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Rally delle valute legate alle materie prime su scia rimbalzo petrolio

Pubblicato 22.12.2015, 11:31
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Market Brief

Nella notte i mercati azionari asiatici si sono mossi in terreno ampiamente positivo, dopo il rimbalzo dei prezzi del petrolio dai minimi storici registrati ieri. Il Brent è passato di mano sotto i 36,20 USD al barile, livello minimo dal dicembre del 2008, scendendo a 36,04 USD, minimo da 11 anni. Le pressioni sui prezzi del greggio permarranno quindi anche nel 2016. Ciò significa che dovremmo aspettare più a lungo per rivedere l’IPC a livelli normali, per lo meno senza la macchia del petrolio. Il greggio WTI è riuscito a rimanere appena sopra i livelli del 2008. Lo spread fra il Brent e il greggio WTI è sceso a 0,30 USD, rispetto a una media pari a 3 dollari.

Sul mercato forex, ieri l’EUR/USD si è stabilizzato intorno a 1,0920 per poi guadagnare lo 0,80% durante la seduta europea. Al rialzo, l’euro avrà bisogno di una nuova spinta per riuscire a violare la forte resistenza ubicata a 1,1050. Cifre deludenti dagli USA, che potrebbero arrivare oggi pomeriggio, potrebbero essere il catalizzatore necessario.

La terza lettura del PIL USA riferito al terzo trimestre, i consumi personali e il PCE core saranno diffusi oggi alle 13:30 GMT. Nell’ultimo mese, le valute legate alle materie prime hanno mostrato una forte sensibilità alle variazioni dei prezzi del petrolio. Con il balzo dei prezzi del greggio nella seduta asiatica, le valute legate alle materie prime ne hanno imitato l’andamento, pareggiando i guadagni. Il Kiwi si è apprezzato più di tutte le altre divise contro il biglietto verde, salendo fino a un massimo dello 0,95%, a quota 0,6828 USD, per poi stabilizzarsi a 0,6810. Anche l’AUD si è apprezzato, guadagnando lo 0,62% a Sydney e consolidando i guadagni intorno a 0,7225. Il loonie (CAD) e la NOK sono saliti rispettivamente dello 0,17% e dello 0,15%.

Per quanto riguarda le borse, gran parte dei mercati regionali asiatici ha chiuso in positivo, fatta eccezione per il Nikkei giapponese, in calo di un esiguo 0,16%. D’altro canto, il più ampio indice Topix ha guadagnato lo 0,15%. Nella Cina continentale, i titoli tecnologici hanno fatto la parte del leone, con il Composite di Shenzhen in rialzo dello 0,92%, mentre Shanghai ha guadagnato lo 0,26%.

Altrove, l’indice S&P/ASX è lievitato dello 0,15%, l’S&P/NZX dello 0,44%. Anche i future europei sono positivi, con il CAC 40 che registra un rialzo superiore all’1% e il DAX tedesco un +0,70%. I future sugli indici USA mostrano un rialzo medio dello 0,30%. In Svizzera, a novembre il surplus commerciale è sceso a 3,14 miliardi, rispetto al dato di ottobre, rivisto al ribasso, pari a 4,09 mld, perché le esportazioni sono calate del 2,1% m/m, mentre le importazioni sono aumentate leggermente, dello 0,2% su base mensile. Le esportazioni svizzere hanno subito un altro colpo dovuto all’indebolimento della domanda dall’Asia; le esportazioni verso Hong Kong sono crollate di più del 30% rispetto a un anno fa.

Non si può solo dare la colpa alla forza del franco svizzero per la flessione delle esportazioni, anche l’indebolimento della domanda dall’Asia ha la sua parte di responsabilità. L’EUR/CHF è risalito sopra 1,08 mentre l’USD/CHF si è consolidato sopra quota 0,99, dopo il fallito tentativo di bucare al rialzo la parità. Oggi gli operatori monitoreranno l’indice GfK sulla fiducia dei consumatori in Germania, il PIL del terzo trimestre e le vendite al dettaglio in Danimarca; l’IPP e le vendite al dettaglio in Svezia; la decisione sul tasso d’interesse in Turchia (previsti un aumento del tasso sui pronti e di quello sui prestiti overnight); il PIL del terzo trimestre, i consumi personali, il PCE core, le vendite di case esistenti e l’indice sul manifatturiero della Fed di Richmond negli USA; la bilancia commerciale (esportazioni e importazioni) in Nuova Zelanda.

Arnaud Masset, Market Strategist,
Swissquote Europe Ltd

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