesse raggiungere il massimo di 60.000 dollari prima che Russia e Cina si alleino per ostacolare la criptovaluta. Una tale decisione scatenerebbe un crollo epico, riportando il prezzo del Bitcoin al range compreso tra 1.000 e 2.000 dollari.

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Jason Martin, Investing.com: le principali banche centrali si atterranno alle attuali politiche monetarie

Prevedo che le banche centrali confermino le attuali posizioni nel 2018:
Federal Reserve: Con il processo di rimozione dello stimolo in corso, il cambio della guardia alla guida della Federal Reserve - Janet Yellen passerà il testimone a Jerome Powell a febbraio - potrebbe far cambiare poco la politica monetaria USA nel 2018. Nelle ultime previsioni economiche rilasciate a dicembre, la stessa Fed ha previsto che ci saranno tre aumenti dei tassi il prossimo anno e anche se il Presidente Donald Tump ha ancora dei vuoti da riempire alla banca centrale USA, sembra sempre meno probabile che possano esserci grosse pressioni dalla Casa Bianca.

I cambiamenti delle prospettive caute della Fed sono ancora lontani dall’avvicinarsi ad un campo più “interventista”. Il 2018 sembra molto simile all’anno appena trascorso, con la Fed che cerca di “sovra-comunicare” ai mercati quello che intende fare con largo anticipo.

Banca Centrale Europea: La BCE sembra intenzionata a lasciare che la Fed prenda l’iniziativa per poi seguirla a ruota con cautela. Durante il vertice di dicembre, l’autorità monetaria della zona euro ha confermato i piani precedentemente annunciati per dimezzare gli acquisti mensili di asset a 30 miliardi di euro (35,5 miliardi di dollari) a partire da gennaio e di proseguirli fino “a fine settembre 2018, o oltre, se necessario ed in ogni caso fino a quando il Consiglio Direttivo non vedrà un aggiustamento sostenuto dell’andamento dell’inflazione coerente con il suo obiettivo di inflazione”.

La posizione della BCE segue i passi di quella della Fed nell’essere gradualmente “meno cauta”. Il presidente della BCE Mario Draghi ha ribadito che i tassi di interesse non cambieranno “per un lungo periodo di tempo e ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di asset”. I mercati, effettivamente, non si aspettano una mossa almeno fino al 2019. Non diversamente dalla controparte statunitense, la BCE ha combattuto contro i segnali di un’inflazione invariata nonostante l’animata crescita solida soprattutto in Germania. Proprio questa crescita alimenta le speculazioni che i membri interventisti del Consiglio Direttivo possano iniziare ad insistere di più per un inasprimento della politica monetaria nel 2018.

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Banca d’Inghilterra: La Banca d’Inghilterra costituisce una sorta d’eccezione in questo trio di banche centrali. Sebbene la BoE si ritrovi ad affrontare problemi simili con la bassa inflazione dei compensi, è l’unica delle tre ad aver visto l’aumento e il persistere dell’inflazione generale ben oltre il proprio obiettivo, con una grave stretta sul costo della vita delle famiglie. Anche se alla fine la BoE ha annullato il taglio dei tassi implementato in seguito al voto britannico per l’uscita dall’Unione Europea, i policymaker restano riluttanti a compiere ulteriori mosse nell’inasprimento della politica monetaria proprio per via dell’incertezza che circonda le trattative sulla Brexit.

La Commissione di politica monetaria della banca ha ribadito nel suo vertice di dicembre che l’inflazione ha raggiunto il picco con l’ultima lettura del 3,1%. Al momento, i mercati non prevedono un nuovo aumento dei tassi da parte della BoE fino a verso la fine del 2018, quando ci si aspetta un rialzo di altri 25 punti base.

Ultimi commenti

Ah sì, ci volevano le perle dei GURU .. segnamocele: . . -dollaro prende il volo sullo yen. -petrolio torna sotto i 60. -oro in impennata e boom delle cryptovalute . . tra qualche mese torniamo a verificare.
Ma le % degli aumenti delle criptovalute le avete ricontrollate prima di pubblicare?? Evidentemente no...E se ne aveste sbagliata una sola, sarebbe un errore di battitura, ma così mi viene qualche dubbio...
Forse avevo letto male io, chiedo scusa...
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